Breath

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Ispiro a fondo digrignando i denti alla nuova contrazione, mi fa piegare in avanti, mozzare il fiato e allungare le mani sul cruscotto.
In nessuna posizione posso alleviare il dolore.
Arrivano ogni trenta minuti, non con la medesima intensità ma abbastanza forti da stendermi e farmi tremare.
Ho partorito da quasi due anni ma il ricordo delle doglie non passa mai del tutto e con sicurezza queste sono decisamente fuori dal comune.
Ispira. Espira.
Lo diceva in continuazione l'infermiera del corso preparto. Devo cercare di rallentare il battito cardiaco o fare in modo di pensare ad altro, qualcosa di veramente felice ma ogni ricordo sparisce in pochi secondi.
Finalmente posso tornare a respirare, almeno per i prossimi minuti.
Non posso davvero credere che stia succedendo adesso. È troppo presto ed io, noi non siamo decisamente pronti a portare a casa i gemelli. Ci mancano ancora cosí tante cose.
I nomi sono la cosa più importante e noi ne siamo ancora completamente sprovvisti, decisamente dei pessimi genitori.
Passo la mano sulla fronte madida di sudore reclinando la testa sul sedile osservando la strada e gli altri veicoli che spariscono cosí velocemente. Nathan non sta di certo rispettando i limiti di velocità e in questo preciso momento la cosa non mi dispiace, prima arriveremo in ospedale prima la dottoressa mi visiterà e subito ne seguirà l'epidurale, il dolore cesserà e starò meglio. Questa volta sono dalla parte dei farmaci e poi sento che qualcosa non và qui dentro con i due esserini.
«Angie non chiudere gli occhi» non me ne ero neanche accorta. Batto un paio di volte le palpebre osservandolo con la coda dell'occhio, stiracchio un sorriso per cercare di alleggerire la tensione che si è accumulata nell'abitacolo ma la cosa non lo aiuta e di certo non rilassa me.
È dal momento in cui ho detto quelle parole sotto voce, che nonostante la distanza ed i rumori di fondo riesco ad ascoltare il battito del suo cuore. Ha iniziato con un ritmo abbastanza moderato ma adesso è diventato frenetico. Sono io quella che sta per mettere al mondo due bambini da un buco minuscolo ma lui è quello spaventato che trema anche se sta cercando di essere stabile, la mia roccia.
Se ripenso a come si è comportato dopo, potrei seriamente prendere in considerazione l'idea di scoppiare a ridere.
Ha alzato la testa e trattenuto il fiato per quelli che ho considerato minuti interminabili, con un cenno della mano ha attirato l'attenzione prima di Terry e poi di Charlie.
Lei si è fatta sopraffare dal panico, avrebbe voluto mettere ogni cosa a soqquadro. Lui ha osservato il mio pancione, ha alzato un sopracciglio ed è passato ad osservare il ragazza accanto a me.
Solo la bionda poteva immaginare di fare cosí tanto caos ed io non volevo rovinare il giorno di Leo cosí dopo l'ennesima contrazione ed i convenevoli con le persone che si avvicinavano ho convinto Nathan ad andare via da soli e senza attirare l'attenzione.
Era la cosa migliore da fare.

«Perchè non dovrei?» borbotto infilando con le unghie il sedile, potrei staccarne un pezzo se continuo in questo modo «Non voglio rischiare» sposta la mano dal volante sfiorando la coscia con la punta delle dita, è una cosa davvero rilassante.
«Cosa?»
«Che ti possa addormentare per non svegliarti piu» ridacchiò afferrando la sua mano stringendola forte, forse un pò più del dovuto «La cosa è impossibile» abbasso la testa «Fa troppo male» ecco che ne arriva un'altra. In anticipo rispetto a quello che avevo programmato. Gli intervalli stanno diminuendo con velocità.
«Nathan» borbotto trattenendo a stento le lacrime «Tranquilla, siamo quasi arrivato» annuisco mordendo forte il labbro inferiore facendolo sanguinare.
«Non doveva andare in questo modo» piagnucolo tirando su con il naso, non vorrei piangere ma sono in preda ad una valanga di ormoni, emozioni che vogliono uscire con forza «È tutta colpa mia» scuote la testa per poi sospirare contrariato.
«Non è colpa di nessuno. Poteva capitare. La dottoressa lo aveva detto» asciugo le poche lacrime versate con un gesto stizzito «Dovevo starmene buona a casa» deprimo l'ennesimo singhiozzo cercando di non farlo preoccupare ulteriormente.
Potremmo finire in due in ospedale se il suo cuore non rallenta un può la corsa.
Ferma l'auto davanti al pronto soccorso voltandosi completamente verso di me.
«Guardami» mantengo lo sguardo basso, non posso sostenere i suoi occhi adesso, con le mani mi costringe a specchiarmi nell'azzurro, bacia entrambe le palpebre con dolcezza. «Tu non ne hai colpa. Nessuno di noi ne ha.»
Stringo le labbra tra loro coprendo gli occhi con entrambe le mani piangendo ormai senza controllo «Calma» sussurra baciando le labbra, dopo aver lottato contro le mie mani che non volevano lasciare il loro posto. Un bacio salato.
«Calma» ripete facendomi segno di respirare, facendolo con me.
Chiudo gli occhi sentendo ancora una volta le labbra sulle mie. Riesce a rilassarmi con poco.
«Vado a chiamare qualcuno» lo trattengo per la manica del vestito «Non lasciarmi» borbotto battendo le bocche sul finestrino, sta per arrivare un altra «Amore devo andare o darai alla luce i nostri figli sui tappetini dell'auto.»
Non ne sono davvero convinta ma ha ragione.
«Se hai un'altra contrazione respira. Torno tra poco» apre lo sportello ma poco prima che mi lasci afferro la sua  mano attirando il suo sguardo «Ti amo» sorride poggiando la fronte sulla mia «Anche io, cosí tanto.»
Lascio definitivamente la presa ed ecco che corre veloce anche con indosso il suo abito elegante e le scarpe scomode, da la sensazione che non può essere fermato, riesco a vederlo dalle sue spalle, dall'aura che emana e io non sarò da meno.
Basta lacrime, basta pensieri negativi.
Noi staremo bene.

L'amore non mi bastaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora