☆═━┈thirteen┈━═☆

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xiii.
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Millie

Durante tutto quel tempo, nella mia mente non c'era stata la minima ombra di Iris, nemmeno il più piccolo, insignificante pensiero o il più vago promemoria.

Avevo letteralmente passato un'ora sola con il suo ex, e per di più ci eravamo appena ritrovati l'uno sopra l'altro sotto il suo sguardo severo.
Non è questo quello che fanno le amiche.

«Iris, te lo giuro, non è come sembra-» non feci tempo a concludere le mie disperate scuse che la ragazza girò i tacchi, allontanandosi a passo svelto. Ero nei guai.

«Iris!» feci per seguirla, quando fui bloccata da una salda presa. Mi voltai di scatto, ed incontrai lo sguardo duro, nuovamente impenetrabile di Finn, che stringeva il mio polso tra la sua lurida mano.

«Lasciami!» strepitai, dimenandomi a più non posso. Fu tutto inutile, la sua presa era troppo dura. Finn mi guardò in uno sguardo tra l'implorazione e la severità; era come se stesse cercando di dirmi di lasciarmi stare, ed io, ad occhi velati, non potei far altro che sussurrare a denti stretti:
«Sei uno stronzo»

Quelle parole, pronunciate nel più tagliente e veritiero dei modi risuonarono nelle orecchie di entrambi a lungo.
Il corvino sgranò gli occhi, e riuscii a percepire la presa sul mio braccio allentarsi: era tornato tutto come era all'origine, se non peggio. L'atmosfera profonda creata in quell'angusto sgabuzzino era stata stravolta in una frazione di secondo. Erano tutte falsità, quelle parole sussurrate, nascoste nelle ombre del piccolo ripostiglio?

Approfittai del suo momento di debolezza per fuggire a gambe levate; lasciai lo sgabuzzino sotto gli sguardi confusi dei miei amici, che adesso avevano smesso di ridere. Mi aggirai tra i corridoi correndo disperatamente, eppure, di Iris non vi era traccia.

Finn

«Tutto bene, amico?» la voce profonda di Caleb mi risvegliò dai miei pensieri; erano già passate un paio di ore dall'incontro con Millie, dallo sgabuzzino, dalla sua fuga, eppure non riuscivo a togliermi quelle immagini dalla mia mente:

I suoi occhioni curiosi, i suoi boccoli castani, la sua lingua arguta.
Ridicolo pensare che Finn Wolfhard, il cattivo ragazzo della scuola, fosse incapace di distogliere una banale ragazza come Millie dalla sua mente.
Eppure era così, perché per quanto volessi smetterla, continuavo a rimurginare sui miei errori come mai avevo fatto prima. Io, che di errori ne avevo fatti a palate, senza dar loro il minimo peso.

In un'ora il mio modo di vedere le cose era completamente mutato, perché da quando quella porta si era spalancata, anche la luce pareva diversa, trasparente come la realtà che mi circondava.

Incredibile pensare che, se fino al giorno precedente la compagnia di Caleb, Sophia e le numerose cheerleaders pendenti dalle mie labbra mi facesse sentire importante, adesso tutto sembrava così vacuo, insignificante.

«Si...si, tutto bene» risposi distrattamente, afferrando un'altra sigaretta dal pacchetto che tenevo in tasca. Come se una tanto insignificante sigaretta sarebbe stata capace di porre fine a quella tortura psicologica.

«E basta!» si lamentò Sophia, strappandomi la cicca di mano.
«É la quinta della giornata, vedi di smetterla se non vuoi ridurti in cenere anche tu.»

«Siete una palla.» sospirai, poggiando sfacciatamente la schiena al muro.

«Tu lo sei. Non capisco proprio cos'hai oggi.» la rossa mi imitò, portando alle labbra quella che era la mia sigaretta.

«Scroccona.»

where the lanters end up [fillie] Where stories live. Discover now