Chapter 30 - Giuseppe D'Anna

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C'è una bambina che piange, da qualche parte. È caduta. O forse si è bruciata toccando la pentola sul fuoco.

C'è pure un bambino. Sta piangendo anche lui. O forse no. Sono così uguali che è difficile distinguerli...

Nadia chiude gli occhi. Scuote la testa per scacciare il ricordo. Quando li riapre è di nuovo nel laboratorio, circondata da schermate che lampeggiano nel buio. Ivan le aveva detto che c'era qualcuno per lei, ma non si aspettava certo questo.

«Ripetilo» dice in un sussurro, e alza lo sguardo.

Sua madre è proprio lì di fronte a lei. Se ne sta seduta, dritta, composta.

«Lo sapevo» ripete la donna. «Non potevo esserne certa, naturalmente, senza le analisi comparative, ma sapevo che era possibile. Che tu o Dan potevate essere...»

«Lo sapevi da prima» sibila Nadia.

«Da prima di cosa?»

Nadia inspira a fondo. Deglutisce per mandare giù l'urlo che vorrebbe lanciare, mentre nella testa le esplodono altre urla, quelle di quella notte, e il rimbombo dello sparo che ha spazzato via tutto.

«Prima che ci facessero gli esami in laboratorio! Prima che Dan venisse ammazzato» risponde, mordendo ogni parola. «Se tu ce lo avessi detto... se lo avessimo saputo...»

«Davvero è questo che hai intenzione di fare, qui e ora? Il gioco dei se?». La voce di sua madre è piatta e incolore come una lastra di vetro. «Non ti ho cresciuta in questo modo».

La bambina piange ancora. Una porta si apre, da qualche parte, ma si richiude di botto senza curarsene. È la porta del laboratorio di ricerca. È la portiera della macchina. È ogni porta che le ha sbattuto in faccia.

Tu non mi hai cresciuta affatto, stronza. Nadia lo pensa ma non lo dice. Sa che se apre bocca adesso il nodo nella sua gola si scioglierà in un pianto a dirotto. No, non le darà questa soddisfazione.

«Credimi» continua sua madre. «Avevo intenzione di contribuire alla sintesi della cura senza coinvolgerti, ma era impossibile restare entrambe al sicuro, qui nel laboratorio, senza incrociarci. Tanto vale che tu sappia la verità.»

Nadia si alza. Fa qualche passo e si volta verso le file di numeri incomprensibili che brillano sugli schermi. Sente gli occhi bruciare e la testa pulsare per la rabbia.

È stufa, cazzo, della verità. Tutti non fanno altro che vomitarle addosso la loro verità, mandando di continuo a puttane le poche cose che crede di sapere.

«Sono stata io a renderti la cura.»

Nadia sente una lacrima calda scenderle giù per la guancia. Si sforza di concentrarsi sui minuscoli numeri verdi che scorrono sulle schermate nere.

Ho studiato le teorie di tua madre, sai? dice la voce di Ivan nella sua testa. È stata la prima a dimostrare che la genetica è solo metà della storia.

«C'era questo nuovo protocollo sperimentale per rafforzare il sistema immunitario rispetto agli agenti virali a rischio epidemico» la voce di sua madre le arriva sempre da più lontano. «E c'eravate tu e tuo fratello, geneticamente compatibili e rispondenti a tutti i criteri. I soggetti di studio perfetti.»

Intanto i numeri sugli schermi proseguono a scorrere con in sottofondo il fruscio delle ventole dei computer. Un rumore costante, quasi ipnotico.

«Era una sperimentazione in doppio cieco. Nemmeno io sapevo chi, tra te e Dan, stava assumendo il placebo e a chi invece veniva iniettato il principio attivo.»

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