Se la mia intenzione era ancora quella di farlo impazzire per l'incarico che aveva scelto di prendersi sulle spalle, avrei sicuramente trovato un altro modo per farlo.

Mi voltai nuovamente in direzione delle doppie porte, con l'intenzione di rientrare a palazzo, quando, ad un tratto, sentii delle voci non molto lontane dal punto in cui mi trovavo in quel preciso istante.

Sembravano le risate di un gruppo di ragazze intente a conversare del più e del meno.

Guardai nella direzione in cui si trovava un piccolo vialetto, collegato a quello principale in cui mi trovavo io, e mi ritrovai a domandarmi a chi appartenessero quelle voci.

Non mi sembravano familiari.

Chissà a chi appartenevano.

Mossa come al solito dalla mia irrefrenabile curiosità, iniziai a percorrere quel vialetto e, dopo un lungo percorso, arrivai dinanzi ad una piccola parte di quel giardino maestoso che aveva il prato verde, ricoperto da una distesa bianca di neve, e l'unico altro elemento vegetale che vi era presente era un salice piangente con delle foglie di una tonalità tendente quasi al blu avio.

Su di esso non vi era traccia di fiocchi di neve e il colore delle sue foglie spiccava notevolmente in mezzo a tutto quel bianco che ci circondava, ormai da un anno stellare.

Ad un tratto, da esso vidi sbucare fuori e spiccare il volo un grosso rapace simile ad un'aquila bianca che, una volta arrivata a mezz'aria, si tramuta, in men che non si dica, in un enorme Zanna Leone dalla chioma bianca, pronto ad attaccare la figura snella ed elegante di una ragazza dai lunghi capelli blu cobalto.

Ma quella ragazza era...

Quest'ultima si parò le mani davanti al petto e, allungando le braccia e mostrando i palmi ben aperti al Zanna Leone, lo fece immobilizzare.

La creatura dalla criniera Bianca rimase ferma a pochi centimetri di distanza dall'Eterna che, se non ricordavo male, rispondeva al nome di Brisey.

Quest'ultima, anche se mi stava dando le spalle, sorrise. Lo percepii nel momento in cui disse le seguenti parole: «C'hai provato, Deka, ma, come al tuo solito, hai fallito nell'intento di sorprendermi.»

Ma che diamine...

«Astraea» mi chiamò la voce femminile della ragazza che, ormai, avevo imparato a riconoscere.

Mi voltai nella direzione in cui sentii pronunciare la sua voce e immediatamente incrociai lo sguardo dolce e vigile dell'Eterna dai capelli color arancio acceso.

«Helarã.»

Era seduta su una roccia e stava giocherellando con un fiorellino violetto mentre assisteva al combattimento che si stava disputando dinanzi ai suoi occhi.

Mi sorrise dolcemente, gesto che era solita fare ogni qualvolta che i nostri cammini si incrociavano, anche se spesso i nostri incontri erano avvenuti solo ed esclusivamente nei miei sogni.

Iniziai a credere che il suo dono da Eterna fosse appunto quello di poter entrare nei sogni altrui e di poter interagire con chiunque stesse sognando o dormendo in quel momento.

Lei non me l'aveva mai detto esplicitamente, tuttavia, c'ero arrivata da sola ed ero quasi sicura che la mia supposizione fosse del tutto esatta.

Anche perché, questo spiegherebbe il motivo per il quale lei non si stava allenando con le sue sorelle e ne rimaneva in disparte.

«Che bello vederti qui, Principessa. Qual buon vento ti ha condotto da noi?» mi domandò con la sua vocetta dolce e soave. «Non mi sarei mai aspettata che tu ci raggiungessi in questo piccolo posticino incantevole.»

ASTRAEA "Il sangue degli Eterni"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora