•XXI•

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-Non è stato facile, ma non ho avuto altra scelta che consegnarla- Berlino chiuse gli occhi ed emise un lungo sospiro, fingendo che stesse davvero soffrendo. Noi invece eravamo tutti seduti intorno al tavolo delle riunioni, mentre Berlino ci comunicava quello che aveva fatto a Tokyo.

Io ovviamente, avendo assistito alla scena, già ne ero a conoscenza, mentre invece sui volti degli altri si formò un'espressione strana. Era come se non ci credessero, ma, quando osservarono meglio la mia faccia e il finto dispiacere di Berlino, iniziarono a realizzare che fosse vero. Arrivati a quel punto, ci restarono di stucco, ma si impegnarono a nascondere questa loro emozione, per evitare di mostrare il benché minimo disaccordo con la decisione presa da Berlino.

Rio era l'unico a cui pareva non importare di questo. Anche lui aveva visto Tokyo, mentre veniva buttata fuori, legata su un carrello come un salame. L'aveva osservata dalla finestra quando i poliziotti le avevano puntato mille armi contro, quando le avevano ordinato di spogliarsi davanti a tutti e quando aveva tentato di scappare. Ma ahimè, per quanto riguardava questo suo tentativo mal riuscito di fuga, la colpa era proprio di Rio, che l'aveva chiamata a gran voce, facendola distrarre dalla corsa. Lui ora continuava a guardare Berlino, con gli occhi iniettati di odio, per avergli strappato la sua amata dalle mani e per averlo fatto all'improvviso, senza nemmeno concedergli la possibilità di dirgli addio.

-Prendetevi tutti per mano- alzai gli occhi al cielo e soffiai dalle narici -vi prego. Siamo qui a rischiare la vita tutti i giorni, non costa poi così tanto prendersi per mano, giusto?-. Scossi la testa, ma tutti sapevano che quello era un diritto che spettava solamente a me, per cui, dopo vari scambi di sguardi, piano piano l'ordine di Berlino venne eseguito in silenzio e con estrema diligenza.

Denver mi porse la sua mano e io, per non creare troppi problemi, decisi di adeguarmi e togliermi quel broncio dal viso. Poggiai delicatamente la mia mano sulla sua, per poi stringerla forte, come a voler cercare una sorta di intesa con lui. Il ragazzo mi guardò, non capendo cosa stessi facendo e io gli sorrisi in tutta risposta. In verità volevo solo che Berlino lo notasse e che si infastidisse, per mostrargli il mio dissenso riguardo le sue azioni.

Il topo non ci mise molto a cadere nella trappola, dato che si interruppe e mi porse prepotentemente anche la sua di mano, che afferrai subito, ma con molta meno convinzione. Anche quel gesto non passò inosservato, tanto che mi lanciò uno sguardo fulminante, a cui risposi con un sorriso compiaciuto.

-Quando una ferita si apre, le piastrine devono lavorare insieme per richiuderla, se non lo fanno il corpo alla fine muore. Anche da noi si è aperta una ferita, per cui adesso dobbiamo unirci- mi scappò una risatina e lasciai che lo sguardo di Berlino mi rimproverasse, era quasi eccitante, volendo essere sinceri.
-Ma tu perché cazzo parli di piastrine!- Rio, che non voleva prendere le mani di Nairobi e Mosca, sbottò e si guadagnò un richiamo molto più rumoroso del mio -Chi ti credi di essere? Un predicatore, il leader di una setta? Ma sì, viaggerete con lui nello spazio tenendovi per mano-.

Rio poteva benissimo ricevere un po' di ammirazione per questo suo gesto, dopotutto ce ne voleva di fegato per tenere testa a Berlino e soprattutto per dirgli che aveva torto marcio, anche quando era effettivamente così, come in quel caso. Tuttavia nell'ultima parte della frase aveva commesso un errore fatale: ci aveva dato degli stupidi, a tutti. Odiavo questo suo sentirsi superiore alle regole, quando invece i motivi che lo spingevano ad opporsi erano molto più infantili dei nostri per stare dalla parte di Berlino. Era talmente accecato, da quello che lui usava chiamare amore, da scordare i piani e le regole che davvero lo avevano trascinato in quel posto. Cosa pensava di ottenere in questo modo? Rispetto? Vendetta?

-Rio, devi assolutamente darti una calmata- Berlino si armò di tutta la pazienza che possedeva in corpo e lo riprese con un tono pacato.
-No, non mi calmo- buttò al vento l'unica occasione che aveva a disposizione per non farsi uccidere -Hai mandato Tokyo in carcere e hai anche il coraggio di chiedermi di calmarmi? È la mia ragazza, cazzo, la mia ragazza e le hai rovinato la vita-. Come volevasi dimostrare le sue ragioni erano meramente egoistiche e anche alquanto insignificanti.

BELLA CIAO {Berlino} [LA CASA DI CARTA]Where stories live. Discover now