☆═━┈sixteen┈━═☆

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xvi.
nocturne

Millie

«Chiamami più spesso, ok?» la voce computerizzata di Sadie risuonò nella stanza dalle pareti bianche; sebbene granulosa, quasi distante, il tono di malinconia era udibile nelle sue parole. Avrei voluto chiederle qualcosa in più, ma le mie domande erano stato freddamente deviate. Il tempo aveva corso e la rossa insisteva sul dover andare, così annuii semplicemente in risposta.

«Buonanotte.» le sorrisi un'ultima volta prima di abbassare lo schermo del mio portatile, che posai delicatamente sul letto sulla quale sedevo.

Mi lasciai cadere sul materasso, tirando un sospiro. La visione di Sadie mi, sicuramente, rasserenava, eppure quel giorno sembrava più distaccata, quasi troppo, troppo lontana; le avevo raccontato della nuova scuola, di Lilia, Iris, Noah e Gaten, dei professori e degli orari. Insomma, le avevo raccontato tutto –quasi tutto– della mia nuova vita.
Avevo infatti dimenticato una sola persona, o meglio, avevo ignorato la sua immagine che mi tormentava. Spesso avrei voluto parlare di lui, dei suoi fastidiosi modi di fare e del suo aroma di fumo, di quella mattina stessa in cui l'avevo messo al tappeto e dello sgabuzzino, eppure...

Mi trascinai giù dal letto, decisa a lasciarmi alle spalle i pensieri e gli avvenimenti che durante il giorno mi avevano perseguitata; iniziando dal compito di inglese che avrei dovuto presto affrontare, a Lilia, al suo pianto struggente, ai racconti su Iris che adesso non sembrava più tanto affidabile, fino ai primi accadimenti di quella mattina: i nostri respiri all'unisono, i nostri sguardi incrociati, i nostri nasi troppo vicini.
Quegli occhi color pece, quella personalità da stronzo; per quanto potessi odiarlo c'era qualcosa... qualcosa che mi impediva di smetterla di pensarci.

Scossi la testa, non ero quel tipo di ragazza e non mi sarei lasciata ingannare da uno come lui. Il mio odio nei suoi confronti era palese, e se pensavo ad alcuni suoi atteggiamenti ribolliva ancora in me la voglia di tirargli un ceffone.

Lanciai uno sguardo all'orologio da parete, che indicava le undici e quarantatré di sera.
Era tardi, ma il sonno non si decideva ancora a farsi sentire e il cielo che intravedevo dalla finestra era troppo affascinante per resistergli, così, come al mio solito, mi avvicinai al balconcino della mia camera.

Era una notte meravigliosa, una di quelle notti che possono esistere solo quando siamo giovani, caro lettore. Il cielo era così pieno di stelle, così luminoso, che a guardarlo veniva da chiedersi: è mai possibile che vi sia sotto questo cielo gente collerica e capricciosa? Anche questa domanda è da giovani,caro lettore, proprio da giovani, ma che Dio la faccia sorgere più spesso nell'anima tua! ... A proposito di persone colleriche e capricciose, non posso non ricordare come mi comportai bene durante tutta quella giornata. Fin dal mattino ero stato tormentato da una strana angoscia....

Rilasciai un altro sospiro, il quale sembrò fondersi con il cielo stellato e la fresca aria notturna, che era tutta attorno a me. Cercai con lo sguardo qualche costellazione interessante, il luccichio speranzoso di una stella polare, e poi i miei occhi incontrarono il solito palazzo.

Il mio sguardo, come di consuetudine, si posò sulla terrazza vuota, quasi abbandonata. Quanto avrei voluto possedere quella terrazza per ammirare il cielo notturno, le strade deserte della città dormiente in tutta la loro mistica bellezza. Perché è vero, l'erba del vicino è sempre più verde.

Fu il tempo di lanciare l'ennesima occhiata al cielo limpido di quella sera e riportarlo sul terrazzo disabitato che esso perse in un attimo il suo titolo:
Era forse una figura, una sagoma, un'ombra ignota quella che si aggirava per il terrazzo a quell'ora di sera?

Un rumore spezzò la quiete notturna che mi avvolgeva; forte e chiaro udivo quel singhiozzare che sembrava tanto un eco. Risuonava calmo nella notte limpida, come una triste melodia nel cuore della serata.

Lentamente iniziai a distinguere i particolari della sagoma e, particolare per particolare, la figura sembrava sempre più familiare.
Fu quando la fiammella di un accendino illuminò il suo volto, che non ebbi più dubbi.

Era lì, con il viso rigato e una sigaretta tra le labbra; il fumo stonava con l'ambiente circostante, ma la sua figura slanciata sembrava parte della notte stessa. E per un attimo il battito mi mancò.

Cosa ci facevi li, Finn?

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considerate questo secondo aggiornamento della giornata come pretesto per farmi perdonare per i due giorni in cui non ho aggiornato e amatemi

Dovrei scrivere più spesso spazi autore?

where the lanters end up [fillie] Where stories live. Discover now