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ROSEMARY

Era mercoledì pomeriggio e fuori diluviava. E così mi ritornò in mente il bacio con Robert, la forte emozione che mi aveva attanagliato lo stomaco. Se un giorno vorrò cestinare il ricordo, non ci riuscirò mai del tutto. Mi tornerà in mente a ogni temporale.

Avevo evitato di passare dalla caffetteria in questi giorni. Non incrociai Robert neanche per un saluto veloce. Tra i consigli di Georgie e la mia vulnerabilità, temevo potessi commettere qualche gaffe, una parola di troppo o una di meno e avrei perso di nuovo il controllo. Volevo lasciare il mondo com'era, così mi sentivo più tranquilla. L'unico momento in cui ci eravamo sentiti era stato il pomeriggio, quando mi scrisse l'ora e il luogo dell'appuntamento.

Alle 21 davanti alla Moz-art.

Bussarono alla porta. Pensavo fosse mia madre, ma si aprì e sbucò la testolina rossa di Sam. «Ti disturbo?»

«Ma cosa dici? Certo che no! Quando sei arrivata?» Si sedette sul letto accanto a me e disse: «Poco fa. È da tanto che non passiamo un po' di tempo insieme, vero?»

«Hai ragione. Dobbiamo organizzare qualcosa».

Sorrise. «Sì! Magari una pizza, un karaoke o anche un pigiama party!»

Chiacchierammo del più e del meno. Poi parlammo di Robert e lei, con sguardo convinto, mi prese le mani. «Sai cosa penso? Non ascoltare Georgie, tu non sei come lei. Devi essere te stessa, Rose. A tuo rischio e pericolo. L'amore è anche questo, giusto?»

Annuii. «Sì, giusto». Aveva ragione. A tuo rischio e pericolo. Il problema era che mi mancava il coraggio necessario.

«Non pensare a quello che è successo con Paul, se no non andrai mai avanti. Le strategie servono solo in battaglia. Lascia perdere», ammiccò. Poi ci stendemmo, sguardi rivolti al soffitto rosa pastello. «Se hai paura, parlane con lui». Ci guardammo. «Sii sincera e capirà».

«Tu dici?» La sincerità, in passato, aveva solo arrecato danni.

Sorrise rassicurante. «Sì».

Poi mi voltai verso il comodino e guardai l'ora. «Le sette?» Sobbalzai.

«A che ora è l'appuntamento?», chiese Sam.

«Alle nove e io non so ancora che mettere!» Ansia, ansia. Sempre e solo ansia.

Rise. «Dai, non preoccuparti. Ti aiuto io». Ci alzammo, aprimmo l'armadio e Sam iniziò a cercare. Tirò fuori un vestito rosso che non ricordavo di avere. «Metti questo».

«Quello?» La guardai dubbiosa, «Non è eccessivo?»

«È perfetto, Rose!» Me lo porse e io lo fissai.

Ora mi ricordo. Ero con Paul, l'ultima volta che avevo indossato quell'abito. Pensavo di averlo buttato, invece era ancora lì, tra la polvere e le vecchie scarpe.

«Allora?», mi richiamò.

Risollevai lo sguardo. «Va bene». Dovevo pur lasciarmi il passato alle spalle. Avrei anche potuto iniziare dal vestito. Andai sotto la doccia e uscii dal bagno dopo una ventina di minuti.

«Wow! Se fossi un uomo non ti toglierei gli occhi di dosso!»

Mi osservai allo specchio e sorrisi. Sam aveva ragione: quel vestito mi stava davvero bene. Il cuore sussultò al pensiero della serata con Robert. Infilai un paio di scarpe con i tacchi, presi la borsa, la giacca e uscimmo dalla stanza.

«Ma ora a mia madre cosa dico?», le sussurrai mentre scendevamo le scale.

«La verità?»

«No, farebbe troppe domande».

«D'accordo, ci penso io». E così inventò che saremo andate al compleanno di sua cugina Claire.

«Grazie», l'abbracciai, una volta uscite di casa.

Ridacchiò. «Per cosa? Per averti coperto?»

«No, cioè... anche. Insomma, grazie di tutto».

Sorrise. «Ora vai, però. Non vorrai far aspettare il tuo cavaliere!»

Sospirai. «Okay, vado». Per fortuna, aveva smesso anche di piovere.

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