Capitolo 23

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Chiedo al ragazzino di portarmi in città. Quello che mi ha procurato non era tanto male ma comunque devo ricavare alcune informazioni da solo. Mi sta attaccato alle costole ma se voglio delle informazioni è quello che mi serve. Ci troviamo in città e decido di lamentarmi un po' con lui per quello che mi ha portato. Lo so, sono una persona difficile.

-Il panino era accettabile, la molla un po' arrugginita. Con il resto dei materiali me la caverò. Ah, a proposito, l'orologio di tua sorella..

-Si?- domanda lui facendomi capire che non c'è nessun problema ad indossare un braccialetto per bambine.

-Speravo in un modello un po' più da adulto.

-Ha sei anni.- dice lui ridendo.- Comunque, è un'edizione limitata. Quando parliamo di New York?

-Forse, mai. Toglitelo dalla testa.

-E degli Avengers possiamo parlare?- chiede ancora con entusiasmo.

-Non lo so.- ma sento un po' di panico montarmi addosso.- Hey, dai, fammi respirare. Qual è stata la versione ufficiale qui?- chiedo vedendo il disastro di un'esplosione. La stessa esplosione che ha mandato Happy in ospedale.- Cos'è successo?

-Credo che questo tipo.- inizia a dire il ragazzino girandosi in torno.- Chad Davis, abitasse qui in torno. Aveva vinto un sacco di medaglie per l'esercito. La gente dice che un giorno è impazzito e ha fatto, sai, una bomba e si è fatto saltare in aria, qui.

-Sei persone morte, giusto?- chiedo guardandomi in torno e vedendo tutte le ombre lasciate dai corpi carbonizzati.

-Si.

-Incluso Chad Davis.

-Si.- risponde ancora lui con sicurezza.

-Già, non torna.- affermo sedendomi al suo fianco.- Pensaci. Sei morti e solo cinque ombre.

-Si ma..- inizia lui.- Dicono che le ombre sono i segni delle anime salite in cielo. Tranne che per l'uomo bomba. Lui è finito all'inferno perché non è rimasta la sua ombra. Per questo sono solo cinque.

-E tu ci credi?

-E' quello che dicono.- dice lui ma non mi conferma che ci creda o no.- Sai che cosa mi ricorda questo cratere?

-Non ne ho idea e non mi interessa.

-Quel gigantesco portale a New York.- dice lui un po' troppo esaltato della cosa. Per me è solo un incubo ricorrente.- Lo ricorda anche a te?

-Sei manipolatorio. Non ne voglio parlare.

-Ritorneranno gli alieni?- chiede evitando completamente le mie parole.

-Forse. Puoi smetterla? Prima ti ho detto che soffro di attacchi di panico.

-Questo argomento ti mette a disagio?- chiede come se fosse sbalordito della scoperta.

-Si, un po'. Posso prendere fiato un secondo?

-Si. Chi sono cattivi a Rouse Hill?- chiede ignorando del tutto la mia situazione. Porca la miseria, l'unica bambina con cui ho avuto a che fare in tutta la mia vita è stata mia nipote che adesso è un'adulta preoccupata per la vita del suo vecchio. Non sopporto i bambini. Poi qualcosa sembra fargli capire la situazione.- Ti serve una busta di plastica per soffiarci dentro? Prendi medicine?

-No.

-Dovresti prenderle.- dice con fare ovvio.

-Probabile. L'unica cosa che mi rimetteva in sesto prima era la voce di mia nipote o della mia ragazza. Sapere che sono tutti sogni o ricordi e non realtà, mi aiutava a mantenermi concentrato. Loro mi mantenevano con i piedi per terra.

-Hai lo stress post- traumatico?- chiede come se ne sapesse davvero qualcosa.

-Non credo..- provo a dire ma mi blocca di nuovo.

-Stai diventando completamente pazzo?- chiede e li lo guardo malissimo perdendo completamente il controllo e iniziando a soffiare fuori più aria possibile e respirando faticosamente.- Posso smettere. Vuoi che smetta?

-Prima ti ho detto di smetterla di fare così. Mi mandi fuori di cervello!- grido. Poi sento il panico salire e devo allontanarmi da qui.- Ecco, ci sei riuscito, contento?

-Ma che cosa ho detto?- chiede gridando dietro di me. Non gli do retta. Devo correre alla macchina e trovare la mia armatura. Oltre le persone più importanti della mia vita, è l'unica cosa che mi tiene sano di mente. Ho bisogno di sentire JARVIS e che mi dica che i parametri sono stabili e che non ho nessun problema fisico o mentale. Inizio a spogliarmi per il caldo e, arrivato all'angolo della strada, mi lascio cadere a terra mentre il piccolo arriva davanti a me.

-Che ti è successo?- chiede lui mentre porto la neve al mio viso per stabilizzarmi un po'. Poi gliela lancio leggermente in faccia.

-Colpa tua. Mi hai mandato in fuori giri. Su a lavoro, dove eravamo? Il tipo che è morto. Parenti? Madre? La signora Davis dove sta?

-Dove sta sempre.- risponde lui con ovvietà anche se non è così ovvio.

-Ecco, adesso sei di aiuto.- dico mentre mi dirigo da solo verso il locale che mi ha indicato il bambino, dato che non mi sembra un posto adatto a lui, e mi scontro con una signora che esce di li. Una tipa molto strana.

-Mi scusi. Signora..- la richiamo prendendo quello che le è caduto e porgendoglielo.- questo è.. ma mi blocco vedendo l'enorme cicatrice che ha sul viso. Per evitare l'imbarazzo, cambio discorso.

-Grazie.

-Bel taglio di capelli, le dona.

-Bell'orologio.- dice lei sembrando un po' sfacciata.

-Edizione limitata.

-Oh, non ne dubito.- dice lei con un sorrisetto quando le mostro meglio il polso.- Le auguro una buona serata.

Va via e io rimango un po' stordito. Era una cicatrice un po' particolare e evidente ma cerco di non farci caso entrando dentro il bar. Quando entro, trovo un sacco di gente in giro per il locale. Ordino da bere qualcosa e adocchio subito la signora in questione.

-Signora Davis?- chiede poggiando il bicchiere sul tavolo vicino al suo drink.- Posso sedermi qui?

-E' un paese libero.- risponde amareggiata e sconsolata. Forse, anche un po' brilla.

-Altroché.- le rispondo sedendomi. 

-Va bene. Da dove vuole cominciare?- chiede lei ma all'inizio non la capisco.

-Voglio solo farle le mie condoglianze. E sapere qual è la sua opinione.

-Senta.- inizia a dire improvvisamente.- Ecco il suo fascicolo. Lo prenda e se ne vada. Qualunque cosa ci sia li, lui non è responsabile.

-Lei aspettava qualcun altro, no?- dico aprendo il fascicolo sul ragazzo.- Doveva incontrare qualcuno?

-Si.- risponde lei guardando attentamente ogni mia mossa.

-Signora Davis, suo figlio non si è suicidato.- le dico chiudendo il fascicolo e cercando di rassicurarla.- Glielo garantisco. Non ha ucciso nessuno. E' stato usato.

-Cosa?- chiede lei quasi in lacrime.

-Come arma.

-Lei non è la persona che mi ha telefonato. giusto?- chiede con la voce incrinata dal pianto.

-Sarei io.- dice una donna poggiando bruscamente un distintivo sul tavolino davanti a me. La donna di prima. Questa è bella. Prendo il distintivo mettendolo in tasca, dopo che mi ha preso un braccio girandolo e sbattendomi contro il muro, e aspetto che qualcosa accada. Scoprirò qualcosa di interessante.




Io sono Iron ManUnde poveștirile trăiesc. Descoperă acum