Già, perché a Jane Ron piaceva e tanto, anche. Aveva trovato il coraggio di dirglielo l'estate precedente, alla Coppa del Mondo di Quiddich. In tutta risposta, Ron le aveva sorriso, l'aveva abbracciata e le aveva detto che per lui sarebbe rimasta un'amica fantastica. Tutto qui. Lì per lì, Jane non aveva versato neanche una lacrima, ma dentro di sé stava malissimo.

Da quel giorno in poi, niente era stato come prima. Con Ron continuava a ridere e scherzare come se non fosse successo nulla, ma tra loro non c'era più la serena atmosfera di una volta. I sentimenti di Jane avevano frenato la fresca spontaneità della loro amicizia e adesso entrambi cercavano di controllare gesti e parole, per evitare di tradire segnali che avrebbero potuto essere fraintesi.

E, ora che Ron sembrava aver tagliato definitivamente i ponti con i Potter, Jane era sprofondata nella disperazione più nera. Non aveva mai confidato a suo fratello e ai suoi amici i suoi sentimenti per via del suo ostinato orgoglio. Odiava mostrarsi debole con gli altri, lei che era stata sempre considerata una leader. Sapeva che, a questa notizia, l'avrebbero subito presa in giro. Dal canto suo, Ron non aveva aperto bocca con nessuno di loro e ciò era un bene.

Jane andò avanti fino a notte fonda, poi, verso le tre, si arrese al sonno e si addormentò lì, sul tavolo della Sala Comune, con la testa appoggiata alla pergamena. Quando si risvegliò, era giorno fatto e una lama di luce bianca le scaldava dolcemente la nuca. Jane raccolse le sue cose e si avviò al piano di sotto, salvo scoprire, una volta scostato il ritratto della Signora Grassa, di non essere più a Hogwarts.

Si trovava in un grande salone buio, al cui centro brillavano i tizzoni ardenti di un focolare sul punto di spegnersi. Davanti al camino c'era un ampio sofà rivestito di porpora. Jane caracollò accanto alla poltrona. Qualcuno vi aveva abbandonato sopra una coperta di lana e un libro di fiabe per bambini. La ragazza lo prese tra le mani e iniziò a leggere distrattamente, quando si accorse di non essere più sola.

Il ragazzo dai capelli scuri che aveva sognato diverse notti prima era emerso dall'oscurità e ora la fissava con un'espressione torva dipinta nei grandi occhi scuri.

–Ciao! – lo salutò lei. – Ѐ tuo questo? – soggiunse indicandogli il libro.

Il ragazzo non rispose. Fissava il vuoto davanti a sé, come se Jane non esistesse.

–Tu vivi qui? – chiese ancora la ragazza, provando ad avvicinarsi. – Ehi, riesci a sentirmi?

L'altro restò in silenzio; poi, improvvisamente, sgranò gli occhi, come se si fosse finalmente accorto di lei, e sussurrò: – Aiutami!

–Jane! JANE!

La ragazza aprì gli occhi lentamente. Aveva ancora la faccia appoggiata sulla pergamena e parte dell'inchiostro che non aveva fatto in tempo ad asciugarsi la sera prima le aveva impregnato sulla guancia frammenti di parole. Jane sbatté le palpebre e si trovò a pochi centimetri dal naso di Hermione.

–Sono già le otto, Jane! – esclamò la ragazza.

–Cosa?

Jane scattò in piedi, facendo per mettere via le sue cose. Le due ragazze scesero le scale a rotta di collo e corsero nell'aula del professor Ruf. Non appena si fu assicurata che il tetro docente fosse completamente immerso nel suo mantra fatto di decreti e rivolte di goblin, Jane estrasse di nuovo il tema per Moody e lo finì in meno di venti minuti; poi si girò verso Harry. – Partita? – gli chiese con un sorriso innocente.

Harry ammiccò e insieme presero a massacrare il testo di Storia della Magia con i loro grafici della battaglia navale, sotto lo sguardo scandalizzato di Hermione.

Il risveglio delle StregheWhere stories live. Discover now