v. gola

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S K I T

«e quindi,» Skit abbassò interrogativo lo sguardo su Doc, i cui occhi azzurri erano testardamente puntati sul cemento sotto i loro piedi. Non sapeva da quanto camminassero - non aveva bisogno di possedere un senso del tempo dentro quella realtà, quindi non ci provava neanche - né aveva idea di dove stessero andando: aveva semplicemente acconsentito ad uscire («per dove?» «ovunque ma non qui»), e quelle erano le prime parole pronunciate da Doc in ore. O forse secondi, o forse minuti. Il tempo aveva l'importanza che gli si dava, e Skit non era intenzionato a dargliene. Registrò lo stringersi nervoso dei pugni nascosti nelle tasche della felpa, e come continuasse a spingere il tessuto in avanti nella maniera distratta delle abitudini dimenticate. Quel movimento bastò a spiegare perché tutte, proprio tutte, le felpe del ragazzo fossero sformate: non solo aveva un pessimo gusto nello stile (Skit aveva girovagato per l'armadio di Doc, incapace di farsi i fatti propri, e ne era uscito con un nuovo insulto appiccicato alla pelle da parte del padrone di casa, e diverse risposte a domande non ancora formulate: ad esempio, una sfilza di nero e grigio che non preannunciava nulla di gioioso nella natura di Doc; non che si fosse aspettato il contrario, ma sarebbe stata una menzogna dire che non ci avesse perlomeno sperato - neanche un pigiama con i disegni dei cartoni animati? Cosa sei, Doc, un mostro?), ma anche una profonda mancanza di rispetto per i propri abiti. «e quindi» ribattè, quando l'altro non parve intenzionato a proseguire il discorso, invitandolo a concludere. Aveva interrotto il suo monologo sulle radiazioni e su come fosse plausibile fossero la causa della loro amnesia, forse aggiungendo giusto qualcosa su massoneria ed illuminati come causa scatenante, il minimo che potesse fare era avere un buon motivo. Doc si umettò le labbra - sta cercando di prendere tempo; Skit aveva notato quel tic più di una volta, ed ormai poteva dire, o perlomeno credere, di saperlo interpretare - e scosse il capo, ridendo ruvido e senza allegria. «nessuno dei due ricorda nulla» Annuí e confermò. «nulla» «non sappiamo dove siamo, o cosa sia successo a tutti gli altri» Seguí lo sguardo di Doc su una bicicletta abbandonata sul marciapiede. Scrollò il capo per liberarsi della sensazione che da un momento all'altro sarebbe spuntato il proprietario, e con un sorriso cortese li avrebbe superati per tornare a pedalare senza un pensiero al mondo; era un'idea confortevole, ma anche falsa: nessun bambino sarebbe apparso da dietro l'angolo per continuare un gioco interrotto per sbaglio. Lo sapeva Skit, ed a giudicare dal naso arricciato, lo sapeva anche Doc. Era un mondo abbandonato a se stesso, il loro. Una realtà in medias res. E no, non aveva assolutamente idea di come facesse a conoscere quel termine, ma si sentiva molto intelligente ad annoverarlo nel proprio vocabolario. Forse ero un genio; forse ho creato una macchina del tempo, o una frattura dimensionale, e questi sono i catastrofici risultati delle mie scoperte. «ma abbiamo delle teorie» puntualizzò Skit. «hai» ribatté seccato l'altro, distanziandosi da qualunque soluzione proposta da Skit: rude. «ti avevo quasi convinto sull'apocalisse zombie» gli ricordò, arricciando un sorriso nella sua direzione. Doc tentò di lanciargli un'occhiataccia, ma fallí nello scontrarsi con il ghigno leggero del moro, sbuffando infine solo un sospiro. «perchè credevo-non importa» liquidò, ancora, stringendo le labbra in una linea sottile e corrugando le sopracciglia. Di quel passo, avrebbe avuto più rughe che insulse felpe nere - ed era tutto dire. «perchè fai sempre così?» avrebbe potuto essere un soffio esausto quello di Skit, stanco dei silenzi dopo mesi - giorni, anni - senza incontrare anima viva, ma non lo era: era solo curioso. Voleva solo...capirlo, scalfire un'apparenza della quale, lasciati a loro stessi, non avevano bisogno. Della quale credeva non avessero bisogno mai, ma chi era lui per giudicare i meccanismi di difesa altrui. Che ne sapeva, del mondo di Doc. «cosí come?» «non finisci mai una frase» gli fece notare. «cioè, doc, non è che abbia di meglio da fare che ascoltarti» allargò il sorriso sulle labbra, senza rallentare l'andatura malgrado un suo passo necessitasse due passi di Doc; non gli sembrava il tipo di persona che l'avrebbe apprezzato. «anche se sono cazzate, posso trovare il tempo di sentirle» aveva creduto di aver mantenuto un tono scherzoso e leggero, di aver contenuto la supplica dietro quella richiesta, ma a giudicare dal silenzio dell'altro, doveva esserci stato più di quanto all'orecchio sembrasse, in quella constatazione. Forse per Skit; forse per Doc. Forse per entrambi e qualcuno in più. «non è per quello» replicò infine l'altro in un bisbiglio, dopo secondi che parvero ore. «non vedo il motivo di continuare una frase che so essere scontata» Doc si strinse nelle spalle. «magari io sì» e la risposta di Skit gli fece guadagnare un'altra occhiata sorpresa ed intensa: anche Doc, a suo modo, stava cercando di capirlo. Apprezzava il tentativo abbastanza da sorridergli cauto e conciliante. Avevano semplicemente due approcci differenti allo studio - metodico e ordinato uno, caotico e pieno di post it l'altro. Chiaramente Skit era quello ordinato. «non un mio problema» ma nel dirlo spillò un sorriso a Skit, e Doc era abbastanza tirchio sui sorrisi che Skit la considerò una vittoria. «ho come la sensazione che tu ti trattenga sempre perché pensi non mi interessi cos'hai da dire» riflettè ad alta voce, continuando a camminare, prendendosi più confidenza di quella concessa. Non c'era abbastanza spazio nella mente di Skit perché i pensieri potessero rimanerci a galla: uscivano sempre, anche - se non soprattutto - quando non richiesti. «e, ripeto, non è assolutamente - doc?» si interruppe; non si era accorto che l'altro si fosse fermato. Si voltò verso di lui trovandolo poco distante, capo chino e petto a sollevarsi rapido, pugni a chiudersi e riaprirsi ancora nascosti dentro la felpa. «non sai un cazzo di me» sibilò Doc, così assottigliato fra denti e palato che una minima interferenza dell'ambiente non gliel'avrebbe fatto sentire. Non che corressero rischi simili: non c'era alcun suono, eccetto quello dei loro passi. «smettila di fingere» continuò. «fingere cosa?» «di conoscermi» non c'era nulla di piacevole nel freddo delle iridi ghiaccio che l'altro sollevò su Skit, ma Skit se lo fece piacere comunque. Era qualcosa di reale, quel distacco - quella rabbia, quel disgusto a torcere le labbra. Era uno spiraglio di ciò che teneva nascosto sotto strati di nero e grigio. Era un allontanamento che lo faceva sentire più vicino. «che tutto vada bene. che-» Doc spostò gli occhi sullo steccato bianco che divideva le modeste ville a schiera al loro fianco, facendolo scivolare denso sulle finestre buie e le cassette delle lettere vuote. «che questo sia normale» chiuse gli occhi, e Skit non si spostò di un millimetro. «non lo è. non lo è» concluse Doc. Dato che Skit era un signore, finse di non sentire la crepa nel tono, come a metà si fosse spezzato incredulo e disperato. «mi sta mandando fuori di testa» era una confessione? Una richiesta d'aiuto? Cosa poteva significare, quello, per uno Skit. Si sentiva frenato e contenuto; si sentiva più consumato che accelerante. Ma Skit non era - non era mai stato, lo sentiva - il genere di ragazzo che rispondeva alla rabbia con altra rabbia; era quello di conversazioni con il cuore in mano, ma mai a cuore aperto. Era il proprio sole, non quello degli altri. Quindi gli sorrise, lento e intenzionale, portando l'indice alla propria tempia. «magari sei pazzo. magari è tutto nella tua testa» Una scintilla cruda quella nel ghigno di Skit. «se ti ammazzo, rimani morto?» Rise all'osservazione di Doc, perché in effetti, date le capacità di guarigione, era una domanda lecita; quando lui non ricambiò, osservandolo invece con gli stessi occhi che Frankenstein doveva aver rivolto alla propria Creatura, comprese che oltre a essere lecita, la domanda fosse interessata. Il sorriso morì sulle labbra del moro rimanendo solo un apostrofo a fior di bocca. «è una minaccia, o una riflessione?» Non avrebbe dovuto, perché non era quella l'intenzione dietro il sorriso crudele che Doc gli rivolse, ma la smorfia sulla bocca dell'altro gli piacque. Ancora realtà; ah, quanto gli piaceva quell'assaggio di vita. «entrambe» rimase in silenzio osservandolo a palpebre assottigliate. Skit lo guardò, e lo guardò sul serio, spalancando gli occhi neri mentre la consapevolezza scivolava dolce sotto pelle. «mi stai prendendo in giro» una risata scivolò muta sulle labbra di Doc allentando una stretta al costato del quale Skit non si era accorto. «in parte» Doc spinse il cappuccio scuro sul capo, raggiungendolo con l'espressione più divertita con il quale l'avesse mai visto. «stavi scherzando. quindi sai scherzare» il sorriso di Skit era incredulo e sconvolto, con tanto di mano di fronte alla bocca mentre riprendevano il loro cammino. «sono impressionato» «ho detto in parte, non ho specificato quale parte» ma la gomitata al fianco, gli suggerì quale fosse la risposta.

Fu a quel punto che accadde qualcosa del tutto inaspettato. Perché stavano ancora camminando, Doc e Skit, ancora cercando di comprendere come adattarsi l'uno all'altro occupando ogni spazio vuoto, tentando di interpretarsi ed essere qualcuno in un caotico mare di nulla, quando -

«mi chiedevo giusto la stessa cosa»

Un ragazzo al centro della strada.

(da dove era arrivato)

(perché non l'avevano sentito arrivare)

Skit si bloccò, bocca aperta ed occhi spalancati, mentre Doc avanzava istintivamente di un passo allungando un braccio per spingere il moro oltre le proprie spalle. Skit osservò lo scarso metro e sessanta di furia piazzarsi fra sé ed il nemico, e non riuscì - né fu intenzionato a farlo - a trattenere una risata morbida e divertita. Forse non la reazione migliore considerando che in quell'universo di solitudine era apparsa una nuova incognita, ma l'unica che potesse offrire. Il ragazzo di fronte a loro non sorrideva, ma non sembrava neanche essere sul piede di guerra. Arrotolò le labbra attorno alla cannuccia del succo di frutta, osservandoli curioso ed attento. Non stupito, il che avrebbe dovuto far suonare diversi campanelli d'allarme nell'istinto di auto conservazione di Skit (ma non lo fece), solo pensoso. «se possiamo morire, intendo» strizzò il cartoncino nel palmo, il suono del risucchio a coprire quello del ringhio di Doc. «siete amici? amanti? anzi non ditemelo» mostrò il palmo chiudendo drammatico gli occhi. «lo saprò» che avrebbe potuto suonare come una minaccia, ma il tono di voce rese l'inteso di una promessa, e neanche delle più inquietanti. Sembrava più «tipo leggendolo nei tarocchi?» domandò Skit, e non gli sfuggí il guizzo divertito negli occhi nocciola del ragazzo, come non passò inosservato il tremolio complice del labbro inferiore. Alla bieca occhiata di Doc, rispose stringendosi nelle spalle. «non guardarmi così. tutti hanno bisogno di credere in qualcosa» si giustificò. «non ne ho a portata di mano; pensavo più ad una lettura veloce del palmo, se per voi non è un problema» l'altro spostò lo sguardo sui bidoni a bordo strada, sopracciglia corrugate. «va nella plastica o nella carta?» domandò, scrollando il cartoncino del succo di fronte a loro. Fu all'incirca in quel momento, fra divinazione e preoccupazione per l'ambiente, che Skit iniziò a ridere. Doc, caso mai aveste avuto il dubbio, non stava affatto ridendo: continuò a mantenere la posizione Alfa di fronte al moro, spalle rigide e muscoli pronti a scattare. Un atteggiamento che Skit non trovava affatto necessario, non quando di fronte a loro c'era un ragazzo mingherlino con indosso una camicia hawaiana, una bandana blu a tenere indietro disordinati ricci castani, e occhiali dorati a pendere sulla punta del naso mentre cercava le istruzioni su come riciclare il tetrapack, ma era così divertente che non disse nulla, attendendo semplicemente lo svolgimento degli eventi. «ti prego, non un altro caso umano» vibrò sulla bocca di Doc, domanda al Signore o chi per esso; Skit volle credere che l'altro non fosse lui, ma la competizione non era così accanita. «no, sul serio» intervenne il nuovo arrivato. «aiuto» Il mondo stava finendo, o era già finito, e lui si preoccupava della raccolta differenziata. «penso di amarlo» sussurrò sincero Skit, mentre Bandana osservava un punto oltre le loro spalle. «ROY, È PLASTICA O CARTA?» Skit corrugò le sopracciglia scambiandosi una rapida occhiata con Doc. «roy

7sec | Sette Secondi Alla Fine Del MondoOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz