Di nuovo prescelto

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La mattina seguente, Susan non andò al tavolo dei Grifondoro a salutare Peter e i suoi amici, né diede loro alcuna attenzione per tutto il resto della mattinata. Era così arrabbiata con quell'idiota di suo fratello, che, nel momento in cui questi fece ingresso nella Sala Grande attorniato dal solito corteggio di ragazze adulanti, riuscì a piegare con la sola forza del pollice il cucchiaino con cui stava mescolando il suo caffellatte, desiderando con tutto il cuore che fosse il suo collo.

Non potendo sopportare oltre quella vista, la ragazza se ne andò senza finire la colazione e si precipitò in Guferia, determinata a mandare una bella lettera a sua madre. Le mani le tremavano di rabbia mentre scriveva di getto una ventina di righe velenose e piegava in quattro il piccolo foglio di pergamena, rischiando anche di perdere un dito nel momento in cui lo strinse con troppa foga attorno alla zampa dell'assonnato allocco bruno che aveva osato tirare giù dal trespolo alle otto e mezzo di domenica mattina.

Furibonda, la ragazza caracollò verso la Sala Comune di Corvonero, agguantò arco e frecce e si diresse verso il parco, il tutto senza smettere di succhiare l'indice sanguinante. Era talmente presa dai suoi pensieri, che non si ricordò del gradino truccato nascosto in una rampa di scale del secondo piano e vi sprofondò fino alla vita. Imprecando fra i denti, Susan tentò in tutti i modi di tirarsi fuori, ma più si agitava, più le sue gambe affondavano nella pietra.

Guarda caso, in quel momento non girava un'anima disposta ad aiutarla: erano tutti al piano terra a guastarsi quella manica di cretini così ansiosi di mettere il proprio nome nel Calice di Fuoco. La ragazza stava per rassegnarsi alla disperazione, quando improvvisamente udì un rumore di passi felpati sulle scale. Il cuore le balzò in gola nel momento in cui si trovò davanti al ragazzo dai lunghi capelli scuri di Durmstrang, che si fermò a osservarla dall'alto in basso con aria perplessa. Susan si sentì avvampare: non avrebbe mai creduto che da vicino fosse ancora più bello di quanto le fosse sembrato la sera prima.

Dopo essersi reso conto della situazione, il giovane le sorrise. – Serve aiuto? – le chiese gentilmente.

–No, guarda, pensavo di restare così per altri cinque minuti – si lasciò sfuggire Susan seccamente, mangiandosi anche qualche sillaba. Un attimo dopo, si diede dell'imbecille a elevazione di potenza.

Con sua enorme sorpresa, il ragazzo scoppiò in una limpida risata. – Ma dai! – esclamò divertito. – Coraggio, ci penso io!

Detto questo, prima ancora che Susan potesse aprire bocca per ribattere, l'afferrò sotto le ascelle e la scardinò di peso dal gradino.

Presa alla sprovvista, la ragazza gli gettò d'istinto le braccia al collo, serrando gli occhi per l'imbarazzo. Il suo slancio fece perdere l'equilibrio al giovane, che cadde all'indietro, trascinando con sé anche lei. Entrambi ruzzolarono giù per una decina di gradini, fino a fermarsi sul pianerottolo, entrambi ammaccati dalla testa ai piedi.

–S...scusam-mi – balbettò Susan desolata.

–Tranquilla, sono io che non ho calibrato bene le forze – rispose l'altro rivolgendole un debole sorriso, anche se le sue mani passarono rapidamente in rassegna la cassa toracica per assicurarsi che tutto fosse a posto. Aveva una bellissima voce, con un lieve accento straniero. Le porse la mano, aiutandola a rialzarsi.

–Sono qui da due mesi e ancora non mi ricordo tutti i gradini truccati in questo castello – gemette Susan mentre si massaggiava il collo dolorante.

–Solo da due mesi? – chiese il ragazzo incuriosito.

–Ho avuto dei...problemi, perciò non ho potuto iscrivermi prima.

–Oh, sono cose che succedono, fidati.

–Grazie.

–Pratichi tiro con l'arco?

Il risveglio delle StregheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora