Capitolo 30 ~ Appesa a un filo (Pt. II)

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Quattro anni prima
San Francisco

Sapevo che mancava poco al giorno della nascita di mio figlio, ma credevo ci volessero ancora una o due settimane. Il mio ometto invece ha deciso di venire al mondo in anticipo, sconvolgendo i miei piani.

L'agitazione che sento muoversi dentro al petto da quando ho appreso la notizia è indescrivibile. I pensieri vagano tra paure e gioie. Il cuore rischia di scoppiare per l'impazienza d'incontrarlo e le mani fremono dal desiderio di toccarlo.

"Sto venendo a prenderti, cucciolo, e ti prometto che presto ti porterò lontano da quei criminali!"

«Sei sicura di volermi accompagnare dentro, Tif?» mi accerto, appena fuori dall'ospedale, scrutando le sue iridi azzurre in cerca di cedimenti. Non voglio che vedermi insieme ad Anita e al bambino la faccia soffrire. Ha già fatto tanto per me e questa giornata per noi due è stata troppo bella per rischiare di essere rovinata.

«Sono sicurissima» mi rasserena. «Non posso lasciare il tuo fianco proprio ora e poi non vedo l'ora di conoscere quel marmocchio! Scommetto che somiglia a te e non a quell'arpia velenosa». Un po' lo spero anch'io, ma confesso che non mi dispiacerebbe rivedere in lui gli occhi verdi di sua madre.

«Sei unica, ragazzina. Un'altra donna mi avrebbe mandato a quel paese se fosse stata al tuo posto»

«Non credere che non abbia pensato di farlo!» scherza alleggerendo i toni. In realtà io temo ancora che questo bambino possa stravolgere il nostro rapporto in negativo, ma mi sforzo di credere che non succederà.

Teso e impaziente la prendo per mano e varco insieme a lei l'entrata della struttura. Camminiamo tra i lunghi corridoi bianchi, in cui il forte odore di disinfettante punge le narici, finché raggiungiamo il reparto indicatoci dalle infermiere.

Individuo subito Santiago poco distante che passeggia nervosamente avanti e indietro. Suo padre intanto, in piedi nelle vicinanze, si stropiccia il viso con una mano e stringe con un braccio la moglie che nasconde la testa sul suo petto.

Non mi aspettavo certo di vederli sorridere entusiasti per la nascita di mio figlio, ma nemmeno di trovarli così seri e devastati come se fosse appena accaduta una tragedia.

«Era ora che arrivassi, Anderson!» ringhia scontroso il mio rivale. «Dove cazzo sei stato?»

«Sono fatti miei e non ti riguardano!» replico infastidito. «Sono venuto il prima possibile ma non è colpa mia se mi hai chiamato soltanto mezz'ora fa». Avrebbero potuto avvisarmi già all'inizio del travaglio piuttosto che dopo la nascita del piccolo. Avrei apprezzato maggiormente assistere alla venuta al mondo del mio bambino invece che raggiungerlo soltanto adesso, ma al momento non mi va di rovinare questa gioia litigando con lui. 

«Beh sei arrivato in ritardo!» sputa fuori indignato, decisamente troppo arrabbiato per i miei gusti.

«Santiago, taci!» lo riprende il padre. «La situazione è gia abbastanza tragica» borbotta rammaricato.

"Qui c'è qualcosa che non quadra! Perché sono tutti così strani? E quale sarebbe questa tragica situazione?"

«Di che diamine parlate?». Aggrotto la fronte sempre più confuso, in attesa di spiegazioni, intanto che il mio avversario va a sedersi silenziosamente su una poltrona, nascondendo il viso tra le mani. Conosco Santiago da un paio d'anni ormai e non l'ho mai visto così cupo e combattuto. La cosa non mi piace per niente!

 The Faded Memories  ~ Ricordi Sbiaditi Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora