Capitolo 31. "1, 2, 3..."

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*Saint*
1, 2, 3... respira, mi dicevo.
Tentavo di mantenere la calma mentre divoravo con gli occhi il suo contatto nella rubrica.

1, 2, 3...
Dovevo avere il coraggio che mi era mancato fino ad allora, o sarei rimasto sempre così, sempre in retromarcia invece di andare avanti.

1, 2, 3...
Quante volte avrei dovuto contare prima di premere il tasto di chiamata?

1, 2, 3...
Pensai di abbandonare, di arrendermi.
Mi sentivo con una pistola puntata alla tempia, ed era Zee a tenerla, avrebbe deciso la mia sorte, era lui a scegliere se premere il grilletto o continuare a darmi la vita.

Le mani mi sudarono e sporcarono lo schermo ma non quanto le lacrime che stavo versando.
Lacrime di rabbia, di paura.
E se fosse andato avanti? Se avesse incontrato un'altra persona?
Ricordai le sciocche parole che dissi a me stesso, di quando ero convinto di poterlo lasciare a qualcun altro, ma a cosa pensavo?
Mi ero comportato di merda ma l'amavo, e sarei cambiato, volevo essere la versione migliore di me per lui.
A causa di quel cuore che non ne voleva saperne di smettere di battere il mio maglione sembrava muoversi.

3, 2, 1...

*Zee*
Non avevo più la saliva per parlare o anche solo per deglutire.
Il mio cuore, il mio intero organismo sembravano essersi fermati, mi mancò il fiato.
Da quando aveva così tanto coraggio? Non poteva averne prima?
Rimasi fisso a guardare quel nome per qualche secondo.
Quando alzai lo sguardo incontrai quello di Bas.
Il suo sorriso era svanito, ero convinto che avesse letto.
Non ci eravamo mai raccontati niente della nostra sofferenza, lui non aveva mai chiesto, neanche dopo il mio attacco di panico. Gliene fui grato ma sapevo anche che aveva capito perché stessi in quelle condizioni, proprio da quel momento.
Si alzò, non potevo credere che avesse gli occhi lucidi, non era da lui.
Mi sorrise, il più finto che avessi mai visto sulle sue labbra.

Bas: rispondi, torno subito.

Si voltò per andarsene.
Lui, la persona che affrontava tutte le situazioni, stava scappando?
Lo afferrai subito per un braccio mentre l'altra mano continuava a vibrare a causa di quell'oggetto infernale.
Non si girò per guardarmi, abbassò la testa e mi apparve più indifeso che mai.
Lo portai fuori di lì verso la spiaggia, lo lasciai solo per andare verso le onde.
Scavai nelle tasche del mio cappotto, presi quel bracciale che ormai non indossavo più e con tutta la forza che avevo lo scaraventai insieme al telefono verso la distesa blu.
Mi scese una lacrima sola, salata, più del mare.
Guardai per un po' davanti a me prima di girarmi verso di lui.
Non riuscii a trattenere i miei sentimenti e le mie paure, parlai sull'orlo del pianto.

Zee: io non voglio farti del male. Non voglio vederti soffrire, non per colpa mia.

Volevo continuare a parlare, dirgli che ero intrappolato tra presente e passato, che mi sentivo perseguitato da quello che era stato, che però guardavo a lui come il mio domani, che mi piaceva ma anche che il mio cuore era incerto.
Avrei voluto sputare tutto ma non ce la feci.
Lui si avvicinò di corsa, abbracciandomi, mentre io sentivo venire meno la forza nelle ginocchia che non riuscivano più a sostenermi, caddi.
Caddi sulla sabbia trascinandolo con me ed era questo che non volevo fare, portarlo sul fondo, sul mio lurido fondo.
Stavo contaminando la cosa più pura che mi fosse capitata.

Mi accarezzò la testa come quella volta, sciolse l'abbraccio per prendere il mio volto tra i palmi delle sue mani costringendomi a guardarlo.
L'odore del mare, della menta e del tabacco mi ricordarono che ero a casa, quindi riuscì ad ascoltarlo senza sprofondare nella disperazione del mio pianto.
Mi asciugò le guance passando i suoi pollici delicatamente.

Bas: devi fare quello che ti senti Zee, e se dovesse succedere...

Si fermò, sentivo che gli faceva male e mi odiai per quello che gli stavo facendo.

Non esiste il grigio.Место, где живут истории. Откройте их для себя