32° Capitolo

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"Dimmi che non fai sul serio" dissi al limite della pazienza. Non ci credo. Ha davvero sabotato il mio 'primo appuntamento' con Akai? Di tutta risposta, lui rise.
"Lo trovi di divertente? Sul serio? Sei davvero il peggiore." continuava a sogghignare "Sai? Dopo il lavoro di oggi pensavo che alla fine mi avresti lasciata in pace. Non ho mai dato segno di volerti tradire. Sono tutti allo scuro della tua maledettissima situazione all'interno dell'Organizzazione." sentivo bruciare la gola, la voce più tremolante. Mi slacciai frettolosamente la cintura, non volevo vederlo.
"Lasciami in pace, non voglio avere niente a che fare con te. Non ti avvicinare più a me, hai capito?" sentii la mia guancia inumidirsi a causa di piccole lacrime pronte a rigare il mio viso. Ero davvero frustrata. Non tanto per l'appuntamento a dir la verità. Ci tenevo, si. Ma Amuro, i suoi modi, la sua doppia identità, le sue minacce. L'ho sopportato per tanto tempo e quando pensavo fosse tutto finito, ricomparve. Aprii la portiera dell'auto, decisa più che mai ad allontanarmi il più possibile da lui e da quel posto. Prima che potessi farlo mi afferrò saldamente il polso, tirandomi all'indietro, verso di lui. "Con chi credi di avere a che fare Sherry?" Sentii il suono del suo tocco sul grilletto. "Sherry è morta tempo fa... Bourbon." dissi acida. Non mi importò più dell'arma che puntava contro di me. Presi la borsa nera al mio fianco e uscii dal suo veicolo camminando rapidamente senza mai voltarmi.

-"È tutta tua, Bourbon." chiamata terminata-

Il luogo, con la vicinanza del lago presumo, era abbastanza umido e fresco. Iniziai a starnutire, motivo per il quale mi affrettai a cercare un qualsiasi posto chiuso dove potessi prendere un po' da bere e fare una telefonata. Camminai per un bel po' lungo quelle strade illuminate solo dalla luce notturna. Sentivo i miei tacchi fare dell'eccessivo rumore, il ché mi metteva molto a disagio dato che ero l'unica a vagare senza meta a quell'ora.
Si erano fatte le 21.30. Ero sola, infreddolita e furiosa. Non solo mi ero persa ma, immersa nei miei pensieri, presi una storta. Conoscevo alla perfezione le pratiche anti-slogamento  e per fortuna vidi due figure avvicinarsi.
"Scusa, ti serve una mano?" disse gentilmente uno dei due ragazzi. Un po' in imbarazzo chiesi loro se mi potessero prestare il telefono per farmi venire a prendere. Lui acconsentì sorridente ma, non appena mise la mano tra le tasche alzando senza cautela alcuna la giacca, vidi un'arma.
Certo. Era così ovvio sin dall'inizio che l'Organizzazione volesse togliermi di mezzo. Devo ammetterlo: Amuro ha fatto proprio un bel lavoro abbindolandomi così. Prima a scuola, poi a casa, persino tra i miei amici è riuscito ad avere un posto. L'unico errore la cui ragione non riesco a capire è perché non mi sta puntando lui la pistola in questo momento. Perché non è lui a scacciarmi finalmente da questo mondo. "E così sei tu la famosa e fastidiosa spina nel fianco dell'Organizzazione, eh?" rise il ragazzo dietro, puntandomi anche lui un'arma contro. "La fantomatica scienziata ribelle: Sherry" sorrise perfido il ragazzo dal viso precedentemente gentile. "Avanti fai la brava e lascia che questi due bravi ragazzi ti portino in un luogo un po' più..." si scambiarono uno sguardo d'intesa "...appartato". Non c'era letteralmente nessuno per le strade. Nessuno che mi potesse salvare. Nessuno che potesse morire a causa mia, per fortuna. Quella era l'unica cosa che speravo. Mi presero e mi trascinarono fino ad arrivare ad un vicolo poco più avanti. Sentivo come il dolore alla caviglia si facesse sempre più intenso. Mi buttarono a terra e battei forte la testa sul muro del palazzo alle mie spalle, aggravando di più la situazione. Uno dei due cominciò ad alzarmi la gonna frettolosamente. "Sai? Gin ci ha dato l'ordine di ucciderti senza farci problemi nel come o nel quando precisamente." sorrise iniziando ad abbassare la zip dei suoi pantaloni. A quel punto mi lasciai andare, sperando che la contusione alla testa non mi facesse sentire più nulla dato che ormai stavo perdendo i sensi. "Sarà un vero spasso" si avvicinò a me. Passò le sue gelide mani lungo le mie cosce accavallandomi poi sulle sue gambe. "Eccoti finalmente, pensavamo non saresti più arrivato." sentii dire all'uomo che continuava a puntarmi la sua arma alla testa. Vidi avvicinarsi un'ombra lungo il vicolo. "Vuoi favorire?" risero di gusto. Poi sentii due spari. Netti. Forti. Il loro sangue era schizzato dappertutto. Lo sentivo su di me. Lo sentivo bagnare le mie gambe a terra.
Vidi questa ombra avvicinarsi ai corpi senza vita dei due uomini e sparare ancora e ancora sui loro cadaveri.
In seguito, mi sentii sollevare e smisi finalmente di preoccuparmi. Svenni.

| BOURBON |

Non ci vedevo più dalla rabbia. Il mio sangue ribolliva nelle vene alla vista di ciò che stavano per fare.
"Vuoi favorire?"
Vidi la confusione nei suoi occhi, una macchia di sangue dietro la nuca, una caviglia violacea e dei lividi lungo le gambe. Come avevano osato toccarla. Come avevano osato anche solo sfiorarla.
Ho estratto la pistola e in meno di due secondi erano distesi a terra. Morti.
È ciò che si meritavano. Dovevano pagare. Si, dovevano morire.
Sollevai l'esile corpo della rossa ormai svenuta coprendola con la mia giacca. Vederla in quello stato a causa mia aumentó la mia ira e la mia frustrazione. Mai prima d'ora provai queste emozioni. Non mi preoccupai di nascondere i corpi. Sapevo che avrei dovuto rispondere per le mie azioni all'Organizzazione. Ma non avevo paura. Né di Gin né degli altri. So come lavorano. Sentivo che dovevo solo proteggerla. M'importava più di lei in questo momento.
Cosa mi succede? Perché ho ucciso quei due che stavano eseguendo gli ordini? Perché non riesco ad abbandonarla qui, al freddo, da sola? Perché sento questo grande senso di colpa che mi tormenta dentro?
Odio tutto questo.
La porto in un posto sicuro. Da un alleato potente. Non è il capo ma, è molto vicina a lui.
Mi diede molto fastidio che continuasse a ridacchiare mentre le spiegavo la situazione al telefono, mentre guidavo.
"Sono serio. Aiutami. Ti restituirò il favore." Le parlavo con un tono freddo e acido al contempo poiché innervosito da quel suo comportamento.
"Ah che pena che mi fai." strinsi i denti "Sei sceso in basso, piccolo Bourbon." accaldò la voce. Deduco stia bevendo al momento.
"Dammi-la tua-posizione" le dissi perdendo ormai la pazienza. "Sembri proprio disperato!" continuò ridendo.
"Vermouth. La posizione. Ora."

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Buonasera mio/a caro/a lettore/rice,
come va?
Ecco qui un nuovo capitolo per te
che continui a seguire quest'opera.
Voglio ringraziarti di cuore per i commenti che lasci o semplicemente per la stella a fine capitolo. Non è qualcosa a cui miro personalmente ma, con queste piccole presenze o gesti/notifiche mi fai capire che la storia di questi due grandi personaggi ti continua ad intrigare.
Grazie mille per il tuo supporto!
Alla prossima!🔥

Zero || BourbonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora