Grigio della notte

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Clycia

Era un giorno come gli altri, passeggiavo da sola per le strade della città erano piene di gente che si divertiva bevendo, scherzando e ridendo talvolta anche gridando mentre erano davanti a dei piatti molto invitanti di pasta al pomodoro o pasta al forno fatta in casa e una bella brocca di vino rosso sulla tavola in uno dei locali lì vicini. Pieni di emozioni e traboccanti di gioia. Braccia alzate per un abbraccio o per invitare qualcuno ad aggiungersi al gruppo attorno alla tavola.

La gente lì sparsa, apparentemente, era davvero molto felice e allegra però all'improvviso divenne tutto grigio e sinistro anche se cambiava solo il colore della mia visione ottica, come se fosse stato messo un filtro davanti ai miei occhi per vedere, come nella pellicola di un film, tutto giallo e con qualche colore sbiadito di tonalità più scure sparso in giro. Il resto era rimasto uguale, solo da me è successo qualcosa.

Appena accadde il cambiamento, questione di millesimi di secondi, notai un mutamento anche su me stessa, come se avessero sostituito la me a colori in me apatica e spenta. Guardandomi intorno, spaesata e confusa, vedo nel riflesso di una vetrina che si era trasformato, nel frattempo, tutto ma proprio qualunque oggetto animato e inanimato in qualcosa che io non avrei mai immaginato.

Ero in un'epoca a me de tutto sconosciuta, con auto molto rumorose e piene di fumo dalle strane forme, gli abiti delle persone molto antichi forse storici, ingombranti e molto buffi. Esatto! Quell'epoca che si conosce solo grazie ai libri di storia! Cercando di capire se fossi in un sogno o no nel mondo reale, in qualche modo volevo scoprire come fossi arrivata fin lì così mi diedi un pizzicotto sul braccio e facendomi anche un po' male nel valutare il mio stato, convinta nel pensare che fosse tutto frutto della mia immaginazione.

Quando finalmente e a malincuore comprendo di essere nella realtà, pienamente cosciente questa volta, delle mie facoltà mentali e fisiche continuai a camminare, sulla strada principale, facendo finta che fosse tutto nella norma.  Cosa che non era affatto, perché la mia mente continuava a rifiutare questo accaduto.

Mi sto specchiando. La mia gonna gonfia accarezza le ginocchia spoglie e col rumore dei tacchi sul marciapiede grezzo, sento una melodia diffondersi nell'aria, con fonte sconosciuta, ma tutto sembra così diverso guardandomi intorno vidi che c'erano tantissime vetrine di negozi e locali vari sia alla mia destra che alla mia sinistra.

Consapevole che non erano come quelli a cui ero abituata, con i tessuti, con i colori, con i modelli moderni del ventunesimo secolo, ma che era tutto secondo il modello di tempi lontani, così come le giacche con le spalline imbottite e le scarpe con le zeppe di sughero che ho intravisto nella boutique che ho appena superato.

Nonostante alcune giovani ragazze e coppie di signori sconosciuti accennavano un saluto, come se mi conoscessero, volgevo loro lo sguardo curioso continuando a domandarmi mentre ricambiavo, dove mi trovassi e soprattutto in quale anno. Soprappensiero girovagando per le viuzze della città, qualcosa attirò la mia attenzione per la precisione qualcuno, ne attirò la mia distratta curiosità.

Nella zona dove mi sono ritrovata io, sembrava un posto conosciuto, mi trovavo difronte a un locale che conosco molto bene, uno di quei locali che quando entri senti nell'aria un profumo si storia immerso e mischiato nel dolce dell'essenza umana, di quelle voci storiche presenti da tempo nelle memorie dei muri e delle sedie ma anche di quelle giovanili.

Di quelle gioie che si provano solo stando con gli amici, o in compagnia delle tipiche coppie che stanno in disparte per poter scambiare qualche coccola senza essere disturbati dalle risa dei bambini o da signori burberi, oramai in pensione, secondo i quali quel tipo di effusioni anche il semplice abbraccio è uno scandalo.

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