27. Agata

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"Posso chiamarti tra poco?", mi chiede Agata per messaggio.
"Dammi un'oretta, così finisco di studiare.. domani ho la verifica di storia", mi affretto a rispondere.
"Ok, secchiona :P", mi prende in giro lei.
Mi ha sempre urtato quando mi chiamavano secchiona, ma detto da lei mi fa sorridere.

Quando finalmente riesco a finire di studiare la rivoluzione francese, ecco che mi squilla il cellulare. È lei.

La sento un po' giù, mi racconta della sua situazione lavorativa, non semplice, a contatto con le persone diversamente abili. Ci mette tutta sé stessa per entrare in empatia con le persone e per dare una mano, un aiuto concreto e significativo nel rendere la loro vita anche solo un po' migliore, anche solo un po' più degna di essere vissuta.
Il suo è uno sconforto legato alle difficoltà che la vita propone a ciascuno di noi. Il suo lavoro le permette o, meglio, la costringe quotidianamente a rimanere vis a vis con la parte più amara della realtà: il dolore.
Dal dolore non possiamo scappare. Per quanto ognuno di noi lo voglia, per quanto ci possiamo applicare per fare sì di non viverlo mai in prima persona, il dolore ci perseguita. E, lei, è una di quelle coraggiose persone che ha scelto di mettersi ogni giorno di fronte ad esso. Ha scelto di affrontarlo, di viverlo in prima persona, di accarezzarlo, cercando di attenuarlo, di trasformarlo in qualcosa di migliore: in speranza e dignità.
Perché, sì, ogni persona merita di vivere con dignità, dignità che, troppo spesso, viene portata via da una malattia.
Nessuno di noi lo merita, è innegabile.

Agata si chiedeva se il suo lavoro fosse veramente in grado di rendere migliore la vita dei suoi ragazzi.
Domanda più che legittima.
Io ero fortemente persuasa che la risposta fosse sì. E fui così convincente nell'argomentare la mia risposta, che se ne persuase anche lei.

Già mi immaginavo accanto a lei a fare quello che da sempre è stato il sogno della mia vita: aiutare le persone.

La telefonata durò più di un'ora ed al termine di essa, mi mandò subito un messaggio.

"Mi sono schiarita le idee.. però credo che non sia stato sistemare l'armadio che mi ha aiutato a farlo", allude lei.
"È molto bello ciò che fai, capisco la difficoltà che vivi quotidianamente", la rassicuro.
"Grazie per avermi ascoltato", risponde.

Continuiamo a parlare via messaggio per tutta la sera, e così i giorni successivi.

È una domenica mattina, quando Agata mi comunica la sua intenzione di raggiungermi nella mia città per vedermi.
Sono entusiasta, ma adesso come lo dico a mia mamma?

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