Cap 29

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Gocce di pioggia scivolavano sul finestrino del pullman. Volevo distrarmi da quello che era accaduto a Demi. Mi aveva fatto riflettere molto, ma volevo solo spostare l'orientamento dei miei pensieri. Perciò, scesi a una fermata che non conoscevo, giusto per fare una passeggiata. Non mi importava di bagnarmi.

Camminando per qualche strada, mi accorsi che ero giunto a un quartiere che non vedevo da tanto tempo, forse da cinque anni.

C'erano vari negozi, forse ci potevo passeggiare con Connie e Zoe. Ormai faceva parte del nostro gruppo la nostra cucciola!

Ma la mia attenzione fu catturata da un negozio.

Music shop

By Ernest.

Entrai dentro. Mi tolsi il cappuccio, e alzai la testa.

Dentro c'era una enorme varietà di strumenti musicali, dischi, libri, spartiti, e c'era una cosa che mi fece sorridere.

C'era un pianoforte in mezzo al negozio, e la gente che veniva poteva suonarlo liberamente.

Da piccolo feci qualche anno di pianoforte ma poi lasciai. Ormai non ricordavo più nemmeno il perché, forse i miei genitori volevano farmi concentrare più sulla scuola. Al tempo i miei genitori mi assecondavano ad ogni mia scelta, invece oggi non è più così. Ho dovuto lottare per poter andare alla mia scuola. Volevano iscrivermi al classico.

-è un'ottima scuola- dicevano

-li ti farai carriera- dicevano ancora.

Dio quanto li odiavo. È una cosa brutta da dire lo so, ma io penso solo a me, e dissi a me stesso queste testuali parole tempo fa. "Ormai non esisto più nella famiglia Frost."

Non oso ricordare la goccia che fece traboccare il vaso.

Scacciai via i miei pensieri, e mi avvicinai a quel grande pianoforte a coda.

Suonai la nota do.

Era passato così tanto tempo. Qualcosa forse la ricordavo, forse ricordavo la sonatina di Mozart, che da piccolo facevo benissimo.

Prima che i miei genitori mi tolsero la lucentezza della musica.

Mi sedetti, e in barba a quelle poche persone che stavano li dentro, suonai.

Non provavo più quella sensazione di soddisfazione, provavo solo una misto di rancore e malinconia.

Mi staccai dal piano senza una minima nota di riluttanza, anzi, sembrava quasi che ne fossi intimorito, e girai per il negozio evitando gli sguardi della gente.

Il mio volto non era che triste. Mi ero dimenticato quanto male mi aveva fatto smettere di suonare. Mi piaceva così tanto il pianoforte.

Nessuno lo sapeva, se non i miei.

Qualche minuto dopo, giunse un signore sulla quarantina, con un viso amaro ma sorridente, con dei crespi capelli neri, che si sedette al pianoforte, e suonó una nota sola.

Mi girai. Lui mi guardó, mi fissava. Dopo la risuonó e mi chiese.

-Giovanotto, che nota è questa?-

-mi, perché?-

-tu rispondimi e basta, poi ti dirò-

Era enigmatico, e allo stesso tempo divertente. Era una sottospecie di sfida questa.

-e questa nota qui?-

-Mh, re-

Da piccolo mi insegnarono a riconoscere le note, aiutandosi facendo una scaletta dei suoni delle note, e poi confrontare il suono della nota con quello in ascolto. Era diffcile, il mio insegnante era molto rigido, e se sbagliavo, mi bacchettava sulla mano. Avevo solo nove anni. Mi rimase impresso quell'uomo. Aveva dei capelli neri, che teneva sempre all'indietro con la gelatina e aveva sul volto un...neo...aspetta...

- e questa nota qui?-

-do diesis-

-bravo, molto bravo, Dereck-

Come diavolo sapeva il mio...

Mi avvicinai, e lo guardai sul volto. Aveva quel neo sulla guancia!

-professor Clay!-

-Chiamami per nome, se te lo ricordi-

-ehm...-

-ti di un aiuto. Guarda fuori sull'insegna-

-Ernest! Mi ricordo di lei, fu il mio insegnante di pianoforte...che ci fa qui?-

-no veramente che ci fai tu

Qui, questo è il mio negozio! Ahahah-

Risi insieme a lui, ne era passato di tempo, e lui era invecchiato un pó. Ma i suoi occhi erano ancora vividi e scuri come una volta. Sembravano due opali.

-sei cresciuto un sacco, Dereck.-

-grazie, e lei sta in forma. Comunque, posso sapere perché ha aperto un negozio? Insegna ancora pianoforte?-

-si, ma non mi bastava più il reddito come insegnante. Così ho messo da parte dei soldi e ho avviato un impresa, quando sarai grande capirai meglio-

-capisco perfettamente-

-come mai ti sei messo a suonare nel mio negozio?-

-perché ho rievocato alcuni ricordi che avevo dentro-

-è un peccato che tu abbia smesso di suonare. E che i tuoi mi abbiano venduto il pianoforte.-

-questo non me lo ricordavo...-

La rabbia cresceva dentro di me.

-Ti piacerebbe suonare ancora Dereck?-

-sinceramente non sento più quella carica che avevo da bambino, mi capisca. Me l'hanno spenta, e non si è più riaccesa.-

-ti capisco, è successa la stessa cosa a un altro mio allievo, ora non ricordo chi. La vecchiaia si fa sentire!-

-stia tranquillo, è comprensibile, aveva un sacco di allievi!-

-beh Dereck io devo chiudere il negozio, si è fatto tardi, e credo che tu dovresti tornare a casa.-

-Dannazione sono quasi le otto! Devo scappare, ripasserò promesso, a dopo!-

-ciao Dereck, è stato un piacere-

Anche se era rigido ne fui riconoscente per quello che mi aveva insegnato. Non mi sono dimenticato quasi nulla.

Affannato, presi il pullman che stavo per perdere e timbrai. Mi abbandonai sul sedile, guardando la grigia città da fuori il finestrino.

Una parte di me si era risvegliata da un lungo letargo.

Il "musicista"Where stories live. Discover now