«Peccato.» Fece un mezzo sorriso e si staccò da me, stabilendo di nuovo le distanze.

Mi credevi sexy, vero? Avrei voluto provocarla, ma rimasi in silenzio perché non mi ero comportato bene e, quindi, non ero sicuro di potermi prendere anche quella confidenza.

«Com'è andata, allora?» Con un cenno mi invitò a passarle la sua cioccolata calda. Lo feci.

«Il proprietario del RedMoon ha confermato che Violelle fosse Elle Hunt e che Zed Ontes fosse un cliente abituale.»

Tradotto: Edith aveva avuto ragione e io torto marcio. 

Scrollai le spalle, come se fosse tutto regolare, e attesi la sua reazione.
A dir il vero me la immaginavo già, con il suo sguardo fastidiosamente compiaciuto e le guance arrossate dalla rabbia o forse dal freddo, mentre mi canzonava, perché andare al RedMoon era stata una totale perdita di tempo. Invece, con mia grande sorpresa, appoggiò una mano sul mio ginocchio e mi disse: «Mi dispiace, Haywood.»

«Perché?»

«Perché ci tenevi tantissimo.»

La sua risposta mi toccò il cuore, che prima sussultò e poi riprese a battere più forte rischiando di scappare fuori dal petto.

Non mi aspettavo questa Edith, ad essere onesto.

Non me la aspettavo affatto, dannazione!

Non essendo pronto a gestirla scrollai le spalle e, indossando la solita maschera di indifferenza, replicai: «Non importa, Edith. Seguirò un'altra pista. Non ne ho solo una, sai? Non è la fine del mondo. È normale amministrazione. È tutto sotto controllo.» 

Da quanto tempo mi ero trasformato in un bugiardo? E da quando mi riusciva così bene esserlo?

Per poco non mi convinsi delle mie stesse rassicurazioni: «È solo insolito, perché il mio istinto raramente sbaglia, però va bene. E io non voglio più annoiarti con il mio lavoro.»

Non le avevo chiesto di seguirmi a Chicago solo per essere aiutato, ma glielo avevo proposto con l'intenzione di allontanarla dai suoi drammi per un po': la morte di Jane Reyes, quella che diceva essere la sua babysitter, doveva averle lasciato un segno non indifferente se era scappata dal Queens per raggiungere Manhattan. Inoltre, sarebbe stato ingiusto farla andare via tanto provata e febbricitante.

Si era comportata male con mia madre e miei fratelli, che le avevano aperto la nostra porta di casa, e non avrei potuto negarlo, ma ero altrettanto certo che Edith avrebbe rimediato ai suoi errori. Per questo, quella stessa mattina, mentre andavo a recuperare il computer avevo inviato a mia mamma un messaggio per chiederle di non licenziarla: Edith sembrava una brava ragazza, dopotutto, e il fatto che si fosse fatta coinvolgere dalle mie ambizioni lavorative, per aiutarmi, lo aveva dimostrato.

Alla fine ero anche contento di condividere la mia esperienza a Chicago con lei, perché la sua compagnia mi faceva pensare ad altro all'infuori di papà, Heath, Hailee o del trasferimento. Per questo, perché mi piaceva quella ritrovata leggerezza, che avrei voluto che Edith provasse la stessa sensazione. 

La guardai di sottecchi, però fui colto in flagrante. 

Mi schiarii la voce. «Tu cosa hai fatto, invece?»

«Un giro.» Alzò le spalle. «Ero nervosa e ho pensato di fare una lunga passeggiata per scaricare la tensione.» Sospirò. «Poi sono tornata qui, volevo entrare ma ho lasciato a te la mia carta elettronica.»

Feci un sorriso storto.

Mi ricordai di quella volta in cui, settimane prima, l'avevo provocata solo per il gusto di vederla impazzire, ad un passo da una crisi nevrotica. Sembrava passato un secolo, cazzo. Quante cose erano successe e cambiate in poco tempo, invece.

Succederebbe Tutto - H.S.Where stories live. Discover now