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Haywood

Mentre mi avvicinavo all'incrocio il semaforo diventò rosso e io fui costretto ad interrompere la corsa dell'auto. Fermo lungo la linea trasversale dipinta in bianco sull'asfalto, sospirai e mi passai una mano tra i capelli. Durante il viaggio avevo abbassato i finestrini e il vento aveva scompigliato i miei ricci, trasformandoli in una massa informe e pesante. Imprecai, spostai l'attenzione sul sedile del passeggero e afferrai lo smartphone per controllare le notifiche.

Prima di partire avevo mandato un messaggio a Lyle - "Sto tornando." - e uno a mia mamma - "Ho avuto un'emergenza, devo partire. Mi dispiace non riuscire a salutarti."- e poi ero partito a tutto gas.
Ero stato un vigliacco, a scappare, e la schermata vuota ne era la dimostrazione. Ma, alla fine, chi avrebbe dovuto cercarmi?

Mia madre stava dormendo e non avrebbe letto l'sms fino a domani mattina, Heath non mi avrebbe chiamato dopo averlo piantato in asso con maleducazione, ed Edith non aveva né il mio numero né un cellulare per contattarmi. Che poi, quale ragazza al giorno d'oggi riusciva a passare settimane senza controllare i propri social network?

Strano.

Il semaforo verde mi diede il via libera, per cui ripresi la marcia pensando a come avrebbe reagito Edith non appena fosse tornata in albergo: la mia assenza le avrebbe fatto effetto?

Magari non torna nemmeno per la notte. Mi stuzzicò la coscienza, che non aveva tutti i torti.

Lei aveva rifiutato il mio invito per trascorrere la serata con Heath, perciò perché avrebbe dovuto venire da me?

Erano fidanzati?

Non era la prima volta che, quella sera, mi ponevo quelle domande.
Lo avevo già fatto dopo essere entrato nella nostra suite, ed erano stati proprio quei pensieri a spingermi a recuperare il borsone sotto il letto. Avevo raccolto ciò che mi apparteneva e avevo abbandonato la stanza, poi ero saltato in macchina ed ero partito.

Avevo passato una serata assurda: mio fratello aveva proposto di unirmi a loro, e forse avrei accettato se solo non mi fossi sentito preso in giro da Edith. Ero arrivato al Castillo's di buon umore e pieno di idee, avevo iniziato a flirtare e lei aveva preferito non interrompermi. Si era goduta lo spettacolo e, alla fine, mi ero sentito ridicolo. Perché la stronza lo sapeva, che sarebbe andata a cena con Heath. E non mi aveva fermato.

Ti sei divertita, vero?

Premetti ancora di più il piede sull'acceleratore.

Dopo essermi congedato, avevo provato a concentrarmi sul caso Reyes, a lavorare alla ricerca di un minimo indizio che avesse potuto aprirmi una nuova piasta, ma ovunque mi fossi girato i miei occhi avevano incontrato qualcosa di suo: i trucchi sparsi sul comodino, i vestiti sul letto, le cuffiette incastrate tra la mia schiena e il materasso. Così mi ero distratto e mi ero dato dell'idiota.
Edith era libera di agire come meglio credeva, ma io non avrei continuato ad aspettare come uno stupido: avevo persino finito per divorare la nostra cena in totale solitudine e mi ero sentito umiliato, ridicolo.

Un dannato sfigato.

Era stata tutta colpa di Lyle che, invece di stare zitta, mi aveva messo delle strane idee in testa: se non fosse stato per lei, avrei agito diversamente. Non mi sarei mai esposto in quel modo. Così ero arrivato a sentirmi come un perdente, e lo avevo odiato talmente tanto da decidere di tagliare la corda.

Ero stato un vigliacco, come dicevo.

Avevo capito di essere ad un punto morto con il lavoro, perciò mi ero infilato il giubbotto, avevo preso il portafoglio e le chiavi della macchina e mi ero diretto verso la porta. Poi mi ero fermato e avevo indugiato sull'eventualità di lasciarle un bigliettino e alla fine me ne ero andato: Edith non si era premurata di rendermi partecipe dei suoi piani, quindi perché avrei dovuto farlo io? Due righe scritte su un pezzo di carta non avrebbero cambiato il nostro rapporto.
Io sarei sparito comunque.

Succederebbe Tutto - H.S.Where stories live. Discover now