vi. superbia

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R O Y A L

Royal rimpiangeva tutto. Un grugnito sfuggì dalle labbra strette fra loro, i denti così serrati da percepire sulla lingua il ramato sapore del sangue. «non era questo il piano» sibilò contrariato, tenendo il braccio teso di fronte a sé perché lui, al contrario di qualcun altro, seguiva sempre i piani. Odiava non rispettare scadenze e tempistiche; odiava la precarietà dell'improvvisazione; odiava arrivare da un punto A ad un punto C senza prima passare dal B.
E odiava Conrad. Pareva un discorso non correlato al precedente, ed invece rappresentava il fulcro della questione, dato che tutti i punti sopracitati facevano parte del ragazzo quanto la bandana o il frivolo battere di ciglia. Non seguiva i piani; era un improvvisatore naturale; l'unica logica che conoscesse, era quella di dover aprire i pacchetti per poter arrivare alle patatine, non dissimile da una scimmia che sapesse di dover sbucciare una banana prima di mangiarla. Si sarebbe potuto dire che Royal odiasse i Conrad e tutto quello che rappresentassero – caos - e non lui nello specifico, ma non sapeva quanto del proprio astio derivasse dai continui fallimenti di cui avrebbe potuto biasimare dieci e cento altri soggetti quali il già nominato, e quanto dipendesse invece dallo stupido sorriso che l'altro gli rivolgeva quando sapeva di aver mandato tutto a puttane, e sapeva che Roy non avrebbe fatto nulla in proposito. Denti fin troppo affilati a far capolino dalle labbra sottili come una promessa, o una minaccia, o qualcosa di non detto che viaggiava fra i due estremi. Non poteva sapere se sarebbe stato lo stesso con chiunque. In compenso, sapeva benissimo di odiare quel Conrad, e preferiva aggrapparsi ai fatti che alle ipotesi. Non distolse lo sguardo dall'altro neanche quando il moro e la pelatina si accorsero della sua presenza, voltandosi e sibilando ingiurie rabbiose l'una, ed esclamazioni colorite su palette e cieli beati (davvero? Davvero?) l'altro. «roy, uhm, amico» Amico, mimò con divertita malizia Conrad alzando gli angoli delle labbra. Royal lo ignorò. Arcuò le sopracciglia bionde facendo scivolare lento e intenzionale gli occhi scuri sul ragazzo che aveva appena parlato. C'era qualcosa di...di? Indefinito. C'era qualcosa nello sguardo dell'esploratore (pantaloni da paracadutista e giacca a vento? il look da Bear Grylls non donava al suo volto da Bambi; a meno che non fosse intenzionato a dare l'impressione di una Dora a cercar colline, aveva fatto diverse scelte sbagliate nella vita) che gli fece quasi decidere di aumentare la pressione dell'indice per il puro gusto di poterlo fare. Quasi. Royal non cedeva così facilmente ad alcun genere di istinto, neanche quando, pur senza un motivo specifico, sembrava potesse travolgerlo con un'ondata di sordida soddisfazione. Pensava troppo a lungo termine, per sottomettersi al piacere provvisorio. «penso tu ti sia confuso» Continuò il ragazzo sconosciuto, umettando le labbra. Dubitava fosse quello il caso, per cui non gli rispose. «cioè, insomma, perché mai dovresti tenere una pistola puntata contro di noi? forse dalla tasca volevi prendere una caramella come gesto d'amicizia e fratellanza. vuoi che controlli per te?» «skit» ringhiò la ragazza, il pugno stretto sulla giacca dell'altro come potesse fisicamente trattenerlo dall'essere stupido. Purtroppo, non funzionava: esperienza personale. Lo studiò a palpebre assottigliate, sancendo secco un «non mi piaci» malgrado nessuno avesse chiesto la sua opinione, senza accennare ad allentare la presa sull'arma da fuoco. Si sentiva sempre in dovere di constatare l'ovvio, soprattutto quando i suoi interlocutori rendevano palese di aver bisogno di delucidazioni su argomenti irraggiungibili dal loro vile quoziente intellettivo. «roy! hai una caramella in tasca e non me l'hai offerta? rude» Che tentazione, quella di spostare i due sconosciuti dalla traiettoria, e piantare la canna sotto il mento di Conrad. Avrebbero dovuto essere un fronte unito. Era il loro maledetto piano, quello di cogliere di sorpresa le due potenziali minacce così da neutralizzarli prima che potessero rivelarsi effettivamente tali: perché diamine stava giocando per la loro squadra? Perché è un Conrad, si rispose; in effetti, era una risposta lecita che non avrebbe mai dovuto dimenticare, ma per la quale talvolta sceglieva di concedere il beneficio del dubbio. Aveva resistito per mesi - giorni, anni - alla tentazione di piantare l'arma fra gli occhi nocciola di Conrad, e si costrinse a resistere anche quel giorno: chi l'avrebbe sentita Noah, se l'avesse privata del suo compagno di manicure. Se succede qualcosa a Rad, gli aveva detto prima che lui e Conrad lasciassero l'accampamento, dovrai farti le unghie con me tutti i giorni, Roy; tutti i giorni. Mai minaccia fu miglior deterrente alla discutibile etica morale di Royal. Conrad dovette percepire la corrente di pensiero di Royal, perché strizzò gli occhi ed ampliò il sorriso sulle labbra. Non lo faresti, gli aveva detto al loro primo incontro, occhi nocciola spalancati nella sua direzione poco prima che Roy premesse il grilletto. E malgrado il buco sulla sua scarpa dove il proiettile aveva sfondato tela e piede fosse testimone del contrario (gli aveva domandato perché non avesse ancora cambiato scarpe; «mi ricorda come ci siamo conosciuti» che avrebbe potuto essere segno di un sottile senso di autoconservazione, se arcuando malizioso le sopracciglia non avesse aggiunto «lo trovo romantico» demoralizzando la già poca speranza nell'universo di Royal), la smorfia che il ragazzo con la bandana gli stava rivolgendo in quel momento era ancora disposta a crederci, che non l'avrebbe fatto.
E Royal lo odiava perché aveva ragione. «non era questo il piano» ribadì ruvido, senza tentennare malgrado i muscoli, troppo a lungo in tensione, iniziassero a ribellarsi. Senza apparire stupidi, si poteva tenere una pistola puntata contro qualcuno per tempi limitati, non solo a causa di motivi fisici - tremore alle braccia che avrebbe invalidato non solo un eventuale confronto, ma anche la sua reputazione, facendolo apparire come un vecchio con malattie degenerative - ma anche puramente logici: a quel punto della conversazione, con soggetti senzienti che non sprecassero il suo tempo e prendessero sul serio la minaccia in corso, si sarebbe già dovuti essere arrivati al punto in cui o si riponeva l'arma in una tregua mutuale, o si apriva il fuoco. Ma no, sarebbe stato chiedere troppo che avessero un minimo di considerazione per lo sforzo di chi stava attentando alla loro sopravvivenza: che mestizia. «i piani sono sopravvalutati. bisogna adattarsi alle circostanze» Conrad fece spallucce, l'indice a spingere gli occhiali sulla radice del naso. Royal non era d'accordo, quindi «non sono d'accordo» perché raramente teneva il proprio disappunto per sé senza sentirsi obbligato a condividerlo, a cui l'altro ribatté alzando gli occhi al cielo. «non lo sei mai» Gli avrebbe anche ricordato che dovesse solo ringraziarlo ci fosse ancora qualcuno a mantenere un minimo di senso dove null'altro sembrava averlo, e che il giorno in cui fossero stati concordi su qualcosa sarebbe stato il giorno in cui avesse deciso di cedere alla follia e tutti loro sarebbero morti, ma un grugnito sommesso s'insinuò fra loro facendogli irrigidire le spalle. «vedi quello che vedo io?» «due idioti apparsi dal nulla, nel nulla della nostra esistenza, che ci minacciano con una pistola, skit? sì, direi di sì» il moro, che non stupendo affatto Royal aveva un nome stupido quale Skit, corrugò le sopracciglia verso la ragazza al suo fianco. «devi davvero rivedere le tue priorità, doc» sotto lo sguardo dubbioso di Doc e Royal - e prevedibilmente non di Conrad, il quale sorrideva come sapesse dove l'altro volesse andare a parare. Conoscendolo, probabilmente era così - umettò la punta dell'indice e saggiò l'aria. «la tensione» Skit ruotò gli occhi inchiostro sul broncio («non è un broncio. È la mia espressione naturale» diceva, sapendo che lo fosse ma odiando ammetterlo) di Royal, sopracciglia brune a scattare verso l'alto. «sessuale.» precisò, malgrado il tono deducesse fosse stato implicito e non esistesse altro genere di tensione.
Una pausa. «sto per premere il grilletto» avvisò, perché era educato. Doc sfrecciò in avanti mettendosi di fronte a Skit, non senza prima averlo colpito con una gomitata allo sterno, sfidandolo con occhi cerulei a sparare a entrambi.
...Che dire. Sfida accettata. Premette il grilletto, e - «ROY, NO!»
Maledisse mentalmente Conrad – e se stesso, ed ogni decisione presa sino a quel momento - alzando il braccio all'ultimo momento per deviare il colpo al cielo. L'eco gli vibrò nel palmo e sul braccio, grezzo su pelle e cuore, rimbalzando da un orecchio all'altro fino a dissiparsi. Ne seguirono due beati, oh così beati, secondi di silenzio che assaporò sulla lingua come il più raro ed invecchiato dei vini.
«merda, l'avresti fatto davvero» sbottò Skit, osservandolo ad occhi sgranati come se fino a quel momento l'avesse guardato, e non visto. Trovò un po' offensivo che avesse creduto non l'avrebbe fatto. Gliel'avrebbe anche fatto notare, se Doc non avesse iniziato ad inveire contro di lui. «psicopatico del cazzo» soffiò fra i denti, le spalle a tremare di rabbia e adrenalina. Era quella, la partita che la ragazza voleva giocarsi? Sollevò un sopracciglio verso di lei. «denunciami» Propose melenso, offrendole un dono raro e prezioso.
Le sorrise. Uno di quei sorrisi belli da morire, tutto labbra tese e denti bianchi, a cui Conrad reagì aspirando l'aria fra i denti.
«oh oh. Questo non è mai un buon segno» Le parole di Conrad scatenarono due reazioni uguale e contrarie: i muscoli di Doc si irrigidirono, e Skit iniziò ad indietreggiare lentamente fino a trovarsi spalla contro spalla con il primo. Royal alzò un sopracciglio ma non commentò, né distolse lo sguardo dal sorriso gemello ed opposto al proprio della ragazza. Apprezzava che Skit avesse avuto abbastanza senno – del quale non l'aveva creduto capace; era quasi impressionato – da prendere le distanze dalla sua compagna d'avventura, dimostrando che malgrado la triste uscita di poco prima, conoscesse ben più di un genere di tensione. Era conoscenza comune che l'erba cattiva andasse allontanata così che morisse sola, ed il moro guadagnò qualche punto nella scala gerarchica di Royal per essersene dimostrato consapevole. E li perse subito, sempre in conseguenza dello spostamento al fianco di Conrad - perché era Conrad, e lui un maledetto sconosciuto – ed ancora quando replicò «lo so» scambiandosi un'occhiata complice con l'altro. Finì sotto la piramide alimentare, quando lo sguardo di entrambi si fece confuso ed allo stesso tempo domandarono «in che senso?», creandosi una bolla di sorrisi cospiratori e pugni picchiati in cameratismo.
Era una questione di principio. Di fiducia. Sarebbe stata una menzogna dire che Royal non giudicasse dalle apparenze, lo faceva, ma a quei pregiudizi si aggiungevano quelli dettati dal raziocinio, una mancanza di fede basilare giustificata dal non conoscere Skit, e conoscere Rad, e Cristo, Conrad; Cristo. Cosa non gli era chiaro di "potenziale minaccia"? «conrad -» Grugnì, cercando gli occhi dell'altro.
Errore fatale quello di distrarre l'attenzione dalla ragazza per riporla sull'idiota con la bandana. La parte peggiore? Nel momento in cui gli occhi ebano scivolarono oltre le spalle di Doc per fermarsi su Conrad, ne era maledettamente consapevole di star facendo una cazzata. Non tollerava commettere errori, soprattutto se così banali e superflui, ma non poteva tollerare neanche quello, ed alla fine era tutta questione di scelte.
Mentiva, quando diceva di rimpiangere tutto.
Rimpiangeva quasi, tutto.
Il secondo successivo, Roy si ritrovò a terra senza aver capito come, e Doc aveva allontanato la pistola dalla sua mano. Con la schiena premuta sul cemento, Roy alzò lo sguardo verso la ragazza che torreggiava su di lui. Osservò la contagiosa ferocia sul suo viso assorbendola senza rimanerne infetto, incassando il colpo con un sorriso asciutto. «il mio codice d'onore prevede le pari opportunità. non sfidare la sorte solo perché sei una - » Un sibilo a diversi metri da loro. «non dirlo. Non ad alta voce. Non dirlo» Ma l'avviso di Skit rimase inascoltato.
Per principio. Un paio di secondi prima, a causa di un'errata scelta d'alleanza traditrice, Royal aveva preso mentalmente nota di non ascoltare mai cosa Skit avesse da dire, tentato addirittura di fingere non esistesse, e lui era coerente. «- ragazza.»
L'ultima cosa che sentì prima del ringhio furioso di Doc a strappare ogni altro suono dal mondo, fu il sospiro di Skit. «l'ha detto.»
E non poteva vederlo, ma giurò di sentirci un sorriso. 

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⏰ Last updated: May 24, 2020 ⏰

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7sec | Sette Secondi Alla Fine Del MondoWhere stories live. Discover now