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ROBERT

Erano passati solo due giorni dall'ultima volta che l'avevo vista, eppure ero nervoso, mi sudavano le mani e avevo lo stomaco in subbuglio. Era strano, non era il nostro primo appuntamento. Di solito, arrivato a questo punto ero in grado di sfoggiare le mie doti da seduttore. Con lei non mi era possibile, o meglio vivevo con la costante paura di sbagliare.

Erano le ventuno e un quarto e di Mary ancora nessuna traccia. Non vorrà darmi buca?

Poi vidi una macchina venirmi incontro e tirai un sospiro di sollievo: era lei. Fece manovra per parcheggiare, dopodiché la vidi scendere e camminare lentamente verso di me. L'abito rosso le fasciava così bene i fianchi che sembrava fosse cucito addosso. Osservai le sue forme aggraziate, la scollatura a v, la pelle chiara illuminata dalla luna. Rimasi senza fiato.

«Buonasera».

«Buonasera a te, Robert». Sorrise timida.

«Ho preso un piccolo pensiero per te». Le porsi il mazzo di fiori che nascondevo dietro la schiena.

«Grazie, sei gentile», disse sorpresa. Rossa in volto, osservò con insistenza il bouquet.

«Non dirmi che non ami le rose! È impossibile. È scientificamente dimostrato che qualunque esemplare femminile le apprezza».

«Ne sei sicuro?» Tornò a guardarmi. «Io potrei essere quell'uno per cento che non ama le rose...»

«Ah». Quella probabilità non l'avevo considerata. «Comunque, basta saperlo. Non te le regalerò più, se mi dici che non ti piacciono».

Rise. «Tranquillo, sono bellissime». Che sciocco, mi stava prendendo in giro. Poi gli occhi si riposarono sui fiori.

«Allora? Cosa c'è che non va?», chiesi confuso.

«Niente, sto solo cercando di contarle...»

Questa non l'avevo mai sentita. «E io che pensavo che i fiori si annusassero», commentai. Certo che è strana.

«Sono... diciassette?», chiese sollevando di scatto la testa.

«Ehm, sì, forse. Sinceramente non le ho contate...», dichiarai ridendo.

Mi fissò pensierosa. «Diciassette... come i miei anni!» Rise. «Bravo, molto originale».

«No, se è per questo, come i minuti che mi hai fatto aspettare!» Incrociai le braccia al petto.

«Ah, sì, scusami per il ritardo», disse imbarazzata.

Risi. «Scherzo! Diciassette... come i baci che mi darai». Le feci un occhiolino.

Inarcò un sopracciglio. «Eh?»

Il mio volto si fece più serio, accorciai le distanze tra il mio corpo e il suo. «Li voglio ora. Subito!»

Mi guardò turbata. «Se me li imponi, di certo non ne avrai nemmeno uno».

Scoppiai a ridere.

«Perché stai ridendo?»

«Sto scherzando». Le accarezzai una guancia e dissi con dolcezza: «Non ti chiederei mai un bacio».

Il suo sguardo si ammorbidì e mi rivolse un sorriso divertito.

«Che tu lo voglia o no, ti bacerei comunque», le sussurrai. Ero sempre più vicino alle sue labbra, stavo per baciarla... quando mi allontanò. Perché mi respinge?

Scosse lentamente il capo. «No, Robert, questa sera niente baci. Ti piace prendermi in giro?»

«Sei davvero, davvero sicura?» Ed era inevitabile tornare a guardare le sue labbra.

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