Cap. 1

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Una nuova terribile giornata era iniziata e come una normalissima adolescente andai a scuola. Non ero una secchiona, ma nemmeno una di quelle che non fa nulla per tutto l'anno. Diciamo che ero quella invisibile della classe. Ero piuttosto timida e faticavo molto a relazionarmi, ma questo non vuol dire che non avevo mai avuto amici, né ho avuti anche tanti. Qualche anno fa ero una di quelle ragazze col sorriso sempre stampato in faccia a cui tutti volevano bene, ma scoprendo ciò che sono realmente e soprattutto per colpa di mio padre ero diventata quella che ero. Solitamente passavo le mie giornate ad ascoltare musica o a leggere.
- Sam, con chi fai il progetto di scienze?-. Mi chiese Elis. Lei era l'unica ragazza della mia classe che mi considerava e che mi rivolgeva la parola.
- Da sola-. Le risposi semplicemente.
- E se lo facessimo io, te e Peter?-. Mi chiese.
- Peter, Peter Parker, non se ne parla proprio-. Dissi agitandomi.
Peter Parker, il ragazzo figo, intelligente e dolce della nostra classe, ovvero la mia crush da quando ho iniziato il liceo. Era la mia cotta più grande. Molte volte mi facevo di quei film mentali così sdolcinati che mi veniva il diabete.
- Dai, perché non vuoi mai fare i lavori assieme a qualcuno?-. Insisté.
- Non sono molto brava con le persone e davvero, non ce la farei mai a mettermi d'accordo con te e non sono mai libera-. Mi inventai. In realtà di tempo avevo tutto quello che volevo, ma dettagli.
- Sei impossibile-. Disse esasperata alzando le mani al cielo e lasciandosele cadere ai fianchi. Io con i libri stretti al petto alzai le spalle e andai in classe. Lei mi seguì continuando ad assillarmi per quel progetto di scienze, ma la mia risposta rimase sempre la stessa.
La giornata a scuola passò velocemente e alle 14 ero a "casa". Era un piccolo appartamento che mio padre mi aveva procurato e io ci vivevo da sola.
Appena entrata mi tolsi le scarpe e il giubbino. Di seguito mi sdraiai sul divano. Non avevo fame e non credevo che avrei mangiato.
Accesi la televisione e misi sul telegiornale per vedere se era successo qualcosa di strano o di sovrannaturale, ma quest'oggi il mare era calmo.
Il cellulare mi squillò, ma non mi degnai di rispondere.
Decisi di andare a fare un giro e magari passare a prendere qualcosa da Starbucks. Presi la mia giacca di pelle nera, le chiavi della mia moto e il casco e girai per la città un po' a caso. Finalmente dopo un paio di ore che ero in giro mi decisi di andare a prendere qualcosa da bere e andai da Starbucks dove presi un semplice frappuccino. Dopo aver preso la mia ordinazione decisi di camminare nel parco di fronte al bar. Mi sedetti su una panchina e osservai il via vai delle macchine. Ad un certo punto vidi un bambino indicarmi e la madre che lo sgridò dicendogli che non si faceva. Il bambino mi continuava a fissare, allora io alzai la mano e lo salutai sorridendo. Il piccolo venne verso di me e mi guardò con occhi sgranati.
- Sei una fata?-. Mi chiese indicando i miei capelli mezzi verdi e mezzi neri.
- Si, sono qui per proteggere i bambini speciali come te che mi vedono-. Gli risposi sorridendo.
- Io sono speciale?-. Mi chiese teneramente.
- Si, sai solo pochi bambini possono vedermi e tu sei uno tra quelli-. Gli spiegai.
Il bimbo corse dalla mamma tutto sorridente quello che gli avevo raccontato e la madre mi guardò sorridendo e poi prese in braccio il piccolo e se ne andò. Fatti di questo tipo mi capitavano tutti i giorni e mi piaceva alimentare la fantasia dei bambini facendogli credere che fossero speciali.
Ritornai a casa e mentre parcheggiai sentii un grido nel vicolo a fianco casa mia. Mi precipitai a vedere cosa stesse succedendo e vidi Spider-Man che era intrappolato in un campo di forza blu. C'erano anche due uomini vestiti di nero che guardavano il ragazzo intrappolato ridendo per poi correre via.
Io mi precipitai a liberare l'eroe. Fortunatamente il campo di forza consisteva in sei piccoli aggeggi che se messi in una particolare combinazione creavano quel campo di forza. Ne staccai uno e il giovane eroe cadde per terra. Con fatica si alzò per guardarmi in faccia e cadermi addosso.
Non sapendo cosa fare lo presi sottobraccio e lo portai in casa. Lo stesi sul divano. Non sapendo come fare cercai di svegliarlo con metodi tranquilli, ma quando capii che per risvegliarlo sarebbe servito qualcosa di più mi alzai e andai in cucina. In cucina presi una bacinella e la riempii di acqua gelata. Cercando di non versarmi l'acqua addosso andai dove era sdraiato Spider-Man e gli buttai in faccia l'acqua. Lui si tirò su di scatto per poi guardarsi attorno confuso. Si alzò e iniziò a camminare avanti e indietro per la sala.
- Ciao-. Dissi semplicemente.
Lui si voltò e mi guardò a lungo.
- Chi sei e perché sono qui?-. Mi chiede.
- Sono Sam e sei qui perché eri svenuto e non li andava di lasciarti in mano a qualche delinquente-. Gli spiegai.
- Oh, grazie mille, allora-. Detto questo uscì dalla finestra senza darmi il tempo di rispondergli.
- Comunque prego-. Gridai dalla finestra.
Guardai la macchia d'acqua che si era formata sul pavimento e sul divano. Presi un paio di stracci e mi accinsi ad asciugare quella pozzanghera.
Dopo averla asciugata mi misi a leggere, era rilassante e i libri mi trasportavano in un altro mondo. Grazie agli scrittori e a tutti i loro mondi immaginari creati da loro ne avevo iniziato a creare uno tutto mio. Certo non era bello quanto quello dei libri, ma era il mio luogo, era il mio rifugio e la mia casa e mi piaceva starci. Purtroppo questa volta non riuscì a concentrarmi. La mia mente vagava sull'episodio appena vissuto e con l'immagine dell'eroe che saltava dalla mia finestra mi addormentai.

La Figlia Di LokiWhere stories live. Discover now