Capitolo 18

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Dopo l'attacco di mostri alieni alla città di New York e dopo aver rischiato la vita dentro un buco nero perdendo respiro e conoscenza, la mia unica devozione da un po' di mesi a questa parte era diventata creare armature sempre più potenti e più tecnologiche per riuscire a sconfiggere tutto il male che in futuro arriverà. Abbiamo scoperto di non essere soli nell'universo e che i chitauri, mandati da Loki fratello di Thor, non sono le uniche creature che vogliono attaccarci per avere potere e forza. Tutto questo ha messo in allarme mia nipote, che anche da lontano mi controlla a vista, e la signorina Potts, la mia fidanzata ormai. So che il nostro lavoro come Avengers, i guerrieri più forti della Terra, e come singoli supereroi non finirà ma e che potremmo perdere molte, moltissime, persone combattendo come è accaduto all'agente Coulson ma tutto questo è il nostro lavoro e sono disposto a lavorare giorno e notte facendo si che meno persone al mondo possano soffrire o morire perché noi non siamo riusciti a fare qualcosa.

-Signore, la prego, potrei chiedere qualche ora per calibrare..- prova a dire JARVIS mentre inietto nel mio braccio dei sensori per aiutarmi meglio con l'armatura.

-No.- dico prima di iniettarne un altro e scuotere il braccio dal dolore.- Sequenza impianto a micro ripetitori completata.- continuo pulendomi il braccio dal sangue.

-Come desidera. Ho anche imparato delle istruzioni di sicurezza da dover ignorare.- continua la voce.

-Cosa che farò. Va bene, allora..- inizio e poi vedo uno dei bracci meccanici che pulisce a terra.- Ferro vecchio! Ciao somaro. Te lo meriti quel cappello sulla testa. Hey,- dico avvicinandomi a lui.- Hey! Dovresti stare nell'angolo per essere stato cattivo. C'è del sangue pulisci.

-Signore, posso rammentarle che è sveglio da quasi settantadue ore?- chiede retorico JARVIS mentre io faccio delle mostre strane ma per me fighe davanti la videocamera accesa al centro della stanza.

-Metti a fuoco. Signore, buona sera e benvenute in sala parto.- dico rivolgendomi alle mie armature.- sono lieto di annunciarvi il minente arrivo del vostro fratellino, pimpante e bello tosto. Primo piano e poi allarghi. La data e l'ora. Mark 42, test armatura propulsione, prensile e autonoma. Iniziare sequenza.- continuo a dire facendo toccare tra di loro i miei polpastrelli.- JARVIS, abbassa la testina. Il disco parte e Jingle Bells remix parte e riempie la stanza. Che bel regalo che faccio alle mie armature. Mi faccio avvolgere dalla musica e poi punto lo sguardo verso il tavolo con i pezzi della nuova armatura pronti per essere indossati. Punto una mano verso il tavolo dando il segnale ai pezzi di potersi muovere ma devo provare più di una volta per far si che funzioni e che parta tutto. la copertura per il braccio arriva e si adatta perfettamente ma l'energia è troppo potente. Parte superiore del braccio e spalla, arrivano subito dopo. L'altro pezzo del braccio arriva e la cosa mi entusiasma moltissimo che chiedo a JARVIS di mandarli tutti. La gamba destra si arriva con successo ma la parte posteriore dell'armatura ha qualche problema che fa destabilizzare tutto il resto, così chiedo a JARVIS di ridurre la velocità ma questo non avviene. La gamba sinistra arriva ma non mi rendo conto che arriva anche il para genitali che mi lascia un po' stordito così come il resto dell'armatura. La maschera che deve adattarsi al casco, sbatte contro il tavolo del gira dischi che si blocca. Quando punta verso di  me, si capovolge sbattendo nuovamente sul tavolo e così devo capovolgermi anch'io. Faccio un atterraggio ad effetto e mi complimento con me stesso ma mi scordo della parte posteriore dell'armatura che, quando arriva, mi fa balzare via smontando tutto il resto dell'armatura e facendomi restare agonizzante a terra.

-Come sempre, signore, è un grande piacere vederla a lavoro.- mi deride JARVIS.

Rimango indolenzito per un po' e capisco che 72 ore di differenza tra una dormita e un'altra sono un po' troppe, quindi mi fermo e accendo la tv. Grande errore, amico mio. Un nuovo terrorista si era fatto avanti. Come al solito qualcosa contro l'America doveva succedere per forza e quest'uomo mi sembra più convinto degli altri. Il suo nome? Il mandarino. Il presidente decide di rispondere a questi attacchi con una nuova arma che di nuovo non ha nulla. War Machine, o meglio il mio amico James Rhodes, ridipinto a stelle e strisce per combattere questa nuova guerra. Iron Patriot.. ma dico scherziamo? L'unica occasione di sapere qualcosa è di chiamare o vedere Rhodey, ed è quello che faccio. Cosa può dirmi lui che Iron Patriot è un nome adatto e che War Machine era troppo aggressivo e che ha avuto un bel impatto. Ma figuriamoci. Poi, finalmente parliamo di questo tizio, il mandarino, anche se sono notizie classificate. Mi rivela che ci sono state nove esplosioni in tutto ma che ne sono state rivelate solo tre ma che nessun marchingegno è stato ritrovato tra i detriti, quindi niente di rintracciabile. Devo fare qualcosa e di conseguenza chiedo di poter aiutare. Mai a tenermi fuori dal pericolo e dai problemi. Il problema? Il mio sonno. Dopo che gli rivelo tutti i passi avanti che ho fatto con la nuova tecnologia, mi chiede quanto io abbia dormito in questi giorni e sinceramente non è l'unico ma decido di ignorarlo. Dei bambini ci interrompono perché una bellissima bambina vuole un mio autografo sul suo bel disegno e io la accontento. Rhodey mi dice che tutto questo non è roba da supereroi e che è un problema normale che loro possono risolvere tranquillamente. Una cosa strana accade, in questo preciso momento. Mi blocco e mi sento soffocare e dall'agitazione rompo il pastello con cui stavo scrivendo. Iniziano le allucinazioni. Tutti mi chiedono come sto ma l'unica cosa che sento è la voce del bambino sussurrarmi:" E come sei uscito dal portale?" Questo mi fa scattare indietro con la sedia e correre via per rintanarmi dentro la mia armatura per controllare le mie funzioni vitali. Chiedo se è il cervello ma la risposta è negativa. Allora chiedo se è il cuore ma anche questa risposta è negativa. Sento Rhodey avvicinarsi e bussare sull'armatura. Mi chiede se sto bene e che questa situazione può destabilizzare le persone intorno a noi. Gli dico che sto bene ma volo via dall'unica persona che può aiutarmi adesso. Mia nipote.

-JARVIS chiama il telefono di mia nipote.

-Chiamata inoltrata, signore.- mi risponde lui con cortesia. Poco dopo, la voce di mia nipote si propaga dentro l'armatura.

-Hey, zietto. Dimmi tutto.- dice lei allegra ma il mio tono la smorza subito.

-Emma..- la chiamo.

-E' successo di nuovo?- chiede preoccupata.

-Si e se mi dici dove sei, ti raggiungo subito.

-Sono appena rientrata alla base a Washington. Entro quanto sarai qui?- chiede

-Due minuti.

-Bene, ti aspetto nella sala grande.- dice prima di riattaccare. Beh.. è un po' che va avanti questa cosa. Da quando c'è stato l'attacco degli alieni nono sono stato più lo stesso. Gli attacchi di panico sono rari ma forti quando arrivano. La cosa che mi preoccupa di più sono gli incubi. Mostri giganteschi che uccidono tutti i miei cari e il buco dal quale sono caduto dopo che ho lanciato il missile nello spazio. Le urla non sono minimamente paragonabili a nulla. Mia nipote mi aiuta. Stiamo in uno spazio aperto ma mi comprime tra le sue braccia per farmi sentire al sicuro. Credo, sia una cosa psicosomatica. Quando arrivo, trovo una finestra della sala grande aperta. Entro dentro e seduta al tavolo trovo Emma. Lei mi guarda ed esco subito dall'armatura. Mi corre incontro e l'impatto mi fa tornare in me. La abbraccio più stretta che posso senza farla soffocare e lei ricambia la stretta. Ci sediamo a terra attaccati al muro, e non mi lascia nemmeno per un secondo. Mi allontano leggermente dopo un'infinità di minuti e le sorrido.

-Grazie.

-Ci sarò sempre per te , zio Tony ma devi dirlo a qualcun altro e devi farti aiutare, okay?- chiede preoccupata.

-Promesso, tesoro.- dico lasciandole un piccolo bacio sulla guancia.

-Adesso, torna a casa dalla tua splendida fidanzata, io qui devo mandare a terra un bel po' di sederi di matricole e qualche missione.

-D'accordo.- dico alzandomi ed entrando dentro l'armatura.- Ci sentiamo.

-Ci conto.- mi dice sorridendo e dopo pochi istanti sfreccio via.



Io sono Iron ManWhere stories live. Discover now