23. Useless

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Nascimur uno modo, multis morimurCestio Pio
Nasciamo in un solo modo, ma moriamo in molti

ANDREW

Non mi ero mai sentito tanto impotente ed inutile come in quegli ultimi terribili giorni di agonia. Mi trascinavo in ospedale dopo una nottata trascorsa per lo più insonne, camminavo come un automa, gradino dopo gradino, passo dopo passo, il mio cervello sapeva dove condurmi, ma non riusciva a prepararsi a quello che avrebbe dovuto sopportare ancora e ancora.
Avevo visto così tanti uomini in condizioni disperate ... amici, soldati, innocenti, nemici. Avevo una conoscenza così vasta di ospedali, mutilazioni, ferite e sofferenza che non pensavo di poter provare ancora quel dolore sordo e devastante che non mi aveva più abbandonato da quel fatidico quindici di novembre. Erano trascorsi cinque giorni e le condizioni di Aiden erano rimaste esattamente uguali. Era in coma e la sua vita dipendeva letteralmente da quella macchina che gli permetteva di respirare, che lo teneva ancorato ad un'esistenza che, fino a quel momento, si era dimostrata fin troppo crudele con lui.
Appoggiai le mie mani gelide sul vetro che dava sulla sua stanza e rimasi a fissarlo. Aiden sembrava dormire, eccetto per quel respiratore e quella miriade di tubi che lo sostenevano. Il suo viso era pallido come carta, sembrava che perfino una lieve brezza di vento avrebbe potuto portarlo via per sempre. Ero rimasto lì a fissarlo per ore, non sognavo miracoli, io non avevo fede e non credevo praticamente in niente. Gran bell'affare non avere niente a cui aggrapparsi, pensai.
Quella visione mi avrebbe fatto impazzire, non ero mai stato bravo a starmene immobile ad aspettare, dovevo fare qualcosa. Avevo bisogno di sentirmi utile a qualcuno.
- Ehi ...
Quel tocco sulla spalla mi aveva fatto sobbalzare. Mi voltai indietro per incontrare il volto ormai famigliare di Noah
- Non volevo spaventarti ... mi dispiace
- Ero solo perso nei miei pensieri - biascicai
E desideravo ardentemente che qualcuno potesse tirarmi fuori dalla mia mente, aggiunsi tra me e me.
- Tieni, ti ho portato qualcosa di caldo da bere
Afferrai il bicchiere come un automa, facendo un cenno di ringraziamento verso la sua direzione. Quel ragazzo era l'unica persona con cui scambiavo qualche parola in ospedale, perfino tra me e Keno era calato un silenzio sepolcrale. Mi detestava e potevo capire il perché, non c'era stata una sola cosa positiva che avessi fatto per Aiden in due anni della mia vita. Ero il bastardo che aveva fatto soffrire il suo amico, lo stronzo che partiva senza preavviso, quello che non c'era mai.
Che senso aveva tutto quell'odio alla fine? O i sensi di colpa che mi attanagliavano il petto e mi impedivano di dormire? Il passato non poteva essere cambiato e per certi errori non esisteva rimedio.
Mi costrinsi a tornare a quel corridoio, chiusi gli occhi stanchi per un po', li massaggiai mentre cercavo la forza di affrontare quel nuovo giorno.
- Cosa dicono i medici? C'è stato qualche cambiamento? Credi ci sia speranza?
Speranza. Che parola ingannevole e pericolosa. La detestavo.
Noah continuava a fissarmi con preoccupazione, quello che vedeva non doveva piacergli per niente. Eravamo tutti devastati, fine dei giochi.
- La speranza c'è sempre, Andrew. Anche se non ci sono stati miglioramenti, lui è ancora vivo
- Lo è? – dissi, alterandomi in fretta – ti sembra sia vivo? A me sembra che stia ... che sia già ... - non volevo dirlo e così non lo feci.
- Lo è. Può ancora risvegliarsi. Non sarà semplice, né posso giurarti che succederà, ma potrebbe succedere. Vale la pena sperare.
- Mi sento così inutile, vorrei fare qualcosa, qualsiasi cosa ...
Non riuscivo più a starmene lì in piedi a fissare quel corpo che riconoscevo a stento come quello di Aiden. Crollai a sedere
- Io ... non so se posso permettermi, però forse potresti fare qualcosa
Alzai lo sguardo su Noah, ero confuso adesso – Cosa? Cosa c'è?
- Tu eri il suo ragazzo, no?
Annuii febbrilmente – Sì, perché? Che c'è?
- Non dovrei dirlo, sono informazioni personali e se qualcuno sapesse che te ne sto parlando finirei nei guai. I genitori di Aiden hanno dei gravi problemi economici ... la loro assicurazione non può coprire i costi medici che saranno esorbitanti – Noah tentennò un po'.
Problemi economici? Aiden non mi aveva detto nulla a riguardo. Ma perché continuavo a stupirmi? Forse non lo avevo mai conosciuto per quello che era davvero, forse a me aveva mostrato solo la superficie.
- Pagherò io. Mi offro di saldare tutto. Dove devo andare per sistemare le cose? – ero di nuovo in piedi, finalmente sentivo di poter fare qualcosa di utile per lui. Era il minimo quello, ma era comunque qualcosa da cui iniziare
- No, aspetta. Devi prima parlarne con i genitori ... se davvero potessi farlo sarebbe grandioso, Andrew. Toglieresti un peso enorme dalle loro spalle, non meritano anche questo.
Volevo farlo. Qualsiasi cosa pur di sentirmi meno inutile di così.
- Grazie Noah. Grazie per avermene parlato.
Aveva sorriso, un sorriso spontaneo e sincero come non se ne vedevano da giorni. Mi sentivo lievemente meglio di prima, avere un proposito aiutava sempre.
La madre di Aiden non si era mai allontanata per molto dal reparto di terapia intensiva, infatti anche quella mattina era lì. Stava passando le pene dell'inferno com'era comprensibile, ma non sembrava avermi mai notato. Era avvilente riflettere sul fatto che non sapessi neanche il suo nome, nel corso di due anni insieme non mi ero mai preso la briga di chiedere ad Aiden della sua famiglia. Viveva in un piccolo appartamento con la madre che faceva l'infermiera e questo era tutto quello che sapevo riguardo i Berg.
Ero un lurido verme e adesso sarei strisciato fuori dal mio buco per risolvere almeno un paio di cose.
La donna osservava Aiden attraverso il vetro, i suoi occhi stanchi erano cerchiati di nero. Stava pregando a bassa voce, le labbra si muovevano piano, tremanti.
- Signora Berg? Mi dispiace disturbarla, ma devo parlarle
Quella si voltò verso di me, il suo viso confuso e stanco mi mise a fuoco con difficoltà
- S-sì? S-sei qui per mio figlio? – qualcosa si illuminò in lei – lo conosci?
- Io ... - quanto potevo essere sincero? Aveva senso nascondere ancora quello che era stato? No, non in un momento come quello. Tutto perdeva senso di fronte ad una tragedia del genere
- Sono stato il suo ragazzo fino a poco tempo fa – dissi alla fine.
Silenzio. La donna si passò una mano tremante sul viso pallido – Non ne avevo idea ... A-aiden, lui forse credeva che se me ne avesse parlato ...- ma io avrei capito. Non mi importava, non mi è mai importato questo. V-volevo solo che fosse felice
Stava piangendo e non era quello che volevo.
- Non deve sentirsi in colpa. Prima o poi glielo avrebbe detto, ne sono sicuro.
- F-forse lo farà quando si sarà risvegliato
Annuii con determinazione – Lo farà
- Vuoi entrare? Vieni con me
La sua mano era fredda nella mia, mi lasciai condurre all'interno della stanza asettica in cui Aiden dormiva. Dormiva? No, non dormiva. Era in coma.
Da vicino il suo viso era lievemente più magro di come lo ricordassi, ma non c'era un solo graffio o una sola tumefazione che avrebbe potuto rovinare la sua perfezione. Era ancora Aiden. Bello e fragile, adesso anche di più.
- I-il mio bambino ... il mio unico bambino. Darei la mia vita per poter salvare la sua, ma non è così che funziona, no?
Poi si piegò appena su di lui e poggiò un bacio delicato sulla sua fronte. Mi avvicinai appena, i singhiozzi bassi di sua madre erano una tortura. Avevo quasi paura di sfiorare la mano di Aiden, ma non era fredda come l'avevo immaginata, quel calore era confortevole
- Q-queste tragedie ... si abbattono su noi poveri mortali e non c'è niente che possiamo fare. Non abbiamo il controllo delle nostre vite, a volte ... a volte sono gli altri a decidere per noi.
Continuavo a tormentarmi sul perché fosse successo proprio a lui. E adesso la signora Berg era lì, lei doveva sapere.
- Cos'è successo? I poliziotti hanno fatto luce sulla dinamica dell'incidente?
La donna annuì, un lieve sorriso passò sulle sue labbra tremanti – Quel povero ragazzo, sono felice stia bene. S-stava provando a riportare Aiden a casa quando è successo tutto. Q-quell'auto li ha presi, non hanno potuto fare nulla ... loro non hanno colpe. Il mio bambino non ha colpe
Soltanto dopo che ebbi sentito quelle parole capii che non ero soddisfatto, non lo ero per niente. Dentro di me avevo voluto trovare un carnefice a tutti i costi ed era stato così comodo accusare Eickam per tutto quello che era successo quella notte.
- Ma Eickam ... mi sembrava di capire che aveva fatto uso di droghe
- No, il ragazzo era pulito. E-era Aiden quello che è risultato positivo però – un altro singhiozzo basso, spazzato via da un sorriso tremulo – m-ma il mio bambino n-non stava guidando, lui sapeva quanto fosse pericoloso, così aveva lasciato la guida della sua auto a Levin e sarebbero dovuti tornare a casa sani e salvi se non fosse stato per ... per quei ragazzi che correvano a folle velocità. Ad ogni modo, d-due di loro sono morti quella notte. N-non voglio un colpevole, non voglio vendetta ... vorrei soltanto che mio figlio, che lui stesse bene. Che tornasse da me. E' tutto quello che chiedo
Faceva male, il dolore che quella donna stava sopportando rendeva tutto il resto privo di senso. L'abbracciai, strinsi il suo corpo tremante contro il mio petto e iniziai a pregare anch'io. Volevo che tutto quello finisse il prima possibile. Eravamo all'inferno, ma doveva pur esserci una via d'uscita, no? Non riuscivo a concepire l'idea di brancolare in quell'orrore per un tempo indefinito. Doveva esserci un modo per interrompere tutto quel dolore.
- Io e mio marito abbiamo commesso così tanti errori negli ultimi anni ... s-siamo stati dei pessimi genitori e nessun figlio meriterebbe niente del genere. Forse se non fossimo stati così distanti e sbagliati, forse lui si sarebbe affidato a noi, forse non avrebbe preso quelle droghe. Non avevo idea che ne facesse uso. Cos'altro mi è sfuggito? T-tu lo sapevi?
- Signora Berg, mi stia a sentire. Non deve fare questi pensieri, non deve e basta. Come ha detto lei, a volte non possiamo controllare ogni cosa ... se potessimo farlo sarebbe fin troppo semplice. Questa è stata una tragedia e non è dipeso da nessuno di voi. Aiden le voleva bene e ne sono certo. Era solo un periodo difficile per lui.
Guardai la donna dritta negli occhi. Avevo pronunciato le stesse parole che avrei voluto sentirmi dire anch'io. Anch'io avevo bisogno di un'assoluzione che però non avrei trovato. Non così semplicemente.
- E a questo proposito, so quanto sia difficile una situazione del genere, soprattutto con i costi esorbitanti del nostro sistema di assicurazioni. V-volevo offrirmi di pagare le cure mediche di Aiden ... è il minimo che possa fare
- C-cosa?
- La prego di accettare. Ha già così tante preoccupazioni, voglio solo renderle le cose un po' meno dure, toglierle un pensiero di troppo. So che non è molto, ma non c'è altro che possa fare
Il denaro era tutto ciò che avevo e non mi era mai sembrato così inutile come in quel momento. Strinsi le mani della donna tra le mie, il mio sguardo era una tacita preghiera
- M-ma non posso, insomma ... la degenza di Aiden potrebbe prolungarsi per molto tempo e non posso chiederti di
- Insisto. Sono io che sto chiedendo a lei di accettare. Mi renderebbe felice, mi darebbe la sensazione di poter fare qualcosa ... la prego – mi sarei inginocchiato se fosse servito a qualcosa. Mi aggrappavo al pensiero di poter pagare le cure di Aiden come se da quello dipendesse la mia sanità mentale e probabilmente era davvero così – la prego. V-voglio essere utile, tutto quello che chiedo è di poter essere utile
La donna scoppiò in un altro pianto a dirotto, ma stavolta non c'era solo disperazione in lei, c'era del sollievo
- Non potremo restituirteli e sono davvero tanti
- Bene, perché non ve li chiederò indietro. E non importa, l'unica cosa che ho è il denaro
- No, non credo proprio.
Poi mi accarezzò, un gesto semplice ma che contava tanto – Stai salvando Aiden. Gli stai permettendo di continuare a ricevere le migliori cure e non potrò mai ringraziarti quanto meriti per questo. Grazie ... - tentennò appena, non sapeva il mio nome.
- Andrew, sono Andrew Wolfhart
- Andrew Wolfhart – ripeté e stavolta sorrise davvero.
Avevo sfiorato i capelli di Aiden un'ultima volta, una carezza leggera come un soffio. Vederlo in quelle condizioni mi faceva star male, il rumore sordo del respiratore che scandiva i secondi e il suo viso pallido ed immobile mi richiamavano alla mente scene già vissute in missione.
Andai via dopo aver salutato sua madre con la certezza che, almeno per quel giorno, qualcosa era andata meno storta del previsto.
Keno era lì fuori, livido in volto e con un sorriso disgustato stampato in faccia. Niente di nuovo, pensai, vedermi parlare con la signora Berg non doveva essergli piaciuto.
- Wow, adesso si passa alle presentazioni in famiglia. Notevole ... peccato che non avessi tutta questa voglia di fare conoscenze quando lui era ancora sveglio, vero? Questo lo hai detto a sua madre?
- Togliti dai piedi, Keno
Non avevo più voglia di giocare al tiro al bersaglio. Ero stanco di farmi colpire dalla sua rabbia insensata.
- No, togliti dai piedi tu, Wolfhart. Non ti è mai importato di lui, perché fingi che ti importi adesso? Vuoi vincere il premio di cittadino dell'anno? Che altro farai ancora? E' tutto inutile! Puoi anche ingannare i suoi genitori e i medici, ma io so chi sei davvero.
Ero lontano ormai, non avrei fatto il suo gioco. Avrebbe dovuto trovare un nuovo capro espiatorio o affrontare i demoni che lo tenevano sveglio la notte.
La verità era una e semplice: sia io che Keno avevamo fallito con Aiden. L'unico ad essergli rimasto accanto era Eickam, che mi piacesse o meno.
E quel pensiero non mi piaceva per niente.

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