Ecco, forse era quello, ciò che riuscivo ad apprezzare del nostro modo di integrire: non avevamo bisogno di doverci dire le cose per capire come comportarsi e, finchè ognuno fosse stato nel proprio, a noi sarebbe andato bene. Quindi vedere Haywood a pochi metri di distanza mi confuse.

«Ah, sei tu.» Biascicai atona, fingendo di non essere sorpresa e riprendendo a maneggiare il pasticcio che avevo combinato.

«Quanto poco entusiasmo. E io che pensavo di piacerti!»
Per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva. I miei occhi vennero inchiodati dai suoi. Era serio?

Alzai un sopracciglio. «Stai flirtando con me?»

Ero piuttosto perplessa, a dire la verità. Prima mi trattava come una pedina del suo sporco gioco, quasi fossi indegna di condividere l'aria con lui, e poi si presentava qui come se niente fosse accaduto, come se non fosse un egocentrico narcisista.

«Non hai negato, quindi ti piaccio.» Constatò facendo qualche passo in mia direzione. «Buono a sapersi.»

Mi sorrise sfacciatamente e scrutandomi compiaciuto fece il giro attorno al bancone, accostandosi a me che, nel frattempo, ero rimasta immbobile, interdetta, indecisa se restare in silezio oppure se rispondergli a tono assicurandogli che, per quanto bello avesse potuto essere, non ci sarei mai stata con uno come lui, pieno di sè, Narciso in persona.

«Cosa ci fai qui?» Gli domandai iniziando a raccogliere con un panno semi umido le briciole sul tavolo e: «Heath non è qui e tua madre se n'è già andata.»

«Sono qui per te, in realtà.»

Bloccai i miei gesti e lo guardai di sfuggita prima di continuare a sistemare la cucina, come se le sue parole, sussurrate così vicino al mio orecchio, non mi avessero fatto rabbrividire e perdere l'equilibrio. Con il capo chino e fingendo di essere particolarmente impegnata, provai a regolare il mio respiro e a placare i battiti del mio cuore. Non pensavo potesse essere capace di scalpitare così forte e, per un attimo, ebbi paura che lui avrebbe potuto sentirlo.

«Ah si? Quale altro favore ti serve?» Replicai provando ad essere pungente, ma in realtà la mia voce uscì roca.

Invece di rispondere, Haywood mi scostò dal viso la ciocca di capelli che non mi ero nemmeno resa conto che fosse uscita dalla coda, me la sistemò delicatamente dietro le orecchie, e mi costrinse a lasciare la presa sulla teglia per poterlo guardare attentamente. Il suo volto era così vicino al mio che potevo vedermi riflessa nelle sue pupille, adesso più dilatate e luminose del solito. I suoi occhi erano verdissimi, quasi marroni verso il centro, e le sue labbra erano particolarmente rosee e sensuali.
Era molto bello e sapeva di esserlo. Avrei tanto voluto trovare qualcosa che potesse fargli cancellare quell'espressione, adesso angelica, dal viso, perchè mi rendeva stranamente vulnerabile, incapace di concentrarmi su altro che non lui.

«Volevo solo vederti.»

«Vedermi?» Gli feci eco, confusa.

Non mi sembrava di avergli dato l'impressione di essere disponibile a diventare sua amica, o viceversa, quindi non riuscivo proprio a capire che diavolo gli passasse per la testa. Erano ormai giorni che faceva avanti ed indietro nella mia vita, che irrompeva quando pensavo di poterlo archiviare una volta per tutte, che prima prometteva di non interferire e che, puntualmente, finiva per ficcare il naso dove non doveva.
Gli ero grata per avermi aiutata con sua madre, per carità, ma bisognava anche ricordare che mi ero sdebitata a dovere offrendogli una mano a mia volta: avevamo stretto un patto. Adesso avrebbe dovuto soltanto rispettare la sua parte, perciò non aveva alcun diritto di disturbarmi sul posto di lavoro.

«Sì, vederti. Cosa c'è di male?»

«Non saprei...» Scrollai le spalle. «Tutto non va.»

Haywood aggrottò le sopracciglia, come se non riuscisse proprio a capire cosa non andasse nel suo gesto, e io sospirai.

Succederebbe Tutto - H.S.Where stories live. Discover now