Capitolo 1

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Era divertente stare a guardare come tutti quei deficienti senza cervello si accalcavano quando le lezioni iniziavano; a Draco era sempre piaciuto schernirli insieme a Tiger e Goyle, facendo loro gli scherzi più cattivi che potessero venirgli in mente. Quell'anno, però, Draco Malfoy aveva altri piani che gli frullavano per la testa, piani che era meglio non rivelare nemmeno ai suoi due tirapiedi. Piani che prevedevano, prima di tutto, obbedire al Signore Oscuro per riscattere il nome della sua famiglia. Un tempo, i Malfoy erano una delle famiglie di Purosangue più importanti e nessuno, per alcun motivo, avrebbe osato metterlo in dubbio. Ora che Lucius aveva in qualche modo fallito nel compito che il Signore Oscuro gli aveva assegnato, il nome dei Malfoy era stato infangato e toccava a Draco portarlo all'antico splendore, quando tutti li ammiravano, quando il Signore Oscuro li apprezzava. Non sarebbero più stati la feccia, si ripromise, con lo sguardo perso nel vuoto. Lui non avrebbe fallito, non perchè non voleva fallire, ma semplicemente perchè doveva aiutare i suoi genitori e, di conseguenza, anche se stesso. Lui non poteva fallire, ecco tutto.
I suoi pensieri furono distratti soltanto quando il suo sguardo si posò su una massa di capelli castano-dorato, che ondeggiava al vento. Seguì la corsa della Granger finchè la vide buttare le braccia al collo di quell'odioso Potter, per poi salutare allo stesso modo quel poco di buono di un Weasley. Distolse lo sguardo, disgustato, mentre il Trio d'Oro si incamminava a braccetto verso il portone d'ingresso. Non li riusciva proprio a digerire, quei tre, ma più di tutti quella sporca Mezzosangue: era a dir poco vomitevole e credeva sempre di essere la migliore, ma tutti sapevano che era solo una stupida secchiona, lui più di tutti.
Quell'anno sarebbe stato il più difficile in assoluto, l'anno che lo avrebbe messo alla prova per chi sarebbe diventato poi. Il suo compito non era così difficile, in fondo, si trattava solo di fare una piccola cosa, un incantesimo che probabilmente avrebbe cambiato le sorti del Mondo dei Maghi; ma a lui non poteva importare di meno. Lui obbediva e basta, non so curava di ciò che sarebbe successo poi...

***

Hermione odiava doversi separare dai suoi migliori amici, e se anche erano passati solo tre mesi, le era sembrato un secolo da quando li aveva abbracciati l'ultima volta. Quell'anno sarebbe stato molto diverso da quelli scorsi, non sapeva bene il perchè, ma era come se lo sentisse sulla pelle, quel cambiamento. Dopo aver salutato Harry e Ron con un lungo abbraccio, alzò gli occhi verso l'enorme castello che si ergeva davanti a loro; percepì un guizzo argentato che si spostava da una delle finestre più in alto, ma era così lontano che non riuscì bene a distinguere di che cosa si trattasse.
-Allora? Come sono andate le vacanze?- chiese ai due ragazzi, guardandoli con un enorme sorriso che, subito, le disegnò due fossette sulle guance. -Emozionanti come avevate sperato?-
Harry e Ron risero, cominciando ad aggiornarla sulle novità che avevano tralasciato nelle ultime lettere che si erano scritti. Hermione li ascoltava, annuendo ogni tanto, ma la sua attenzione fu presto attratta da una figura apparsa sulle scale di fronte a loro; una figura alta, vestita interamente di nero, che metteva in risalto la pelle diafana e i capelli platino. Tutti e tre si fermarono di scatto, mentre Draco Malfoy scendeva con passo lento e aggraziato gli ultimi gradini che li divideva.
-Potter... Weasley...- pronunciò lentamente, guardandoli uno ad uno con lo sguardo affilato, per poi soffermarsi sulla ragazza. -Oh, e anche la Mezzosangue... wow, il Trio d'Oro, non è così?- sogghignò, soffermandosi più di quanto volesse sulla Granger. I suoi occhi argentei erano freddi come l'acciaio, ma Hermione continuò a sostenere lo sguardo, finchè lui non si stancò e, con un ultimo ghigno come saluto, scivolò via come un'ombra.
Hermione si sentì svuotata, una cosa che le succedeva spesso quando si imbatteva in Malfoy, e dovette sbattere ripetutamente le palpebre, prima di poter rivolgere uno sguardo stanco ai suoi amici. -Che giornata- mormorò, sfilando le braccia da quelle degli amici, per poi fare in passo verso l'enorme scalinata davanti a loro. -Devo andare un attimo in Biblioteca, ci vediamo a cena- e senza neanche aspettare una risposta da parte loro, partì a razzo su per le scale, diretta nel posto in cui sapeva nessuna l'avrebbe nè sentita nè vista piangere. Si rinchiuse nei bagni di Mirtilla Malcontenta e, senza alcun contegno, scoppiò a piangere. Dopo sei anni, quell'insulto le faceva ancora male: Mezzosangue, come se essere per metà Babbana fosse colpa sua! Il cuore le battè all'impazzata, quando sentì una porta sbattere, ma quando alzò lo sguardo non vide nessuno. Probabilmente era l'ennesima folata di vento. Si sentì una stupida a piangere in quel modo, come se le importasse qualcosa di quello che pensava Malfoy, come se avesse importanza quello che scaturiva da quelle perfide labbra. Doveva esserci abituata, ormai, al fatto che quello era un ragazzo che mai - e con mai intendo proprio in nessun caso - avrebbe capito che cosa fosse in realtà lei. Era un ragazzo che non sapeva guardare oltre ai ridicoli nomignoli che affibbiava alla gente, era un mago che non era capace di capire quanto fosse bello e affascinante il mondo degli umani; in fondo, però, nessuno lo avrebbe mai capito come lei. Nessuno se non altri Nati Babbani.
Scosse forte la testa, si avvicinò ad un lavandino e si spruzzò dell'acqua in faccia, cercando di darsi un contegno. Non poteva reagire così tutte le volte, doveva farci l'abitudine a sentire quella parola, quella maledettissima parola. Dunque alzò lo sguardo sulla propria immagine riflessa nello specchio davanti a lei; aveva due occhi freddi, non di una che era appena scoppiata in lacrime per una stupida offesa, ma gli occhi di chi si sa rialzare anche dopo una caduta. Piegò le labbra in un sorriso, che però non venne trasmesso agli occhi.
-Mezzosangue- sussurrò, con voce strozzata. Corrugò le sopracciglia. -Mezzosangue- disse con più convinzione. Il sapore amaro di quella parola le fece salire la bile, ma continuò a ripeterlo senza sosta, finchè nuove e calde lacrime le rotolarono sulle guance.
Ci sarebbe riuscita, avrebbe sopportato il dolore sordo che in quel momento provava. Doveva sopportarlo, altrimenti non sarebbe sopravvissuta a quel lungo anno d'Inferno.

Perchè sei diversa questa sera? ||IN REVISIONE||Where stories live. Discover now