Capitolo 2

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19 Marzo 2016.
Quello era il giorno che precedeva la prima gara del nuovo motomondiale.
Nella maggior parte dei casi, i piloti tendevano ad andare nel panico ed essere talmente agitati da non riuscire a dormire ancor prima delle qualifiche.
Ma Kain Gray era un caso a parte.
Era già un miracolo che non si fosse ubriacato da qualche parte la sera prima delle prove; non gli si poteva mica chiedere di svegliarsi sia sobrio che puntale.

Raggiunse i box Honda nella calma più totale, con quasi trenta minuti di ritardo. Il suo compagno di scuderia, Yurick, era già in pista a correre per ottenere il suo miglior tempo, nella speranza di guadagnarsi una delle prime posizioni nella griglia di partenza il giorno seguente. Uno dei meccanici gli corse incontro. Gli scompigliò quei riccioli castani con un sorriso stampato sul volto, per poi dargli una pacca sul fondoschiena. «Muoviti Gray, o prima o poi ti manderanno fuori da qui a calci!» Il ragazzo aveva poco più di vent'anni. Era abbastanza slanciato, ed i tratti sembravano fortemente nordici. I suoi lunghi capelli rossicci, legati in una coda spettinata, facevano risaltare il blu intenso dei suoi occhi. Søren Lerson, oltre che essere uno dei migliori amici di Kain, era stato anche una delle sue innumerevoli "conquiste" di quegli anni. E un ottimo meccanico, giusto, non dimentichiamo il motivo per cui era lì.
«Dimmi che quel francese di merda non ha il giro veloce» fu tutto ciò che riuscì a rispondere l'altro, intento a infilarsi il casco. «Come fai a saperlo?» ribatté con un tono quasi divertito. Kain a quel punto non trattenne un verso indecifrabile -si suppone di dissenso-  prima di sbuffare e salire sulla moto. «Vado a prendermi la pole position» aggiunse, prima di accendere il motore e sfrecciare in pista. 

Non funzionava come una gara, in quel caso. Nessun sorpasso, nessuna cazzata in particolare. Colui che riusciva a portarsi a casa il tempo più veloce, guadagnava le posizioni più alte per la corsa effettiva. Eppure quando Kain si trovò a fianco quella dannata Yamaha, non riuscì a far altro che accelerare nel tentativo di superarla. Gautier lì per lì lo lasciò fare, non gli importava affatto di sfidare l'attuale campione in una semplice prova.  Preferiva non mostrargli così in fretta le sue capacità, voleva sorprenderlo quella domenica. Kain si sentì quasi offeso nell'onore. Aveva davvero ignorato la sua "sfida"? 

Al termine di quella giornata, la griglia di partenza fu stabilita nel più prevedibile dei modi. Gray partiva primo, Gautier secondo. Yurick si era piazzato invece al quarto posto, in seconda fila. 
Si sarebbero giocati tutto l'indomani. 

20 Marzo 2016; Qatar.
Non tutti avevano la fortuna di mantenere la calma come Kain prima di una gara. Clyde Gautier ne era l'esempio. Aveva appena trascorso una delle notti peggiori della sua vita. Non aveva chiuso occhio; poco prima di lasciare la camera d'albergo che lo ospitava, si era ritrovato chino davanti al water a vomitare. L'ansia lo stava divorando vivo. 
Doveva dimostrare a tutti -e per primo a se stesso- di cosa fosse capace. Non poteva permettersi di mandare tutto a puttane adesso che era ad un passo dal raggiungimento del suo sogno. Ci vollero almeno venti minuti prima che si calmasse, riprendendo pienamente controllo dei suoi respiri. Aveva così tanti pensieri per la mente. Dopo essersi sciacquato da quello schifo, corse a prepararsi. Fu uno dei primi piloti a raggiungere la pista, e sembrò quasi sorpreso nel notare che questa volta anche Kain era già arrivato. Rimase minuti interi a tormentarsi mentalmente su quale fosse la cosa giusta da fare: se parlargli, dirgli un banale "buona fortuna", o se restare semplicemente davanti ai box della Yamaha nella solitudine più totale di chi conosceva a stento gli altri colleghi di scuderia, a differenza dell'altro. 
Kain sembrava invece aver lasciato da parte -almeno per quella mattina- le sue brutte abitudini. Era completamente nel suo mondo, non era mai stato tanto concentrato; non prestava nemmeno attenzione ai suoi amici. Se ne stava seduto a terra, la schiena poggiata sulla sua moto, a pensare e ripercorrere mentalmente tutto il circuito di Losail studiandone ogni curva, ogni rettilineo infinite volte per pianificare ogni sorpasso, ogni frenata. Kain Gray era sì un incosciente nella vita privata, ma non era di certo uno sprovveduto anche in pista.  

Non ci volle molto che tutti i box delle diverse scuderie iniziarono a riempirsi di gente. Tra piloti, direttori, meccanici, tecnici, giornalisti, e chi più ne ha più ne metta, quello spazio dapprima così ampio parve restringersi in pochi minuti. Clyde riusciva a sentire la pressione. Aveva corso tante, tantissime volte. Ma non nella classe principale. Non contro Kain Gray. Non con tutte quelle aspettative di milioni di persone sulle spalle. Quel posto gli sembrava sempre più piccolo, gli mancava quasi l'aria. Dovette allontanarsi -evitando troupe televisive e quant'altro- per evitare di lasciarsi prendere ancora una volta dall'ansia. 

«Vedi di non fare puttanate solo perché stai correndo contro il francese, Gray. Ti conosco fin troppo bene. Cerchi di terrorizzare da subito quelli che ritieni delle minacce, a costo di finire a terra». La voce autoritaria di Alexander sembrava però non incutere alcun tipo di timore nel campione, che come se nulla fosse sbuffò, giocando al contempo con dei riccioli che gli ricadevano sul viso. «Non cadrò, Wraith. Ma non lascerò strada libera al novellino solo perché hai paura che mi sbucci un ginocchio.» «O che ti rompa quasi un braccio, come lo scorso anno. Stavi per mandare a puttane un intero mondiale.» Kain incrociò le braccia, per poi dargli le spalle e indossare il casco.
«Touché». 

I piloti erano finalmente sulla griglia di partenza. 
Kain non riuscì a fare a meno che voltarsi verso la seconda casella, occupata da Clyde. I loro sguardi si incrociarono per qualche secondo, prima di dover abbassare le visiere dei rispettivi caschi. Si stavano già dando battaglia con una semplice occhiata. 
La parte peggiore fu l'attesa del via. Quando partirono, divenne difficile distinguere qualsiasi tipo di suono che non fossero i rombi dei motori, quasi assordanti. Come spesso succedeva, la partenza era un rapido ammassarsi di piloti: una di quelle situazioni in cui anche pochi centimetri potrebbero cambiare la sorte, o anche soltanto un decimo di secondo. I gruppi iniziarono via via a delinearsi già al termine del primo giro. I piloti nelle prime dieci, forse nove posizioni erano ormai distanti dal resto dei partecipanti; in particolare i primi due. Kain e Clyde sembravano quasi stessero correndo una gara tutta loro, lontani dalle moto avversarie. Era più una sfida personale, quella. I giornalisti, la telecronaca, gli spettatori: tutti erano nell'eccitazione più totale, presi da quei sorpassi come se fossero loro stessi protagonisti. Furono i ventidue giri più intensi della carriera di Gray, che fino all'ultima curva si trovò fianco a fianco con il "novellino". Ma, nonostante l'ottima gara di Clyde -che in alcuni tratti era tranquillamente riuscito a superarlo-, Kain riuscì a portarsi a casa il primo podio della stagione. 

«Sei lo stronzo più fortunato che abbia mai corso con noi!» esclamava Alexander praticamente sollevando Kain da terra, insieme ad altri tecnici della Honda. «Fortuna un cazzo! La mia è bravura!» «Bravo quanto vuoi, ma hai vinto sorpassandomi all'ultima curva! La dea della fortuna ti ha baciato più del dovuto» intervenne il francese, raggiungendo gli altri con ancora il casco sotto braccio. Poi accennò un sorrisetto verso il suo rivale, tendendogli la mano. «Bella gara, Gray. Ma la prossima la vincerò io». Kain gli lanciò un'occhiataccia. Non gli piaceva che si minacciasse il suo titolo, ma non poteva di certo rifiutare una stretta di mano, o perlomeno non davanti alle telecamere. «Hai ancora tanta strada da fare, française de merde» «Non provocarmi, mon petit souris. Non sto facendo ancora sul serio.» Il viso dell'altro divenne d'un tratto rosso. «Topolino un cazzo!» «Allora non facevi finta di saper parlare francese. Lo conosci davvero» Clyde non riuscì a trattenere una risatina a vedere la sua espressione quasi offesa. Sembrava davvero un bambino, ogni tanto. Non erano solo voci, o montaggi ben eseguiti dai media. Kain Gray era forse uno dei piloti più veri lì dentro, uno dei pochi ad aver ammesso fin da subito di non essere l'esempio perfetto che magari qualcuno si aspettava che fosse. Dal suo caratteraccio alle sue brutte abitudini, fino alla sua sessualità. Non aveva paura di mostrarsi per quel che era, davanti agli altri. Sicuramente si manteneva entro un certo limite, non voleva mica passare per una totale merda, ma restava se stesso. 

Ed era questo che Clyde aveva sempre ammirato di lui.

Rush [SOSPESA]Where stories live. Discover now