Capitolo 1

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Beatrice
Il giorno del mio rientro a Torino, il cielo era splendido. Il sole stava pian piano calando, creando uno spettacolo magnifico.
I miei occhi erano incantati dai suoi colori: sfumature rosee e violacee si alternavano a sprazzi color rosso e albicocca, fino ad arrivare all'oro. Le nuvole, soffici e delle più svariate forme, si muovevano lente, come cullate dal vento, mentre il treno correva veloce sulle rotaie.
Erano quasi le nove di sera ed eravamo ormai giunti a destinazione. Smisi di osservare il panorama, che, in assenza di qualcuno con cui interagire, stavo fissando da più di un'ora. Presi la mia valigia e uscii dallo scompartimento.
Mio fratello, tutto preso a mandare messaggi, era stato un fantasma per tutto il viaggio, al punto che, presa dalla disperazione per aver dimenticato a casa le cuffie, mi ritrovai a raccontare alla vecchietta seduta vicino a me le mie disavventure estive.
Veronica mi aveva mandato un messaggio poco prima, dicendomi che non sarebbe riuscita a venirmi a prendere in stazione, così mi incamminai subito verso casa insieme a mio fratello, che aveva smesso di guardare lo schermo del suo cellulare ed era tornato, quasi del tutto, alla vita reale.
Rientravamo in città dopo un'estate passata insieme ai nostri genitori in Friuli, dove eravamo nati e cresciuti. Avevo passato le vacanze estive tra libri, gite in barca e interminabili pranzi di famiglia, durante i quali l'argomento principale sembrava essere la mia situazione sentimentale, piuttosto spenta al dire di mia madre e di mia nonna. Resoconto assolutamente positivo per mio padre.
La città era in fermento, cosa abbastanza normale per un venerdì sera di fine agosto.
Attraversammo diverse viuzze ed io, trascinando la valigia, cercai di destreggiarmi tra i diversi gruppi di ragazzi sparsi ai lati della strada, fuori da bar e locali, che, nonostante fosse ancora relativamente presto, già agitavano in aria bottiglie di alcolici e ridevano, preannunciando una serata all'insegna del divertimento.
'Io sono arrivato' mi disse Mattia quando giungemmo davanti alla palazzina color crema dove abitava, non molto distante da dove i mezzi pubblici ci avevano lasciato. Io invece avrei dovuto procedere ancora di qualche isolato prima di arrivare a casa.
Lo salutai, con la promessa che ci saremmo sentiti presto, anche se entrambi sapevamo che non sarebbe stato così. Fra impegni universitari e cerchie di amici differenti, il tempo per vederci anche solo per un caffè andava scemando.
Mattia aveva ventitré anni, uno in più di me. Frequentavamo entrambi l'università a Torino. Lui aveva optato per scienze politiche, mentre io avevo scelto storia dell'arte.
In comune avevamo soltanto i capelli dorati, gli occhi azzurri e un senso dell'umorismo da tanti considerato discutibile, mentre da altri, molto apprezzato. Per il resto, eravamo due mondi diversi, nonostante nostra madre insistesse sul fatto che fossimo quasi uguali.
Entrata nel condominio mi accorsi, con delusione, che l'ascensore era ancora fuori servizio, il che mi costrinse a usare le scale e a far strisciare la pesante valigia sugli scalini.
La porta del mio appartamento era leggermente aperta. La spinsi con una mano fino a spalancarla, mentre con l'altra strattonai la valigia, facendola entrare di forza in casa.
'C'è qualcuno?' gridai, attraversando il corridoio che portava al soggiorno.
'Non c'è bisogno di urlare' rispose la mia coinquilina, appollaiata comodamente sul divano.
Indossava un vestito nero, lungo fino a metà coscia, tempestato di pailettes argentate. I capelli neri erano sciolti, freschi di piastra, mentre il trucco, a giudicare dalla miriade di pennelli e ombretti sul tavolino, era ancora in fase di realizzazione.
'Comunque ben tornata' mi disse felice. Le sorrisi e mi diressi in camera mia, dove depositai la borsa e mi cambiai, prediligendo una tenuta più casalinga.
Tornai in salotto e approfittai del fatto che Veronica fosse sparita per stravaccarmi sul divano e accendere la tv.
'Cosa pensi di fare?' mi chiese lei, sbucando dal nulla.
'Mi rilasso' palesai, cambiando canale.
'Bea...è venerdì sera e non ci vediamo da due mesi' constatò. 'Perciò vestiti che usciamo'.
Sbuffai e mi girai a faccia in giù. Dopo sei ore di viaggio l'unica cosa che volevo era starmene a casa a mangiare gelato e a guardare repliche delle mie serie tv preferite.
'Coraggio!' mi spronò, per poi iniziare a colpirmi con un cuscino.
'Paolo ci fa entrare al Blue' esclamò gioiosa.
Il Blue era un locale di Torino, piuttosto prestigioso, frequentato da ragazzi ricchi, modelle e personaggi famosi. Entrarci era molto difficile se non si faceva parte delle categorie sopraelencate e noi, ovviamente, non ne facevamo parte.
'E chi è questo Paolo?' domandai confusa, con la faccia ancora immersa nel divano.
'Un ragazzo che ho conosciuto quest'estate' disse, prendendo il telecomando e spegnendo la televisione.
'C'è qualcosa tra di voi?'
Veronica ed io condividevamo l'appartamento da circa un anno e mezzo. In tutto quel tempo avevo incontrato almeno dieci dei suoi fidanzati, quindi immaginai subito che Paolo fosse solo un altro nome da aggiungere alla lista di ragazzi che avrebbe lasciato dopo un mese con la scusa dell'incompatibilità zodiacale.
'Devo ancora scoprirlo' annunciò maliziosa, entrando in camera mia. Non ebbi neanche il tempo di chiedermi cosa stesse andando a fare, che uscì dalla stanza, stringendo tra le mani il mio abito rosso.
'E tu...devi metterti questo' mi ordinò.
'Non voglio andare al Blue' risposi secca, sperando che ne comprendesse il perché senza il bisogno di spiegarlo.
'Lui non ci sarà' disse.
Lui. Proprio così.
Sapevo che il Blue era il suo locale preferito da sempre e non ci avrei messo neanche mezzo piede, vista l'alta possibilità di incontrarlo.
Tommaso ed io ci eravamo lasciati a maggio e da allora avevo tentato, con successo, di evitarlo in tutti i modi. Andare al Blue e vederlo avrebbe cancellato tutti i miei buoni propositi per dimenticarlo.
Le chiesi come lo sapesse e lei iniziò a ridacchiare, mi prese per mano e mi fece alzare dal divano, spingendomi verso il bagno.
'È ancora in Thailandia' sentenziò con fare esperto, mentre mi pettinava i capelli.
Saremmo dovuti andare insieme in Thailandia. Avevamo parlato tanto di quel viaggio e di come ci saremmo divertiti alla nostra prima vacanza insieme, non contando i fine settimana in montagna.
'E tu lo sai...perché?' domandai.
'Lo seguo su instagram, ovviamente!' spiegò.
'Ieri ha postato una foto ed era ancora là!Quindi non ti preoccupare'.
La guardai stranita senza sapere esattamente cosa chiedere per prima.
Lei aprì un cassetto e ne estrasse un fondotinta, che cominciò ad applicarmi con delicatezza.
'Non guardami così' disse, passando al mascara. 'In qualità di tua migliore amica mi occupo di spiare il tuo ex su instagram al posto tuo'.
Risi pensando che non avesse tutti i torti.
'Ci andiamo allora?' mi pregò, facendo gli occhi dolci. Mimai un no come risposta.
'Sapevo che avresti detto di no...sei così prevedibile' sbuffò, passandosi una mano tra i capelli corvini.
Prevedibile. Io?
Forse sì e forse pure troppo. Anche Tommaso mi aveva attribuito questo aggettivo, tra i tanti altri usati per giustificare la nostra rottura.
'Con te tutto è sempre scontato, non mi diverto più come una volta' mi aveva detto.
E anche a distanza di mesi le sue parole avevano ancora un effetto devastante su di me.
Veronica non interruppe i miei pensieri e con la faccia ancora imbronciata si sfilò i tacchi.
'Sei sicura che non ci sarà?' domandai, ricevendo un suo sì con la testa.
'Passami il rossetto dai' dissi, dandole una pacca sulla spalla.

More than words | Federico Bernardeschi Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt