ANDREW

Mancava una settima esatta a Natale ormai, mi ritrovai a riflettere, mentre camminavo lungo la Brooklyn Heights promenade. Le acque dell'East River avevano preso gli stessi colori caldi del tramonto che illuminava Manhattan, conferendo a quel paesaggio una bellezza straordinaria quanto rara da vedere. Adoravo quei colori, sapevo che visti dall'alto potevano offrire una visione perfino più spettacolare di quella. Mi sentivo appagato, per la prima volta dopo molto tempo avevo la sensazione di trovarmi nel posto giusto.
Vedevo Brooklyn con occhi nuovi. E non erano quelli di un ergastolano pronto a fuggire dalla propria prigione.
- Natale in famiglia stavolta, eh? Verrà anche tua sorella con i bambini. Tua madre è su di giri, non capitava da un po' di riunirci tutti
La voce di mio padre mi riportò alla realtà, mi voltai verso il suo volto bonario, molto simile al mio, ma dai tratti più gentili. E la sua apparenza non ingannava, era buono fuori esattamente come lo era dentro; un grande attivista impegnato nel sociale da molti decenni, nonché una delle persone più intelligenti che avessi mai conosciuto. Era impossibile non ammirare mio padre, così come era altrettanto impossibile tentare di far meglio di lui. Io non ci avevo mai provato, anzi avevo seguito una strada del tutto diversa dalla sua. Gale l'attivista con un figlio che pilotava caccia nell'esercito americano ... faceva già abbastanza ridere così.
- Già, suppongo che non potremo esimerla dal preparare un sontuoso banchetto natalizio. – provai a mostrarmi meno turbato di quello che ero, non era semplice ingannare l'acume di mio padre. Lui mi lanciò un'occhiata più attenta, durante i trenta minuti di jogging non era stato possibile parlare molto, ma adesso le cose si mettevano in modo diverso.
- Mi sono messo in contatto con quello specialista di Chicago di cui ti avevo parlato, sai?
- Cos'ha detto? C'è qualche possibilità che si interessi del caso di Aiden? – chiesi
- Ci sto provando, ma è così impegnato da non poter lasciare i suoi pazienti, non immediatamente. Gli ho spiegato il caso in modo sommario, domani gli fornirò più dettagli e farò di tutto per persuaderlo
Mio padre mi accarezzò la spalla, una pacca bonaria che avrebbe dovuto infondermi coraggio. La situazione di Aiden era allarmante, richiedere il parere di uno degli specialisti più in gamba di tutti gli Stati Uniti mi avrebbe dato l'impressione di star facendo qualcosa di tangibile per aiutarlo. Ma in fin dei conti non credevo che avrebbe cambiato qualcosa, nessuno poteva risvegliare Aiden dal coma, non c'era poi molto da fare.
- Grazie, papà. Adesso andiamo a cercare qualcosa per mamma ... non parliamone più, ok?
Evitare una conversazione non riusciva a mandare via quel senso di colpa che mi attanagliava il petto ogni volta che i miei pensieri si dirigevano verso Levin, cosa che, nel corso di quegli ultimi giorni, stava avvenendo sempre più spesso. D'altronde stavo facendo di tutto per monopolizzare il suo tempo e le sue attenzioni, non trascorreva un giorno senza che non ci sentissimo o vedessimo. Stavamo giocando con il fuoco, mi sentivo come un equilibrista troppo stanco per badare al baratro che minacciava di divorarmi ... allo stesso tempo, qualsiasi cosa mi stesse prendendo mi faceva sentire molto più vivo di quanto avessi mai potuto pensare.
Pochi metri dopo mi ritrovai davanti ad un negozio di musica, mi ero fermato senza rendermene conto, adesso fissavo le date dei concerti stampate su una locandina affissa alla vetrata. La Carnegie Hall offriva le migliori esibizioni della città, immediatamente i miei pensieri coinvolsero Levin. Niente regali stupidi e scontati, pensai che avrebbe apprezzato un concerto della New York String Orchestra in una delle sale più imponente del mondo. Sì, faceva per lui, su questo non c'erano dubbi, ma era veramente il caso di spingersi tanto oltre? Forse un regalo del genere lo avrebbe messo in imbarazzo, forse, invece, sarei stato io ad apparire ridicolo agli occhi di Levin.
- Da quando in qua ti interessano i concerti al Carnegie? A tua madre potrebbe venire un infarto per la troppa gioia se ti vedesse qui
Lanciai un'occhiataccia a mio padre, prendermi per il culo non mi avrebbe aiutato a sentirmi meno idiota di quanto immaginavo già di essere. Era vero, quel genere di musica non faceva neanche per me, forse spendere trecento dollari per biglietto poteva sembrare eccessivo come regalo, soprattutto perché non potevo considerare Levin il mio ragazzo.
- Ti sbagli, li stavo controllando per un amico. Allora? Passiamo in gioielleria per lei?
Il pomeriggio era trascorso così, tra chiacchiere tranquille con mio padre e pensieri turbolenti che riguardavano la mia vita. Alla fine lo salutai con la promessa che sarei passato a casa presto, in realtà i miei occhi erano già puntati sulla folla di gente che lasciava la metro. Levin doveva essere tra questi.
Era sceso tra gli ultimi, aveva un libro tra le mani e l'aria pensierosa. Anche se non mi fosse piaciuto ero sicuro che lo avrei comunque notato tra mille, c'era qualcosa in lui che non poteva sfuggire allo sguardo della gente che gli stava vicino. Ma ormai era tardi anche per fare quelle congetture, perché Levin Eickam in effetti mi piaceva e non nell'eccezione più semplice del termine. Vederlo mi fece illuminare il viso, sembrava che non ci fossimo incontrati da secoli, invece ci eravamo visti soltanto la sera prima
- Ehi, fatto shopping? – i suoi occhi caddero sulle mie buste – Armani, Prada ... ci trattiamo male.
- E' Natale e poi ti stupirà sapere che non sono per me. Non soltanto almeno.
Mi costrinsi a limitarmi ad un semplice abbraccio tra amici, ma c'erano almeno altri modi diversi in cui avrei voluto salutarlo. Per un attimo il mio sguardo cadde sulla sua bocca troppo vicina alla mia, mi ritrassi giusto in tempo per non cedere alla tentazione. Anche lui mi sembrò provato mentre si faceva indietro e mi affiancava
- Allora i tuoi conoscenti devono essere parecchio fortunati.
- Il solo fatto che abbiano la possibilità di vedere e passare del tempo con una persona meravigliosa come il sottoscritto li rende fortunati, te lo concedo. I regali sono solo una piacevole addizione!
Levin rise appena, una smorfia che iniziavo a trovare fin troppo carina
- Che vuoi fare? Birra e poi casa? – il mio tono si era fatto più basso e decisamente pieno di sottintesi poco velati. Non vedevo l'ora di tornarmene a Coney Island con lui
- Non posso
Lo guardai – Cosa? Come sarebbe a dire che non puoi?
- Ho dormito per tre notti a casa tua, Andrew. I miei hanno iniziato a starmi addosso da quando se ne sono accorti
- Non sei un bambino – gli feci notare
- No, sono molto peggio. Sono un ragazzo con un passato in carcere, senza considerare l'abuso di droghe. Neanch'io mi sarei dato troppa fiducia se fossi stato al posto loro, non lo nego
Ero stato indelicato, me ne resi conto soltanto in quel momento.
- Mi dispiace, non ho pensato a questo ...
- Non potevi, perché tu sei un figlio modello. Sei l'orgoglio dei Wolfhart! – commentò Levin con una punta di sarcasmo nella voce.
- Potresti dire ai tuoi che ti vedi con qualcuno – anche il mio tono era abbastanza ironico, ma non del tutto. Levin mi lanciò un'occhiatina che poteva voler dire qualsiasi cosa
- Deve essere una cosa seria se ci passo le notti insieme. Potrebbero farsi un'idea sbagliata
- Perché? Che male ci sarebbe se fosse una cosa seria?
L'avevo detto. Mi morsi le labbra, ma era troppo tardi per rimangiarmi quelle parole che erano venute fuori senza che potessi far nulla per controllarle. Ero rimasto a guardare l'espressione confusa che prendeva possesso del suo viso, poi però Levin esplose in una risata che mi stupì
- Non prendermi per il culo, idiota.
Stavolta mi guardai bene dal fargli presente che non lo stavo affatto prendendo per il culo. Mi costrinsi a tacere, anzi riuscii perfino a ridere insieme a lui, come se quelle parole fossero state soltanto uno scherzo.
- Bene, visto che per oggi il nostro tempo è limitato ... direi di approfittarne al massimo. Dove vuoi andare?
Iniziavo a conoscerlo abbastanza bene da sapere che non avrebbe detto di no ad un bel negozio di dischi super fornito.
- Sei già stato a fare shopping, non voglio romperti le palle e costringerti a passare un'altra ora chiuso da qualche parte – disse in fretta, quando capì che intendevo portarlo lì.
- Fa troppo freddo per passeggiare e non ti ho ancora preso nessun regalo, quindi vai a sceglierti qualcosa.
Niente romanticismo, niente biglietti per la Carnegie Hall, mi stavo comportando bene e avevo parlato con un'aria quasi noncurante, una perfetta messinscena che neanche Levin avrebbe potuto smascherare. Sembrava tranquillo tutto sommato
- Un regalo, eh? Ci sentiamo altruisti quest'anno? – continuò con quel tipico tono sarcastico
- Ti stai lamentando perché intendo regalarti qualcosa? Saresti la prima persona sulla terra a farlo ...
Levin fece spallucce, poi mi passò un braccio intorno al collo in una stretta quasi amichevole, ma che lasciava intendere molto di più
- Chi si lamenta! Ma ti avverto, sono lento a scegliere, potrei metterci tutta la sera
Ed io sarei rimasto lì a guardarlo e sapevo che non mi sarebbe dispiaciuto per niente. Lo stavo già facendo, non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso dal momento stesso in cui era sceso dalla metro. E non poterlo toccarlo come avrei voluto mi tormentava più di qualsiasi altra cosa, ancora di più adesso che sapevo di non poter passare la notte insieme a lui.
- Quindi da ora in poi dovrò riportarti a casa la sera?
- Basterebbe che mi facessi prendere l'ultimo giro di metro ... cosa che a quanto pare non ti riesce, visto che non mi lasci andare.
- Non sapevo che i tuoi fossero così rompipalle, con Aiden non avevamo problemi.
Ancora una volta avevo parlato senza pensare, quel nome era venuto fuori così, in modo spontaneo ma altrettanto terribile. Levin si rabbuiò, probabilmente anch'io avevo accusato il colpo di quelle parole. Eravamo rimasti impalati tra gli scaffali del negozio.
- Mi sento come se me ne stessi approfittando ...
- In che senso? – chiesi a Levin che adesso mi dava le spalle
- Della situazione, del fatto che lui ... che tu eri il suo ragazzo – Levin tentennò – e non c'è stato niente che io abbia pianificato o voluto, ma il fatto che sia successo non lo rende più semplice da accettare.
Non sapevo cosa dire, le parole di Levin erano esatte e mi toccavano da vicino. Quando ero con lui tutti i pensieri peggiori andavano via, ma alla fine tornavano sempre indietro a tormentarmi.
- Lo so, è irrispettoso che in un momento come questo noi due siamo troppo presi da altro. Dovremmo pensare a lui, il suo bene dovrebbe essere anteposto a qualsiasi altra cosa, ma
- Ma siamo egoisti e sbagliati – Levin concluse al posto mio
- No, non sbagliati
- E tu vedi qualcosa di giusto in questo?
Mi avvicinai a lui per poterlo guardare in viso, i suoi occhi erano ancora puntati sul retro di un vinile che aveva afferrato poco prima
- Non vedo neanche qualcosa di sbagliato, Levin – presi un profondo respiro, non sembrava esserci nessuno in giro, così appoggiai la mia mano sulla sua – tu mi piaci, io ti piaccio ... è davvero così sbagliata come cosa? Stiamo forse commettendo un crimine contro l'umanità?
Levin si rivolse verso di me, i suoi occhi erano cupi – Ma lui è in coma, Andrew.
- E non è dipeso da noi! Non c'è un cazzo che possiamo farci, Levin. Sto cercando i migliori specialisti, sto pagando le sue cure e lo farò sempre ... ma dimmi, cos'altro posso fare? Dovrei smettere di vivere? Dovrei impormi di non farmi piacere nessuno per il resto della mia vita, perché Aiden è in coma?
- No, non nessuno, ma non me ...
L'aveva detto, era quello il problema. Lo sapevamo entrambi.
- Che diavolo posso farci se mi piaci tu? Credi che io sia felice di questo? Credi che mi faccia piacere constatare che il ragazzo con cui vorrei stare adesso si è già passato il mio ex e proprio quando stava ancora con il sottoscritto? – il mio tono era rabbioso, sembrava tutto fuorché una dichiarazione quella. Sembrava più un insulto ormai.
- Questo suppongo che non lo dimenticherai mai ...
- No, non lo dimenticherò mai, ma non credere che mi importi. Non vale poi così tanto ...
Non valeva assolutamente più di quello che avevamo io e Levin in quel momento. Al diavolo il suo passato e al diavolo i tradimenti. Al diavolo il mondo intero e anche Aiden. Non era nella mia indole rinunciare a qualcosa di così importante soltanto per degli scrupoli di coscienza.
Io non avevo una coscienza.
Lo attirai a me in quel preciso istante, passandogli le mani intorno al viso per bloccarlo nelle mie. Una linea di tensione solcava la sua fronte, i suoi occhi grigi non facevano nulla per nascondere la confusione che lo attanagliava negli ultimi tempi. Ero il ragazzo sbagliato per lui e lui era il ragazzo sbagliato per me, ne eravamo entrambi consapevoli e, allo stesso tempo, la consapevolezza di ciò che eravamo non cambiava nulla.
- Vuoi lasciare perdere? Se preferisci non vedermi basta dirlo. Ti capirei, forse non lo accetterei subito, ma lo capirei
- Sta zitto, Andrew. Vuoi sentirmi dire che è troppo tardi per tirarmi indietro? Perché è così, è troppo tardi. Avrei dovuto pensarci prima, non adesso – Levin si fece indietro lentamente, per un attimo coprì le mie mani con le sue, stringendole appena prima di lasciarle andare. Lo vidi scuotere la testa – solo che ... stiamo iniziando a uscire insieme ogni giorno, poi anche questa storia del regalo ...
- Ti sembra troppo?
Forse lo era, forse stavamo correndo prima ancora di aver imparato a camminare.
- Non mi sarebbe sembrato troppo se non ci fossero stati tutti questi problemi dietro ... - ammise Levin con difficoltà – ma dal momento che ci sono ho sempre l'idea che debba controllarmi o fare in modo di non esagerare
Mi venne da ridere, anch'io avrei dovuto controllarmi davanti a Levin, forse lo avevo anche fatto non comprando i due biglietti per il concerto al Carnegie, ma a parte quello non ero andato molto oltre.
- E ci stai riuscendo? – mi informai, adesso c'era un che di ironico nella mia voce
- Io? E' da anni che modero qualsiasi cosa. Sono allenato.
Avrei voluto chiedergli di insegnare a farlo anche a me, ad apparire quasi incurante come lui. L'unico momento in cui perdeva lucidità era a letto, quando riuscivo ad azzerare le sue difese con i miei baci e le mie attenzioni, ma fuori da lì Levin tornava ad ergere dei solidi muri di mattoni che lo tenevano lontano e al sicuro da chiunque. Decisi di non insistere ulteriormente, strano pensare che fossi io a voler tirare fuori delle conversazioni che un tempo avrei evitato con tutte le mie forze ... le cose cambiavano e ad una velocità tale che non mi permetteva di capire cosa stesse succedendo dentro di me.
Mi immersi anch'io nella ricerca di qualcosa da ascoltare durante i miei viaggi in auto, Levin mi sembrava felice di potermi essere utile con i suoi consigli. Quello era il suo regno e niente poteva farlo sentire più a suo agio di un bel negozio di dischi. Annotai mentalmente tutti i vinili che avevano attirato la sua attenzione, sarei tornato tra qualche giorno per comprarli, ma in quel preciso istante decisi di limitarmi soltanto a seguire le regole. Levin si stava moderando, quando arrivammo alla cassa sospirò appena e mi lanciò un'occhiatina
- Ed io cosa ti compro adesso?
- Non mi aspetto un regalo – poi ci pensai meglio – anzi, il mio regalo sarai tu nel mio letto la notte di Natale. Credi che possa andare? O devo chiedere prima la tua mano ai coniugi Eickam?
Le sue labbra si aprirono in un sorriso di chi era parecchio tentato dalla cosa, non rispose, ma dal suo viso capii che stava aspettando quella proposta da un po' di tempo. Dovevo essere io a fare il primo passo, questo riusciva a mettere la sua coscienza in pace per un po' ... allora bene, pensai, non avevo mai avuto problemi a prendere le parti del carnefice.

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