⚜️ Una bugia bianca

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Nel Sommo Decagono calò il silenzio, ma fu questione di attimi prima che scoppiasse il caos.

Gli Uomini Grigi si sollevarono dagli scranni agitando i pugni e urlando al sacrilegio, i nobili riuniti all'interno della struttura bisbigliarono sdegnati. Non esisteva magia in grado di riportare indietro le persone dal mondo dei morti e, qualora fosse stato così, di certo non costituiva una condizione naturale.

Qualcuno invocò la pena capitale sul rogo. Dando alle fiamme il corpo non ci sarebbe più stato alcun rischio che fosse infettato da spiriti demoniaci, perché non poteva esserci altra spiegazione che quella: la principessa di Fearann Sìthe respirava ancora grazie a poteri oscuri.

Eve si guardò attorno, arricciando il naso. «Be' non mi aspettavo di certo una festa, ma accidenti.» Poi, riportando l'attenzione su Kytos, se lo ritrovò davanti a bocca aperta. «Occhio che così rischi di inghiottire qualche mosca.»

«Sei reale?»

Eve si diede un pizzicotto al braccio. «Così sembrerebbe.»

«Per gli dèi...»

«In effetti sì, sarebbe il caso di prendersela con loro.»

«Potresti smetterla di fare del sarcasmo per almeno un secondo?»

«Sono resuscitata durante il mio funerale, direi che ho tutto il diritto di fare del sarcasmo.»

Quel minimo di buonsenso che le era rimasto le suggerì che fosse il caso di lasciargli il tempo di elaborare. Eve inspirò a pieni polmoni e si lasciò scivolare dall'altare fino a poggiare i piedi a terra. Gli sorrise nel modo più rassicurante che le riuscì e sollevò lentamente i palmi verso di lui, come se dovesse rabbonire una bestia spaventata.

«Lo so che è assurdo, ma sono sempre io.»

Nel disordine che infuriava nella sala furono gli unici elementi immobili. Due statuine in una sfera di vetro, bloccate nella tormenta di neve artificiale. E come se Eve fosse fatta di cristallo, alzò a sua volta la mano e le sfiorò la punta delle dita con l'indice. «Sei sempre tu» sussurrò.
Un drappo rosso avvolse sua moglie e Kytos girò di scatto la testa. Lysandros aveva gettato un mantello sulle spalle di lei e le stava facendo cenno di seguirlo.

«Meglio scortarla lontana dalla folla inferocita» disse il cavaliere. «Potrete farvi gli occhi dolci più tardi.»

Kytos riacquistò un minimo di lucidità e ordinò ai soldati di tenere a bada il caos. «Ricorrete alla violenza solo se estremamente necessario» aggiunse.

Iniziare il proprio mandato assassinando il consiglio degli Uomini Grigi e gli alti funzionari del regno non suonava come una prospettiva allettante.

Scortarono sua moglie attraverso la porticina della sagrestia. Lì, le sacerdotesse di Imes si dispersero in un turbine di veli bianchi e la più anziana fra loro indicò balbettando l'uscita di emergenza. Il Sommo Decagono non distava troppo dal castello.

Eve nascose il volto tra le falde del cappuccio e tenne la testa bassa, mentre il drappello di soldati li circondava per proteggerli dagli sguardi dei curiosi.

Raggiunte le mura, attraversarono in fretta il cortile e si introdussero all'interno di una strettoia che conduceva ai camminamenti. Una pioggia sottile cadeva sui tetti di Gardros, alimentando l'odore della legna bagnata. L'eco dei loro passi si disperse nell'oscurità che gravava sulle scalette a chiocciola. Sbucarono in cima alle mura che si affacciavano sulla città, una distesa imbiancata di botteghe, taverne e case.

Entrarono nella torretta più vicina e Kytos ordinò a Lysandros e al resto dei soldati di tenere d'occhio la porta. Lui ed Eve rimasero soli all'interno di quelle quattro mura di pietra spoglia, adornata per lo più da stendardi sgualciti di Gardros e librerie zeppe di scartoffie e pergamene arrotolate. La cera gocciolava dalle candele che incoronavano il candelabro di ferro e le fiamme danzavano pigre nel camino.

Bianca come il gelsominoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora