Cap 20

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I tre bulli parlavano con Demetria. Chissà cosa si stavano dicendo, erano troppo lontani. Vidi uno dei tre si avvicinava sorridendo maliziosamente, e che la mia amica stava lentamente indietreggiando. Sussultai quando vidi che quel coglione l'aveva presa dai fianchi e stava cercando di baciarla. Mi avvicinai cauto e mi rinascosi più vicino, dietro a dei cassonetti. Non potevo rientrare in una zuffa, no. Dovevo cercare di allontanarli, In qualche modo.

-Smettila non ti conosco neanche!-

-dai, una ragazza come te merita queste attenzioni-

-sei un porco!-

Demetria mi vide sgranando gli occhi mentre Michael gli stava dando degli sporchi baci sul collo Le feci cenno di scappare. Lei si liberó e lo fece, e in quel preciso istante spuntai e dissi quasi urlando dalla rabbia:

-Lasciatela in pace, non è mica come vostra madre.-

-guarda chi c'è il paladino della giustizia venuto qui per difendere quella povera puttana-

Non gli diedi ascolto, e vidi Demi che mi guardava da lontano. Aveva gli occhi colmi di lacrime.

Nel frattempo, troppo preso da lei, mi arrivó una ginocchiata nello stomaco, e caddi a terra.

-ora chi salverà te Dereck?-

Mi risollevarono, avevo gli occhi chiusi.

-ti piace fare l'eroe vero?-

Sentì un colpo secco sulla faccia, e poi tanti altri sul torace.

-ora non scappi più-

Dolore dappertutto. Stavo steso a terra e incassavo, colpo dopo colpo. Ormai non aveva più importanza, avevo fatto la cosa giusta e ciò che ci sarebbe stato per me non aveva importanza.

Non ricordo altro di quel giorno. Tranne che con un occhio semiaperto vidi i tre scappare, dopo, il buio.

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Aprì violentemente gli occhi , e la prima cosa che vidi fu il soffitto bianco, da cui spuntava una piccola crepa.

Appena cercai di alzarmi, un dolore lancinante mi attanaglió il petto, anzi, un pó più sotto.

Avevo una costola fratturata, sicuramente. Feci un profondo respiro, ma appena cercai di riempire i polmoni lasciai un gemito in risposta al dolore. Faticavo a respirare.

Ero nell'ospedale, e sul comodino affianco a me c'erano degli analgesici, il mio telefono e il mio portafogli. A terra stava poggiata a letto, la mia cartella.

Entró una dottoressa anziana, sulla cinquantina con degli occhiali neri e spessi che con un' espressione dolce mi chiese come stavo.

-una merda grazie, ma mi poteva capitare di peggio. Mi scusi la parolaccia-

-tranquillo, sentiamo bestemmie da quasi tutti i pazienti tutti giorni!-

-sorrisi, anche se c'era poco da sorridere in quella situazione. Fuori dalla camera c'erano i miei che mi salutavano preoccupati, e mio fratello che parlava con una dottoressa. Distolsi lo sguardo.

Mi diedero degli analgesici, e io li presi. Mi diedero un impacco di ghiaccio da mettere sopra al petto, che sollievo.

Era tutto un fottuto incubo.

Il "musicista"Where stories live. Discover now