Capitolo 10

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Ancor prima della premiazione, mentre tutti erano intenti a festeggiare nei loro box, Clyde decise di ignorare una volta tanto la questione "giornalisti" correndo subito da Kain. Non appena se lo ritrovò davanti lo abbracciò senza alcun preavviso, mettendoci comunque pochissima forza per non rischiare di fargli male. Il campione, un po' zoppicante dopo quei quarantacinque e più minuti passati sulla moto nonostante le sue condizioni, sobbalzò a sentire quel contatto che avrebbe riconosciuto tra un milione di persone. «Hai fatto una gara stupenda, topolino» gli sussurrò all'orecchio prima di prendere giusto qualche centimetro di distanza. L'altro avvampò, senza ribattere. In quel momento sembrava non sentire più nemmeno il dolore. «Anche tu sei stato bravo, Gautier» mormorò di rimando, e stavolta portandogli una mano sulla spalla per una pacca amichevole. L'altro non trattenne una risatina a quel gesto, perché sapevano entrambi cosa avrebbero voluto poter fare davvero, lì davanti a tutti. «Dopo la conferenza sei mio, sappilo. Non prendere impegni» disse a bassa voce il francese prima di tornare dal suo team, senza nemmeno aspettare una risposta. In tutti quei mesi Kain era cambiato parecchio, forse anche grazie a lui; non gli serviva quindi sentirsi dire un "sì" perché sapeva lo avrebbe raggiunto senza fare storie e anzi, probabilmente sarebbe corso da lui anche senza che glielo avesse chiesto. Stava facendo dei progressi, indubbiamente: se perfino un secondo posto adesso riusciva a farlo sorridere, allora stava andando nella giusta direzione. Quella di Clyde non fu chissà quale magia, e nemmeno il banale "potere dell'amore": per poter cambiare e mettere da parte il suo ego e le sue cattive abitudini, Kain aveva semplicemente bisogno di qualcuno che gli tenesse testa. Qualcuno che non assecondasse ogni suo capriccio solo perché "Gray è il campione, bisogna fare ciò che vuole", qualcuno che gli facesse capire che era molto più di quello.

La gara successiva si sarebbe tenuta in Catalogna due settimane dopo. Kain avrebbe avuto quindi modo di rimettersi, saltando qualche test e qualche prova. Certo, sempre che li saltasse quei test, cocciuto com'era. Su quel lato di sé doveva ancora lavorare un bel po', o forse semplicemente era una di quelle cose impossibili da sopprimere. In fin dei conti, senza la sua testardaggine non sarebbe stato più Kain. Per assicurarsi però di tenerlo buono, comunque, lo stesso Alexander aveva pensato ad un piano a dir poco infallibile. Fu infatti merito suo se quella sera, quando il campione raggiunse Clyde nella sua camera, lo trovò ad attenderlo già con i bagagli in mano. «Stai già scappando? Non volevi vedermi?» «Infatti topolino, non scappo mica! Passo a prendere anche i tuoi bagagli e andiamo.» «Andiamo? Gautier ma che cazzo..» «Andiamo a casa, no? Mi prenderò cura di te e mi assicurerò che tu riposi. Il tuo capo a quanto pare ha già cambiato i biglietti, sai?».
Non sapeva bene come reagire a quella notizia. Doveva essere incazzato con Alec perché gli voleva impedire di allenarsi, o peggio ancora si era fatto i cazzi suoi arrivando addirittura a cercare Clyde per convincerlo? Doveva essere felice perché avrebbe passato più di una settimana di calma e tranquillità con quest'ultimo? Di certo il vecchio Kain sarebbe corso a spaccare la faccia al suo stesso capo, per una trovata simile. Ma fortunatamente, in quel momento, era decisamente più attratto dall'idea di riposarsi e stare lontano dai riflettori per un po', insieme al francese.
«Dove andiamo, allora?»

Alla fine, si ritrovarono nuovamente in Francia. Clyde aveva insistito per trascorrere quei giorni in casa sua, avendo anche a suo favore la maggiore vicinanza Italia-Francia-Spagna piuttosto che portarlo in Inghilterra per poi scendere nuovamente -ma in fin dei conti, erano solo scuse sopra scuse; quanto sarebbe mai potuto cambiare a due come loro qualche ora di aereo in più?-. Non appena arrivati ordinò a Kain di andare subito a dormire, mentre lui rimase invece parecchi minuti a sistemare tutto. Non appena ebbe finito lo raggiunse a letto, sospirando nel trovarlo ancora sveglio. Lo lasciò poggiare a sé, senza però stringerlo in alcun modo: non voleva rischiare di fargli male. Lui per tutta risposta affondò il viso sul suo petto, lasciandosi andare ad un lamento per la stanchezza. Clyde non osò muoversi o ribattere, restando lì a sfiorarlo sulla schiena e a giocare con i suoi riccioli. «Non riesci a dormire, mon petit souris?» sussurrò, ottenendo come risposta un tenero bacio sul petto e una lieve risatina. «Volevo solo aspettare te, idiota. Ti è passato lo spavento?» «Circa. Non oso immaginare come si senta Anson, invece. Al suo posto sai morto, probabilmente. Non me lo sarei mai perdonato..» «Suvvia mon amour, non è successo nulla. Sto bene, non fare quel faccino da cane bastonato!». A quel punto smise di rispondere, riprendendo a coccolarlo con quella dolcezza solo sua, bisbigliando appena un "je t'aime" prima di chiudere gli occhi.
Il mattino seguente fu dura alzarsi, stretti tra loro e rilassati com'erano. Kain in particolare sembrava ancora stanco morto, ma nonostante tutto il primo pensiero del francese nel risvegliarsi accanto a lui fu "è perfetto". Rimase diversi minuti ad accarezzargli il viso, rimboccandogli perfino le coperte come fosse un bambino. Il sole ormai iniziava a diventare quasi fastidioso, tanto da oltrepassare con la sua luce la tenda davanti la finestra. A quel punto il campione aprì lentamente gli occhi, non trattenendo un mugolio assonnato ad accompagnare il suo stiracchiarsi per cercare di non crollare di nuovo. Non disse nemmeno una parola, restando a fissare gli occhi di Clyde che da quella distanza, sembravano forse meno spenti del solito. «Buongiorno, topolino» disse poco prima di baciarlo sulla fronte. «Che visione idilliaca...» davanti a quel gesto tanto carino, non rifletté nemmeno prima di aprire bocca «voglio svegliarmi così tutti i giorni..» «Bhe, ti sveglierai così per le prossime due settimane. Non ti basta?» «Ti prego, voglio svegliarmi così tutta la vita..». A sentirlo parlare in quel modo Clyde avvampò, stavolta non trattenendosi dal baciarlo più e più volte, con l'innocenza di un bambino. Kain dovette trattenere le risate per quella cosa, ma non ebbe assolutamente nulla da ridire. Ormai si era rassegnato ad accettare la piega che stava prendendo quella sorta di relazione con lui; aveva capito quanto inutile fosse cercare di ignorarlo e chiudersi in se stesso, quanto stupido potesse sembrare nel farlo. Rischiava anche di stancarlo in un certo senso, e non sarebbe stato da biasimare visto il suo atteggiamento tanto egoista. Vederlo così preoccupato per lui, sentire forse per la prima volta i medici mormorare tra di loro quanto fosse stato fortunato, erano tutte cose che lo avevano portato a riflettere parecchio sulla sua vita in generale. Rischia tutto, vivi tutto.
Trascorsi più di trenta minuti di puro relax tra le coperte, Clyde decise a malincuore di alzarsi per tornare poco dopo con due tazze di caffè, sedendosi nuovamente accanto al campione. Porgendogliene una, rimase in silenzio a sorseggiare la bevanda calda al suo fianco. Kain fece lo stesso, per poi stringerlo una volta finito. «Quindi non posso proprio fare nulla per convincerti a riposare la prossima gara, vero?» «No».

Ed esattamente come previsto, non riuscì a fermarlo. Quella settimana passò anche troppo in fretta, e forse Kain era addirittura triste di dover lasciare quel posto: Clyde lo aveva letteralmente costretto a non toccare nulla, insistendo sullo sbrigare da solo qualsiasi tipo di faccenda in casa e aiutandolo invece quando non riusciva a fare determinate cose per via dei dolori ancora troppo vividi. Avere qualcuno a trattarlo in quel modo lo faceva sì, sentire un po' in colpa, ma non poteva negare di apprezzare quelle cure seppur eccessive. Arrivarono in Catalogna mercoledì sera, e lontani dai media e dagli stessi colleghi, si diressero entrambi nella camera che l'hotel aveva riservato per Clyde. Stanco per il viaggio, il francese si lasciò cadere subito sul materasso emettendo un sospiro liberatorio, raggiunto subito dopo da Kain che con molta noncuranza gli si lanciò addosso con aria soddisfatta. «Non vedo l'ora di batterti, questa domenica» mormorò ironicamente quest'ultimo, non trattenendo una risatina. «Ti auguro davvero di farlo» ribatté, portandogli una mano tra i riccioli ancora disfatti da quel viaggio. Non trattenne un sorriso dolcissimo nel guardare il volto sorpreso del campione, che di sicuro si aspettava qualcosa come "no, vinco io!", "ti piacerebbe" o simili. Proprio per quella dolcezza inaspettata si decise quindi a ricambiarla, poggiando delicatamente le labbra sulle sue. Poi, dopo qualche attimo di silenzio, aggiunse: «Starò attento, te lo prometto».

Quella promessa non si rivelò infatti vana. Sia nei giorni seguenti di prove, che nelle qualifiche effettive di sabato, Kain sembrò decisamente più calmo del solito. Stava cercando di non strafare, più per Clyde che per i suoi dolori. Nonostante i tentativi del campione di "comportarsi bene" per calmarlo, il francese anche quel sabato sera sembrava perso tra i suoi pensieri. Se ne stava lì, immobile, davanti la finestra con una sigaretta già consumata tra le dita. L'altro lo raggiunse poco dopo, con i capelli ancora umidi per la doccia appena fatta ed un'aria stanca per le prove finite forse un po' più tardi del solito. «Mi piaci quando sei così pensieroso, mangia baguette» lo sorprese alle spalle, stringendolo appena e affondando il viso sulla sua schiena. L'altro poggiò i rimasugli della sigaretta nel posacenere e si voltò per ricambiare l'abbraccio. «Stanco, topolino?» «Non troppo, dai..». Dopo una breve riflessione, Clyde parve avere un'illuminazione. «Devo darti una cosa!» «Eh? Perché? Non è il mio compleanno, oggi» «Non mi servono giorni particolari per queste cose» e detto ciò si affrettò a frugare nella sua valigia. «Chiudi gli occhi!» ordinò, e Kain non se lo fece ripetere. Qualche attimo dopo, sentì qualcosa di freddo sfiorargli il collo. Tenne gli occhi serrati fino a quando l'altro, dopo un rapido bacio sul collo, non gli sussurrò «puoi aprire». Subito abbassò lo sguardo, osservando cosa si ritrovava adesso al suo collo. Era una semplice collanina con una sorta di medaglietta a scacchi come ciondolo, una di quelle tipiche collane che davano tanto l'idea da militare spopolate in quel periodo. La bandiera però gli ricordava inevitabilmente quella delle loro gare, e il sorriso divenne ancora più ampio nel voltarla e leggere l'incisione su di essa. "Al mio campione; 20/03". «Non è nulla di speciale, ho semplicemente pensato a te nel vederla. E ho scritto anche la data della nostra prima gara, visto che bravo?» «Non ti merito» «Meriteresti di meglio, infatti!» ridacchiò appena, riprendendo subito a parlare «Spero ti porti fortuna nelle gare, mon amour». Kain gli si gettò al collo a sentire quelle frasi, venendo subito preso in braccio dall'altro. «Non posso indossarla sotto la tuta, lo sai..» «Potresti metterla sulla moto?» «E rischiare di rovinarla?! Sei pazzo!» «Nemmeno se fosse qualcosa di così tanto valore, suvvia..» «È un tuo regalo. Vale più dell'oro per me, stupido!». Dopo quella discussione, entrambi col sorriso ancora stampato sulle labbra, finirono distesi a letto, abbracciati con la stessa innocenza di due bambini intenti a rotolarsi nella sabbia. «Adesso vedi di dormire nanetto, devi essere preparato per domani» «Preparati tu piuttosto, a perdere però!» ridacchiarono tutti e due, e smisero solo quando Clyde lo baciò ancora una volta.

«Bonne nuit, mon chéri».

Rush [SOSPESA]Where stories live. Discover now