✨ 𝓅𝓇ℴ𝓁ℴℊℴ;

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«Niente, neanche quest'anno sono riuscito a convincere quel coglione del preside. È un'ingiustizia, dovremmo davvero stare in stanza insieme.»

Taehyung si lamenta, sarà forse per la quarantesima volta, mentre io semplicemente mi limito ad annuire e sistemare le mie cose nella nuova stanza che mi è stata assegnata.

Sono almeno due anni, da quando siamo in questa università, che il mio miglior amico, Taehyung, cerca di corrompere il preside per farci finire insieme nella stessa stanza, visto che ogni anno si ruota e si viene accoppiati casualmente.

Taehyung è un osso duro e quindi ci prova lo stesso ogni anno, anche se è davvero da stupidi.
Il mio miglior amico quando si tratta di fare cose stupide ha un suo talento.

In realtà mi fa molta tenerezza, e mi trasmette calore, perché con questi piccoli gesti Taehyung mi dimostra che ci tiene a me e devo ammettere che senza di lui non saprei che fine avrei fatto in tutto questo tempo.

La mia vita non è quella che si potrebbe definire straordinaria, o almeno io sono abbastanza banale.
Anzi, forse l'unica cosa straordinaria che ho sono i miei capelli rosa e il mio cervello.
I capelli ho dovuto tingerli, il cervello mi è stato dato così alla nascita.

Queste sono le uniche due cose che le persone sembrano notare in me.
Il resto della mia personalità, a quanto pare, fa schifo un po' a tutti.
O almeno questa è la sensazione che ho sempre avvertito.

Qui alla Seoul University mi conoscono generalmente come Park Jimin, il tipo strano e nerd.
E devo dire che forse mi va bene anche così, che forse mi sta anche beme quest'etichetta.

Non mi piace attirare l'attenzione, o forse è una scusa che ripeto a me stesso per convincermi, perché in realtà alla fine credo che la verità sia che non sono abbastanza interessante per attirare qualcuno.

Non è una cosa a cui penso spesso, il piacere o non piacere alle persone, più che altro perché l'idea di non poter piacere a nessuno mi butta parecchio giù di morale.

Semplicemente mi accontento di quei pochi amici che ho, vivendo nel mio piccolo mondo fatto di felpe larghe, libri su libri, mondi fantasy e film mentali.
Nel farmi i film nella testa sono un vero e proprio artista.
La vita vera, quella che vivono la maggior parte dei ragazzi della mia età, con i primi baci, le prime volte, le. prime esperienze...
Io non so nemmeno dove stiano di casa queste cose.

«Jimin, mi stai ascoltando?»

Scuoto la testa, risvegliandomi dalla confusiome.
Come al solito ho sempre la testa tra le nuvole, non è una novità e non è nemmeno la prima volta.

«Scusami Taehyung, mi sono distratto un secondo.»

Mi avvicino alla scrivania per prendere la mia tazza preferita, quella di Dart Vader, quella a cui sono legati i miei ricordi più importanti, mentre invito Taehyung a ripetere qualsiasi cosa stesse dicendo, cercando di sorseggiare lentamente il mio che finalmente si è raffreddato abbastanza.

«Ho detto che oggi dovrebbe arrivare un nuovo studente direttamente dall'America, e visto che tu sei l'unico ancora senza compagno di stanza probabilmente finirà qui con te!
Dicono che venga da New York ma è originario di Busan

Scuoto la testa, ridendo, non capendo il perché di tutto l'entusiasmo che ha Taehyung per questa notizia.
Probabilmente questo nuovo tipo americano mi odierà dal primo secondo in cui metterà piede qui, come ogni compagno di stanza che mi capita ogni volta.
È pazzesco il fatto che non stia simpatico a nessuno apparte Taehyung ed un altro mio amico, Namjoon.

«Forse finirà in camera con qualcun altro, non è detto che debba finire per forza qui.
Magari fa cambio con un altro, chissà.»

Taehyung mi interrompe, puntandomi un dito contro, direttamente verso il mio viso, come fa di solito ogni volta quando mi autocompatisco o mi sminuisco.

«Fidati di me, finirà qui con te.
Quindi cerca di farci amicizia, non mi piace che ogni anno tu ti isoli anche nella tua stessa camera, non parlando nemmeno con il tuo stesso compagno di stanza.
Dovresti dare la possibilità alle altre persone di conoscere chi sei realmente.»

Taehyung si avvicina maggiormente a me, accarezzandomi il viso.
Naturalmente, quasi per riflesso, chiudo gli occhi, abbassando le palpebre, come faccio ogni volta che qualcuno mi sfiora o mi tocca.
Il contatto fisico non è esattamente il mio forte, ed ho i miei giusti motivi per non gradirlo particolarmente.

«Proverò ad essere più aperto e cercherò di farci amicizia, te lo prometto.
Magari, chissà...
Potrebbe essere la volta buona che trovo un buon compagno di stanza.»

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MY ROOMATE IS A FUCKBOY | JIKOOKWhere stories live. Discover now