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-Perché non stai facendo niente?-

Non si scappa ora, pensò Mark e la voce di Donghyuck non fece che farlo tremare fino ai polsi, le dita si arricciarono ansia, come a volersi proteggere da quell'ondata di emozioni che non facevano che salire di livello ogni minuto che passava, che avevano fatto sudare i polpastrelli e che di conseguenza erano divenuti gelidi. Oppure in vergogna, perché loro ricordavano il modo brusco in cui aveva allontanato Donghyuck; ricordavano il modo in cui avevano stretto il tessuto della sua maglia, come avevano sentito la pelle dell'altro ragazzo, tanto famigliare, sprofondare dolorosamente sotto la loro pressione. Oppure in nostalgia, perché sapevano di aver perso il diritto di sfiorare l'oro puro. Avevano perso il diritto di tracciare infiniti nei per un'infinita quantità di tempo, di sentire sottili peli raddrizzarsi sotto il loro tocco, pelle d'oca dietro il loro passaggio.

Mark, quasi a percepire ciò che stavano pensando le sue mani, le portò sotto le sue gambe come a voler evitare che d'un tratto potessero allungarsi verso Donghyuck, che potessero fuggire al suo controllo per tornare a fare ciò che desideravano da tempo fare, e portò la mente al presente e alle parole di Donghyuck che lo stava ancora guardando con l'odio che ancora ardeva imperterrito.

-Cosa vuoi che faccia- chiese quindi trattenendo lo sguardo, non si scappa ora, non sarebbe scappato, non poteva scappare né lasciarsi scappare quel tempo, quell'opportunità, Donghyuck. -Ci hanno chiusi dentro, a chiave, e saranno andati il più lontani possibile-.

Donghyuck sbuffò solo mentre prendeva il telefono, probabilmente in un inutile tentativo di raggiungere in qualche modo i suoi amici. Lo vide provare chiamare qualcuno per minuti interminabili, lo vide immobile e poi camminare avanti e indietro e poi ancora fermo e di nuovo in movimento mentre la sua espressione rimaneva statica. E solo in quel momento Mark si rese conto che Donghyuck è qui, davanti a me. Donghyuck è qui, vero, vivo, con me. E per un momento dovette chiudere gli occhi e poi riaprirli, pizzicarsi il braccio e rialzare lo sguardo verso l'altro ragazzo che era ancora lì. Ancora in quella stanza. Ancora con Mark.

Mark che aveva completamente dimenticato come funzionare.

Mark che, dopo mesi, poteva finalmente respirare con calma l'immagine di Donghyuck, prenderne ogni dettaglio che era rimasto esattamente al suo posto e quelli che invece erano stati influenzati dal passare del tempo. 

Mark che osservava il modo in cui la felpa grigia cadeva larga sull'altro ragazzo, il modo in cui il cappuccio lasciava intravedere capelli cresciuti a sfiorarne le ciglia; aveva della pittura sul volto, giallo che macchiava anche le sue dita, verde che copriva il neo sul collo. Le ginocchia scoperte dal pantaloncino erano livide perché, nonostante la posizione scomoda e la grandezza delle tele, Donghyuck continuava a dipingere inginocchiato. E quante volte Mark ha assistito all'altro dipingere, quante volte Donghyuck ha guidato la sua mano sulla tela costringendolo a sedersi nella sua stessa posizione. Quanti panni ha macchiato con quella pittura che in un modo o nell'altro finiva nei loro capelli, che colorava tutto intorno in un vortice di colori che rappresentava al meglio la loro relazione.

E Mark desiderava tornare a quei giorni, bramava reimmergersi in tutti quei colori e stringere la mano di Donghyuck e dormire al suo fianco e sentirlo ridere e riuscire a leggerlo come un tempo poteva fare. Voleva potergli parlare come ha sempre fatto, voleva sentire la sua voce riscaldargli l'orecchio, la sua risata scontrarsi con il suo collo, le sue dita passargli tra i capelli. 

-Che stai facendo?- Donghyuck ora era in piedi davanti a lui, lo stava guardando dritto negli occhi ma Mark non riusciva a leggere quello che nascondevano. Che sto facendo? pensò Mark, ti sto pensando, come ti ho pensato in questi 3 mesi, con la differenza che non sei più un'immagine statica creata dai miei ricordi ma sei tu, tu, e il tempo si muove sui tuoi tratti, si è mosso sui tuoi tratti. E ora sei qui. Davanti a me. Con me.

-Niente- rispose però chiudendo gli occhi, il cuore spingeva feroce contro la sua cassa toracica e Mark dovette trattenersi dal portarsi una mano sul petto. La voglia di dire tutto ciò che sentiva lo stava soffocando.

-Smettila-  

-Di fare cosa?- chiese confuso, gli occhi nuovamente su Donghyuck che stringeva i pugni ai lati del suo corpo, le labbra strette in una linea -Ho detto che non sto facendo niente..-

-Smettila di..- iniziò puntando un dito contro Mark per poi fare qualche passa indietro -smettila di comportarti come se non sia successo nulla! Che questo- fece segno tra loro due -che questo sia normale.

-Smettila di stare lì seduto come se i nostri amici non ci avessero appena chiusi in una stanza per costringerci a parlare. Smettila di fissarmi mentre il panico si fa strada nella mia testa, smettila! Cazzo smettila! Smettila di stare bene!- 

-Hyuckie..- disse Mark sentendo il groppo alla gola farsi più grande, più stretto. Lentamente si alzò per avvicinarsi al ragazzo che aveva le braccia intorno al suo torso mentre guardava a terra. Lee Donghyuck, la persona più sicura e maestosa che Mark abbia mai conosciuto, ora tentava di tenersi integro mentre quasi crollava su sé stesso. Ed era colpa sua.

 -Hyuckie, hey..- tentò di portare le mani verso il viso dell'altro ragazzo, ma questo si allontanò bruscamente per poi guardarlo con tanto terrore da immobilizzare Mark.

-No!- urlò -..no- ripetè riducendo la sua voce ad un sussurro, lacrime che laceravano il suo viso mentre Mark era rimasto con il braccio a mezz'aria. Per un momento il maggiore pensò che Donghyuck non volesse più avere a che fare con lui, ma quella sofferenza era troppo cruda per essere finta: Donghyuck non era il tipo di persona che piangeva per fare scena, non a caso aveva scelto arte e non teatro. Ed il solo pensiero che il suo migliore amico potesse pensare che in questi mesi lui fosse stato bene senza l'altro lo portò a ringraziare mentalmente Jaemin e Renjun: lì, quella sera, avrebbero risolto tutto, dovevano risolvere tutto perché quella situazione li stava distruggendo entrambi.

-Hyuckie ascoltami..- provò a dire ma Donghyuck non ne voleva sapere, scuoteva la testa e si allontanava.
-Non chiamarmi Hyuckie, ne hai perso il diritto, non farlo- disse con voce tremante.

-Ok, Donghyuck, ok- rispose facendo un altro passo avanti -Però ti prego, guardami, guardami e dimmi se credi che io stia bene-

Donghyuck scosse ancora la testa e Mark lo pregò ancora e ancora, avvicinandosi fino a portare le mani tremanti sul volto bagnato dell'altro, fino a costringere i loro occhi ad incontrarsi nonostante fosse difficile essendo offuscati da tutte quelle lacrime. Donghyuck lasciò che un singhizzo lasciasse le sue labbra e Mark non perse tempo a stringerlo a sé come ha desiderato fare in questi mesi interminabili. Mark non perse tempo a portare la fronte del suo migliore amico sulla sua spalla, a stringerne i capelli tra le dita mentre cullava i loro corpi a destra e sinistra.

-Cosa ti ha fatto credere che io possa stare bene senza di te, uh? Cosa Donghyuck?- Disse ricevendo come risposta un altro singhiozzo, le mani di Donghyuck che stringevano la sua maglia per tenersi in piedi mentre le ginocchia di entrambi tremavano sotto quel flusso di emozioni.

-Voglio che torni tutto normale..- continuò -Voglio che torni a tutto come era prima che litigassimo a prima che..-

Ma Donghyuck si allontanò bruscamente, gli occhi ancora rossi e così grondanti di tristezza da spezzare il cuore di Mark. Il suo corpo sentì presto la mancanza dell'altro, brividi di freddo si fecero largo sotto i suoi vestiti fino a toccare ogni nervo nel suo cervello: un avvertimento alle parole che avrebbero lasciato presto le labbra del suo migliore amico.

-A prima?- disse scuotendo la testa mentre una risata amara li avvolse



-Intendi a prima che tu mi baciassi? -

if you are lonely (come be lonely with me) ; markhyuckWhere stories live. Discover now