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«Cosa stai facendo, Astraea?» iniziò a tempestarmi di domande Vanya. Faticavo quasi a sentire le sue domande in mezzo a tutto quel tranbusto provocato da un acceso combattimento. «Dove vuoi andare?»

Continuai a trascinarla e a correre fino alle scuderie nonostante la stanchezza e il dolore causato dalle ferite e, quando vi arrivammo, slegai immediatamente un Dravallo bianco e gli misi sul dorso una delle delle che vi erano appese al muro in legno, agganciandola velocemente sotto la sua pancia rotonda.

Vanya guardava ad intermittenza sia me che l'entrata di quella scuderia, aspettandosi di veder arrivare qualcuno da un momento all'altro.

«Mi rispondi!» disse lei, quasi urlando.

Era ovvio che stesse perdendo la pazienza nell'aver a che fare con il mio silenzio quasi opprimente e snervante.

Afferrai il dravallo per le cinghie e iniziai a tirarlo fuori dalla scuderia nonostante la sua scarsa voglia di collaborare con la sottoscritta. Ero abbastanza sicura che percepisse chiaramente ciò che stava avvenendo fuori di lì e non avesse alcuna intenzione di mettere zoccolo all'aria aperta.

Tuttavia, o collaborava o collaborava. Non vi erano altre alternative. A lui la scelta.

«Dobbiamo andar via di qui» dissi in risposta, finalmente, alla mia amica Semidea che mi guardò come se fossi divenuta una pazza a tre teste.

«Dove vuoi andare?»

Salii in sella al dravallo non appena questo varcò la soglia della scuderia. Stringendo le cinghie tra le mie mani ferite, mi voltai a guardarla. «Devo attirare almeno uno di quei mostri lontano di qui.»

Lei sgranò i suoi grandi occhi verdi per lo stupore di sentirmi dire una cosa del genere. Arrivate a quel punto, iniziare davvero a pensare che mi consoderasse del tutto fuori di testa.

Scosse il capo furiosamente mentre diceva: «No, no, e ancora no, Astraea! Sei forse uscita fuori di senno? Sei umana e, se uno di quei mostri ci seguisse, io non sono sicura di poterti difendere adeguatamente da sola! Non posso permetterti di compiere questa follia!»

Tentò di mettermi giù dal dravallo ma furono sforzi vani: non mi lasciai disarcionare.

Avevo preso una decisione e l'avrei portata avanti fino alla fine.

Le bloccai il polso di una mano e la costrinsi a guardarmi negli occhi. «Ascoltami, Vanya, ho bisogno del tuo aiuto...»

«No, Astraea! Io non sono disposta a farti ammazzare» interruppe lei il mio discorso, tentando nuovamente di farmi scendere dal dravallo su cui ero seduta in groppa.

«Ascoltami!» urlai, disperata mentre il dolore ai palmi delle mani non faceva altro che aumentare. «Io sono già spacciata, Vanya» iniziai col dire quando ebbi nuovamente la sua attenzione. Le misi davanti il palmo della mano destra libera e le mostrai nuovamente le ferite che iniziavano a riaprirsi poco a poco. «Questo è il marchio di un salice piangerte nato millenni fa. È lui a creare gli Eterni e, in cambio di ciò, chiede un pagamento: il sangue dei figli nati umani di questi ultimi. Io sono una dei predestinati che deve compiere questo gesto e, non appena saranno nuovamente tutte aperte le ferite sulle mie mani, io morirò.»

Vanya scosse nuovamente il capo, guardandomi innorridita mentre ascoltava quella dura verità che persino io avevo fatto fatica ad accettare. «Non può essere... non è vero...»

«Vanya, ti prego! Vieni con me e aiutami ad eliminare almeno uno di loro» dissi, quasi supplicandola. «Io sono già un morto che cammina ma, se deve morire come fu profetizzato, voglio portarmi quei mostri nella tomba. Il mio sangue è l'unica cosa che può ucciderli ed è la mia unica occasione, questa qui...»

ASTRAEA "Il sangue degli Eterni"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora