Aereoplane

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Donna Princeton e Stevie Merriweather osservavano il paesaggio umano che si apriva loro davanti, passandosi, con le mani affusolate e abbellite da raffinati anelli, uno spinello che bruciava come il fieno ad agosto.

Entrambe bellissime ed intangibili, capelli voluminosi e riccioloni lucenti contornavano i loro volti, mentre l'ennesimo festino californiano imperversava ai loro piedi.
Attori nati all'alba guerra a caccia di puledre da deflorare, giovani stelle del cinema e della musica che si arrampicavano sugli specchi per cercare di affermare la loro immagini, camerieri addestrati che servivano e riverivano i loro stolti nobili, la loro folle società.

«Credi che ci sia del matto?» Domandò Stevie, inalando la sostanza oppiacea. Donna sospiró, appoggiandosi, rassegnata, ad una delle due colonne che sostenevano il protiro della veranda laterale.
Un giardino sconfinato, illuminato solo dal Satellite e avvolto dalla rugiada si estendeva davanti ai loro occhi, somigliando ad uno scenario del Grande Gatsby di Fitzgerald.

«È tutta colpa della luna, quando si avvicina troppo alla terra fa impazzire tutti» Rispose Donna, alzando lo sguardo verso la volta celeste, punteggiata da sfavillanti stelle.
«Andate tutti a fanculo, stronzi!» Ridacchiò Stevie, la voce impastata e gracchiante, vittima dell'ebrezza e del disprezzo. Los Angeles era piacevole, erano le creature che la abitavano ad insudiciarla, a profanarla.

«Dove credi che sia Vivienne? Con un surfista muscoloso? Con un regista rugoso?» Aggiunse la giornalista del Tribune, passando lo spinello all'interlocutrice. A dire il velo, glielo fece fumare direttamente dalle sue, fini, leggiadre dita, trovando estremamente sensuale il modo in cui l'amica mettesse le labbra per aspirare.
«Io penso che stia correndo su uno stradello in marmo, tra i prati verdi inghiottiti dall'oscurità notturna, lasciandosi alle spalle un bordello di personalità boriose e futili» Osservò la giovane speaker, tenendo lo sguardo fisso su un punto, con il volto fresco punzecchiato da una mite brezza autunnale. Effettivamente, una ragazza di media statura, con valorosi capelli sospinti dal vento e con stivaletti lucenti, stava andando loro incontro, come se stesse fuggendo da qualcosa di terribile, o come se dovesse far vedere loro qualcosa di grandioso.
La mistica figura si fermò al loro cospetto, con il fiatone e gli occhi lucenti, ardenti di entusiasmo: Filippide che, per portare il messaggio della vittoria a Maratona, corse senza mai fermarsi fino ad Atene, morendo subito dopo aver comunicato la  straordinaria notizia.
«Mie care amiche, avete voglia di svoltare la serata, di uscire dall'ordinario?»
Le due ninfe, divinità della decade in cui vivevano, si scambiarono uno sguardo complice ed annuirono, prendendosi a braccetto sena esitazione. Buttarono il mozzicone dello spinello e, a passo di marcia, coordinato e conciso, sparirono oltre la linea scura dell'orizzonte...

Vivienne aveva nuovamente imboccato il Sunset Boulevard, l'autostrada più suggestiva di tutta la California, sulla quale viaggiavano ogni giorno migliaia di vetture.
Le due amiche cantavano a squarciagola "Take it easy" degli Eagles, sentendosi come leggiadre figlie dei fiori di Woodstock.
I finestrini spalancati, l'aria tiepida che scompigliava loro i capelli, la voglia di vivire durante quella notte di luna piena. La giovane parigina voleva portarle a Long Beach, a trascorrere la serata sulla spiaggia che tanto l'aveva colpita: la calma dell'oceano, i riflessi della luna, i chioschi chiusi, i ritrovi assolati dei surfisti avvolti dall'abbraccio dell'oscurità.

«Prima di raggiungervi, ero impegnata a scavarmi la fossa» Ridacchiò Vivienne, svoltando verso un altro viale costeggiato da palme. La spiaggia che cercava era sempre più vicina, lo avvertiva con tutti i suoi sensi. «Cosa intendi, De Angelis?» Chiese Stevie, appoggiando i gomiti sui sedili anteriori dove sedevano le amiche.
«Perché sprecare il fiato quando posso mostrarvelo?» La parigina accostò, abbandonando la DeLorean sul ciglio della strada. Brulle colline si estendevano alle loro spalle, mentre la tavola densa e allusiva dell'oceano si apriva davanti agli occhi delle ragazze, riflettendosi nelle loro pupille.
Una sola casa, dai contorni sfumati e circondata da un'atmosfera sfuggente, irrisoria si contrapponeva al paesaggio serafico che la circondava.

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