Annuì impercettibilmente, ma senza smettere di ricercare nei miei occhi una spiegazione.

«Voglio andarmene perchè ho ripensato a quello che mi hai detto a casa tua. Non avrei dovuto scappare e lasciare il lavoro senza un avvertimento. Sono stata maleducata con tua madre che, invece, è stata molto gentile a concedermi un posto. E io odio essere irrispettosa, quindi devo andare a sistemare le cose.»

In parte pensavo veramente quello che stavo sostenendo.

«Avrai comunque il tuo lavoro, che tu torna adesso o tra quattro giorni.» Biascicò interrompendo il nostro contatto visivo.

Ero consapevole che avrei ottenuto di nuovo il mio posto, perché ero sicura che Haywood avesse messo una buona parola con Cindra per me. Ancora. Ma: «Non per merito mio.»

«Non sei l'unica ad aver fatto cazzate, lo sai? Però non me ne vado così.»

Haywood allontanò bruscamente le mie mani dal suo viso ed indietreggiò come se avesse perso la pazienza ad ascoltarmi.

«Haywood, non litighiamo. Per favore.» Lo pregai.

Perché tutte le volte che ci avvicinavamo, finivamo sempre per discutere?

«Non spingermi a farlo, allora.» Replicò, esasperato. «Io capisco che tu voglia riparare ai tuoi errori, ma non puoi ritornare da sola e con la febbre. Nell'istante in cui ti sei presentata davanti casa mia, sei diventata una mia responsabilità. Inoltre ho promesso ad Heath che ti avrei riportato per intera, perciò non ti lascerò tornare in questo stato. Ti rendi conto che non hai nemmeno una casa o un cellulare?»

«É per questo che non posso restare a Chicago

Haywood mi capiva e mi proteggeva, incurante tutelare e di condividere del tempo con una bugiarda egoista ed infame, e io mi stavo affezionando troppo mettendo a repentaglio ogni mio piano e la mia stessa sicurezza.

Forse lui aveva ragione a considerare che fosse tutta una scusa per fuggire da quello che ci eravamo detti.

«Non costringermi a fare il poliziotto cattivo. Ti ho chiuso una volta in una stanza, posso farlo ancora.»

Mi allontanai come se mi avesse appena tirato uno schiaffo. Scusa?

«Mi stai minacciando?» Mi lasciai sfuggire una risata sarcastica.

Credevo avessimo superato quella fase.

«Ti sto avvertendo.» Inchiodò i miei occhi nei suoi, ora scuri ed ammonitori.

Bene, era ritornato il ragazzo che avevo conosciuto agli inizi.

Ci rimasi piuttosto male. Non avrei dovuto essere contenta, invece?

«Non sei nessuno per poter controllare la mia vita.» Alzai la voce, sbuffando e pestando i piedi quasi fossi stata una bambina.

Lo odiavo, anzi non sopportavo chi diventavo mentre ero con lui, sempre incostante ed incoerente. Mi confondeva.

Dato che non rispose nell'immediato, girai i tacchi e afferrai lo zaino che avevo appoggiato sulla scrivania. Con aria furente lo aprii e per poco la mia prepotenza non ruppe la cerniera, ma non me ne curai ed iniziai a raccogliere le mie robe sparse per la stanza.

«Quindi è questo ciò che pensi di me, che voglia pilotarti?» La sua voce vacillò.

Capii di averlo ferito quindi, maledicendomi per quello che avrei fatto, gettai con vigore lo zaino sulla scrivania. Mi fermai e strinsi tra le mani i bordi di legno, abbassando il capo e prendendo un profondo respiro.

Succederebbe Tutto - H.S.Where stories live. Discover now