All'improvviso tutto ciò che avevo creduto prima su di lui, su di me, su di noi, si sfumò e venne sostituito da un unico pensiero: Adesso siamo solo due ragazzi che stanno viaggiando insieme. Non un ispettore e una ricercata.

Lì, chiusi in quell'auto, uno accanto all'altra, potevamo essere soltanto noi.

Per questo, spinta dal coraggio, parlai: «La morte di Jane Reyes non è stato il mio primo lutto. So cosa significhi dover dire per sempre addio ad un caro, ma trovo che questa volta sia diverso.»

Abbassai lo sguardo sulle mie gambe, dove provai a nascondere le mani che mi tremavano.

«Non riesco a crederci. É come se mi avessero fatto uno scherzo di pessimo gusto e non me lo volessero dire. É tutto così irreale che non so nemmeno cosa dovrei fare o sentire...» Feci una pausa e lo guardai di sottecchi per capire se fosse in ascolto.

Anche se continuava a tenere lo sguardo fisso sulla strada, qualcosa in Haywood mi diceva che non avesse preso nemmeno una parola, perché la pelle mi formicolava e c'era una grande tensione tra noi, quella che ci avvolgeva sempre quando uno rivolgeva l'attenzione all'altra.

«Mia mamma mi diceva sempre che ho un cuore di ghiaccio, perché quando viene a mancare qualcuno io non piango, non dispero, non mi struggo, e che non me ne importa di nessuno, che sono fredda...Quello che non è riuscita a capire é che restare in silenzio e andare avanti non significa non tenerci. Anzi, il più delle volte in quel silenzio io penso alla persona che ho perso e ai momenti che insieme abbiamo condiviso.» Spensi la radio, perché la musica iniziava a darmi fastidio, e presi un profondo respiro.

Non era facile aprirsi.
Non quando la cicatrice era fresca.

«Ho sempre avuto una visione tutta mia del lutto, ma questa volta non riesco a realizzarlo. É stato improvviso. So che è ridicolo che io ci sia rimasta male per la morte della signora Reyes, però è così e basta. La pubblica opinione è convinta che si sia suicidata, ma tu supponi un omicidio. E allora mi domando: ci sarebbe stato un modo per salvarla? È stato sbagliato trascurarla? Era necessaria la sua morte oppure si poteva evitare?» Feci una pausa. «E mentre sollecito questi dubbi, non provo dolore e non ho voglia di piangere. Mi sento come se mia mamma avesse avuto ragione a ritenermi insensibile.»

Mi morsi il labbro inferiore. «Però io sto male. Te lo giuro, Haywood.»

Alla fine del mio monologo ci fu silenzio. Non uno qualunque, ma uno di quelli carichi di tante parole non dette, di tanti sentimenti repressi e contrastanti, di quelli pieni di sacrificio, di dolore, di gioia e di sofferenza.

Immersa in quel vuoto assordante sentivo i nostri respiri, il suo caldo e regolare e il mio affannato e convulso come ogni parte di me, e percepivo il calore del suo corpo, la sua presenza accanto a me, e il magnetismo. Una corrente che inspiegabilmente mi spingeva verso di lui, che mi faceva desiderare di spostare lo sguardo sul suo viso e di toccarlo, di cercare i suoi occhi.

Lo senti anche tu, tutto questo? Avrei voluto chiedergli ma rimasi zitta, perché avevo troppa paura di spezzare quel silenzio che era gelido ed avvolgente al tempo stesso.

«Io ti credo, Edith. Anche io affronto il dolore chiudendomi in me stesso, quindi lo so. Ma sono altrettanto convinto che affrontarlo da soli, in silenzio, non voglia dire non tenerci, non aver voluto bene a quella persona mentre era ancora in vita o essere insensibile. No! Sono convinto che quel tipo di sofferenza sia autentico e vero. Sai quante persone che conosco si sono presentate ai funerali piangendo, strappandosi i capelli, gettandosi sulla bara, quando in realtà sono state -scusa il termine- delle merde con il caro fino al giorno della morte? Quindi lo so che il tuo dolore è autentico, Edith. Non devi spiegare a nessuno il tuo comportamento. Credo che tua madre si sbagliasse.» Concluse tutto d'un fiato.

Succederebbe Tutto - H.S.Where stories live. Discover now