otto mesi in due ore

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Esprimere a parole il terremoto di emozioni che si scatenò nel cuore di Hoseok si rivelò non umanamente possibile. Solo una divinità avrebbe posseduto le capacità adatte per quantificare in termini infiniti e sovrumani la commozione, lo stupore e la felicità che si erano alternati in successione casuale e improvvisa davanti gli occhi lucidi del ragazzo. Sul palcoscenico del teatro, voci dall'assurda potenza avevano rimbalzato sulle pareti, spendendogli sentimenti che non credeva avrebbe mai provato, perché in quel momento lui non era Hoseok, ma era stato Werther, ed era stato Charlotte, Albert e di nuovo, tristemente, Werther, ripiegato e accartocciato nel suo dolore.

Aveva represso il desiderio di applaudire a ogni pausa, soprattutto quando, nel buio più assoluto, le dita di Yoongi gli avevano impedito di esternare la sua felicitazione dopo un quarto d'ora dall'inizio dello spettacolo, sussurrandogli con un sorriso che avrebbe dovuto applaudire solo alla fine.

Una conclusione che aveva visto le falangi di Hoseok dolere per la prepotenza con cui le aveva fatte scontrare, le guance bagnate e dolenti per la permanenza troppo lunga del sorriso, e la voce arrochita dalla felicità con cui aveva urlato «Bravo, bravo!» scambiando una risata con un altrettanto soddisfatto Yoongi.

Non si trattenne dal saltellare di gioia quando uscirono dal Seoul Arts Center e, contro ogni sua previsione (se avesse avuto la concentrazione per formularne una), Yoongi non gracchiò di piantare i piedi a terra e camminare compostamente. Semplicemente lo seguì, mani nelle tasche della giacca – che continuava a nascondere quel suo corpicino attraente, differentemente da quanto riuscivano i maglioncini aderenti che lo avevano fasciato nei loro appuntamenti di lavoro precedenti – e sorriso a labbra strette sul volto.

Nella testa si agglomerò subito il calore della loro eccitata allegria.

«Allora,» Hoseok puntò l'indice in alto, mentre il direttore d'orchestra azionava il motore dell'automobile. «Era tutto troppo. Secondo me il mio corpo voleva cedere dalla troppa eccitazione, ma tutti questi anni di meditazione per cercare di regolare tutte le mie fuoriuscite di sentimenti sono serviti a qualcosa.»

Sebbene la cintura di sicurezza gli opprimesse il petto, aveva il busto leggermente inclinato verso il posto del guidatore, e non staccava gli occhi dal profilo di Yoongi. «Non ti chiedo nemmeno se ti è piaciuto.»

«Certo che no! Esiste una creatura a cui non piacerebbe qualcosa del genere?! Persino le cavallette che vorresti rifilare a tuo padre – ripeto, ninfee contemporanee – inizierebbero a muovere le loro stupende zampette verde acido e a intonare qualche nota come i cantanti meravigliosi che abbiamo appena ascoltato!»

Probabilmente le fuoriuscite di sentimenti stavano straripando dai limiti che il suo corpo aveva naturalmente imposto, ma a Hoseok non importava, perché Yoongi appariva a suo agio nell'ascoltarlo: nessuna smorfia irritata, tanto meno annoiata o infastidita. Sembrava... Gli piacesse, in qualche modo. Ed è bello quando qualcuno mi ascolta senza darmi dello strano, pensò Hoseok, sorridendo ma non per l'interpretazione del Werther.

«Andremo a qualche altro spettacolo, allora. È bello quando qualcuno si eccita per le tue stesse cose, sai?»

Per un istante, la mente di Hoseok gridò allarme rosso, allarme rosso, oh, decisamente rosso, ma tornò stabile immediatamente con una semplice scrollata di testa. Non esistevano allarmi rossi con persone all'infuori del suo ragazzo.

«Oh, sì, puoi dirlo forte!»

Yoongi aveva lo sguardo puntato sulla strada e le mani bloccate sul voltante quando, illuminato dai lampioni e da una Seoul accecata dalla notte, urlò: «È bello quando qualcuno si eccita per le tue stesse cose!»

COME SIDDHARTA INCONTRÒ TOSCANINI // sopeWo Geschichten leben. Entdecke jetzt