il ritorno di ulisse in patria

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«...Développé, davant, plié, en dehors, levée, battement, plié...»

Il corpo teso verso l'alto, i muscoli rigidi, lo sguardo altezzoso puntato mai in basso. Sullo specchio, giovani ragazzi dai corpi statuari alternavano movimenti precisi e calcolati, la mente provata dall'assidua supervisione della loro insegnante.

«Hyungwon, ferma la musica.» E col pianista si fermarono anche gli studenti, i cui sguardi si intrecciarono alla ricerca di conferma. Madame Chang, chignon d'ebano attorcigliato sulla nuca e un lungo cardigan nero in lana, fissò negli occhi ogni singolo ragazzo fino a fermarsi davanti a uno in particolare.

Hoseok strinse le labbra, cercando di soffocare la nascita di ogni espressione che rendesse noto il proprio stupore, e si costrinse a non voltarsi verso il suo migliore amico.

L'attenzione di Madame Chang, le cui sottili labbra volgevano verso il basso, si bloccò proprio su Park Jimin. 

«Come pensi di poter essere adatto al ruolo del protagonista con un atteggiamento simile?» Disse, inarcando un sopracciglio. Il lungo bastone in legno che usava per sostenersi si protese lievemente verso il ballerino, il cui pomo d'Adamo respinse ogni protesta e la bloccò nella gola. «Essere la seconda scelta non ti autorizza a essere imperfetto, Park.» Gli occhi di Jimin, puntati dritti d'innanzi a sé per non incontrare il disappunto di Madame Chang, si ricoprirono di un velo lucido. «Dovresti prendere esempio da Hoseok. È così che dovrebbe essere un protagonista

Se avesse risposto, la voce sarebbe risuonata come il rumore di un violino dalle corde spezzate. Con un'ultima lunghissima, ombrosa occhiata, Madame Chang gli rivolse le spalle e «Hyungwon, la musica.»





Col borsone a ostacolargli la camminata e il borbottio degli studenti dietro di lui che si liberavano da una stressante lezione con la più temibile delle insegnanti, Hoseok non si preoccupò di urlare un «Jimin, aspetta!» sguazzando dall'accademia e intrufolandosi nell'ingorgo di persone in attesa sul marciapiede.

Il giubbotto giallo di Jimin gli impediva difficile la mimesi e inutile si rivelò il tentativo di mescolarsi con i passanti che aspettavano il cambio di colore del semaforo. «Ehi, Jimin. Vuoi aspettarmi?!» Hoseok gli appoggiò una mano sulla spalla, ma non ebbe il tempo di stringerla e attirare la sua attenzione: con uno scatto Jimin si voltò, lo sguardo arrossato e una profonda ruga che gli solcava la fronte.

«Che c'è, Hoseok?» Lo chiese concentrando le iridi scure su altro, il mento contratto e le braccia incrociate al petto.

Sopra le loro teste, il cielo minacciava fulmini. Il semaforo fece scattare il verde per i pedoni, ma nessuno dei due si mosse. «Mi dispiace per quello che ha detto Madame Chang. Tu sei uno dei—»

«Per quale cazzo di motivo dovresti essere tu a dispiacerti?»

Con gli occhi spalancati e le labbra tremanti, le dita ferme sulla cinghia del borsone in cerca di sostengo e la mente svuotata, Hoseok abbozzò una risposta, tiepida e timida: «Sei uno dei ballerini migliori che io conosca e lei ti parla così solo perché conosce il tuo po—»

Uno sbuffo divertito emerse dalla bocca di Jimin. «Cazzate.» Scosse la testa, il mento affondato nel colletto alto del giubbotto. «Ti dispiace perché sai che ha ragione. Io sono la seconda scelta. Volevano te e tu...» Lo vide guardare verso l'alto, torturandosi le labbra coi denti per reprimere quello che, Hoseok lo conosceva troppo bene per dubitarne, si sarebbe concretizzato come un piccolo singhiozzo. «Tu mi hai ceduto il posto solo perché non mi avrebbero mai preso.»

«Non è vero!» Alzare la voce non era da Hoseok, lui, che tentava costantemente un atteggiamento pacifico senza mai fallire. Spalancò le braccia, scuotendo il viso per cancellare anche solo l'idea di quella ipotesi, e provò a cercare lo sguardo di Jimin. «Ho rinunciato al ruolo di Romeo solo perché mi sto preparando a un'altra audizione—»

COME SIDDHARTA INCONTRÒ TOSCANINI // sopeWhere stories live. Discover now