•XII•

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-Che stanchezza- Rio si sedette sulla cima della scalinata, proprio di fronte agli ostaggi che dormivano esausti nei loro sacchi a pelo. Mi accomodai accanto a lui, mentre cercavo nella mia testa qualcosa da dire.
-Hai ragione, sono esausta- sospirai, non trovando nulla di meglio.

Restammo in silenzio, con l'implicita scusa di non svegliare gli altri, ma in realtà ad entrambi mancava la voglia, o forse il coraggio, di parlare. Tuttavia sapevamo bene che dovevamo farlo e pensai di dover cominciare io, perché dopotutto ero io ad esser rimasta in silenzio per tutto quel tempo sulla faccenda di Berlino.

-Mi manca il nostro albero- cercai di partire comunque prenderla alla larga.
-Eppure nemmeno lì mi hai detto nulla...- Rio invece sembrava che volesse arrivare dritto al punto, senza troppi giri di parole.
-Hai ragione, avrei dovuto dirtelo, anche se in realtà il grosso è successo solamente ieri- provai a giustificarmi, ma non con molto successo, perché alla fine sapevo anch'io di essere nel torto.

Chissà perché non riuscivo ad essere schietta e sincera con lui, anche in quel momento che ormai era al corrente di tutto. C'era qualcosa che mi bloccava, qualcosa che mi impediva di aprirmi riguardo a quell'argomento, ma non per riservatezza o cose simili. Avevo soltanto paura che lui mi aprisse gli occhi e che mi risvegliasse dal bellissimo sogno che stavo vivendo, perché solo Rio era in grado di farlo. Nairobi ed Helsinki, infatti, mi sostenevano in tutto quello che facevo e questo non perché volessero soltanto proteggermi da una brutta verità, ma perché loro ci credevano insieme a me.

Rio invece non ne era capace, come anche me del resto, ma la differenza stava nel fatto che, mentre io non l'avevo messo in guardia da Tokyo, dicendogli quello che realmente pensavo di lei e della loro relazione, lui ne avrebbe avuto il coraggio.

-Tu non me l'hai detto perché sapevi che ti avrei detto stavi facendo una stronzata- non mi diede nemmeno il tempo di pensarlo, che diede conferma al mio precedente timore.
-Questo non è vero, perché non sto facendo niente di folle, mica mi ci sto sposando!- non ci pensai troppo e gli sferrai un colpo veramente basso, ma in fondo era stato lui ad aprire il fuoco.
-Non mi hai nemmeno chiesto che cosa ha risposto...- rispose subito all'attacco e forse era stato anche più abile di me nel sferrarlo perché aveva ragione: ero stata talmente presa dalla rapina, dall'affare con Berlino e da non so che altro, che ero completamente dimenticata di cosa stesse passando lui.

Ero davvero una pessima amica.

-Aveva detto di sì- mi guardò e, sebbene la luce fosse debole, riuscii a scorgere un luccichio nei suoi occhi. Non ci pensai due volte e lo abbracciai forte. Eravamo due criminali che stavano partecipando a un colpo che avrebbe fatto la storia di tutta la Spagna, ma in fondo eravamo comunque due stupidi ragazzini innamorati.

Quanto sarebbe stato più semplice se lo fossimo stati l'uno dell'altro, perché in quel caso saremmo stati più onesti, più limpidi e senza stupidi giochetti, che piacevano tanto alle persone che invece ci eravamo scelti.

Il contatto tra noi era così familiare e rassicurante, dato che non confortò solo lui, ma anche me. Posò la sua testa sulla mia spalla e una lacrima arrivò a bagnarmi la tuta, all'altezza del petto. Iniziai ad accarezzare i suoi capelli ricci e morbidi, intanto che lui si lasciava coccolare, abbandonando per un po' le sue sofferenze.

-Non riuscirò mai a capirla , ma oggi, quando ha visto che potevi essere morto, ha sparato senza pensarci due volte e mi ha anche spinta via pur di abbracciarti. Perciò, se davvero è lei che vuoi, devi darle un po' di tempo per farle elaborare la cosa, perché alla fine ci tiene a te- dal nulla mi ritrovai a difenderla, perché sapevo bene che con o senza il mio appoggio lui sarebbe comunque rimasto innamorato di lei, per cui tanto valeva sostenerlo.

BELLA CIAO {Berlino} [LA CASA DI CARTA]Where stories live. Discover now