Capitolo diciassette ~ Di scoperte e ascensori

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Il secondo giorno di gita passò rapido quasi quanto un battito di ciglia.
Amelia aveva avuto appena il tempo di accorgersi che la serata stava finendo ed era già addormentata, poi la sveglia aveva suonato e si era alzata come uno zombie dal letto – la sera prima erano stati liberi di andare dove volevano, per cui con Anna e Sofia ed altri della loro classe erano andati a ballare e aveva potuto appurare quanto fossero belle le discoteche parigine, e anche quanto potessero risultare affascinanti i parigini stessi. Se non era finita tra le braccia di una di loro doveva dare la colpa (o il merito, dipendeva dai punti di vista) solamente a dei persistenti occhi grigi che tormentavano la sua testa e l'avevano costretta a non lasciarsi andare con nessuno.
La mattina era stata a sua volta faticosa: sin dalle prime ore erano rimasti a fare un'interminabile fila per il Louvre e quando erano finalmente riusciti ad entrare la stanchezza era tale da non poter essere in grado di assaporare nel modo migliore le varie opere d'arte che costellavano il luogo.
«Non mi aspettavo la Monnalisa così piccola.» aveva commentato al fianco di Daniele, che aveva finito per darle ragione mentre come lei si metteva sulle punte per poter dare una migliore occhiata al quadro.
Il pranzo era stato altrettanto rapido e vorace – ma in fondo, dopo una mattina persa a camminare da una parte all'altra senza nemmeno il tempo di uno spuntino veloce, non si poteva pretendere di più.
«Adesso, ragazzi, andremo agli Champs-Élysées.» urlò la Rancati per farsi sentire dalla propria classe – ognuno era troppo preso a riposarsi su una fontana per prestarle attenzione, e quando furono costretti ad alzarsi fu come se fosse stato loro chiesto di suicidarsi.
Amelia però era troppo presa dal guardarsi attorno alla ricerca del proprio amico.
«Ragazze, avete visto Daniele?» chiese pensierosa, continuando a cercare.
«No, mi spiace.» rispose Anna, presa anche lei a guardarsi intorno alla ricerca del riccio.
«Mi pare di averlo visto con alcuni ragazzi delle altre classi, ma non ne sono sicura.» rispose invece Sofia.
Amelia le lanciò un'occhiata stupita: insomma, era strano che Daniele si mettesse a socializzare con altri al di fuori di lei – era sempre stato un asociale e vederlo parlare con altri era sempre una sorpresa.
Alla fine però scrollò le spalle – non era la sua balia, in fondo, poteva fare quello che gli pareva e in caso di bisogno le avrebbe mandato un messaggio, quindi non si preoccupò troppo.
Il tragitto per andare agli Champs-Élysées fu alquanto faticoso, ma più per la stanchezza che tutti avevano addosso che altro. Anche i professori non erano da meno, ma nascondevano la cosa piuttosto bene.
Amelia, come dal giorno prima, costringeva se stessa a non buttare l'occhio verso il caro Angelis ed era stata così fortunata da non incrociarlo nemmeno una volta nel proprio piano o nell'ascensore.
Devo accendere un cero la prossima volta, aveva pensato ironica per la propria fortuna.
Il fatto che volesse stargli perennemente appresso era stato non troppo facilmente ignorato dalla mora che aveva fatto di tutto per distrarsi: tra contemplare opere d'arte con aria assorta, osservare i vari artisti di strada e perdersi in chiacchiere futili con Anna e Sofia, era stata discretamente impegnata per non concentrare la testa con altri pensieri molesti.
Quando arrivarono nella strada la loro prof si perse nelle mille descrizioni del luogo.
«...come forse saprete, ragazzi, la strada è lunga ben 1914 metri e alla fine c'è l'Arco di Trionfo che osserveremo con più calma domani mattina. È una delle strade lussuose di Parigi, ha tantissimi negozi e anche vari spazi verdi come Place Marigny...» spiegava.
Tutti però erano troppo presi a guardarsi intorno e quando finalmente i prof diedero loro via libera per girare nella lunga via, ordinandogli di presentarsi in hotel massimo per le sette, i vari studenti furono liberi di prendere il volo e andare ognuno per la propria strada.
«Dove volete andare?» chiese Anna alle due ragazze.
«Io voglio passare a Le Fouquet's!» intervenne Sofia eccitata.
Quando tutte furono d'accordo su fare una tappa al rinomato bar degli Champs-Élysées, ignorando che potessero spendere una fortuna, si diressero verso il locale trovandolo discretamente pieno di turisti e riuscirono a ordinare ciò che fu per loro la merenda – sempre non pensando a quanto, in effetti, si ritrovarono a spendere, concentrandosi sul fatto che fosse più che meritato.
Le successive passeggiate furono perse tra vetrine e negozi vari.
«Ragazze, io ho finito le sigarette.» intervenne a un certo punto Amelia, attirando le due amiche prese a osservare degli abiti all'interno di un negozio – aveva fumato abbastanza in quei giorni, ma le gite le facevano sempre quell'effetto.
«Non preoccupatevi, posso andare da sola, ho visto che poco più avanti c'è un tabacchino.» disse subito e ricevendo i sorrisi delle due «Mi aspettate qui?» domandò.
«Certo, non preoccuparti. Se ci spostiamo ti mandiamo un messaggio.» promise Anna alle prese con un vestito di un tenue rosa antico.
Amelia annuì e uscì dal negozio, ritrovandosi immediatamente nella fiumana di persone che passeggiava lì intorno.
In effetti, il tabacchino era proprio lì vicino e non ci mise troppo tempo a raggiungerlo: il tempo di entrare, mostrare la propria carta di identità e pagare, poi fu di nuovo fuori e pronta a raggiungere le proprie amiche.
Ma si sa, spesso si vede anche quello che non si vorrebbe vedere.
Così fu per Amelia, che per un fortuito caso si ritrovò affascinata da un artista di strada che creava magnifici dipinti paesaggistici.
Fu normale avvicinarsi per osservare meglio, così come fu normale guardarsi attorno – solo un'occhiata, una banalissima occhiata.
Fu abbastanza.
Abbastanza per riconoscere i ricci familiari di Daniele che sorrideva solare a Stefano – Daniele e Stefano? Come mai erano assieme? – abbastanza anche per vedere il biondo ricambiare, abbastanza anche per vedere i due avvicinarsi l'uno all'altro con consumata abitudine.
E baciarsi.
Un bacio non troppo profondo. Un bacio non troppo passionale. Un bacio a fior di labbra, dettato dalla consuetudine.
E Amelia si bloccò in mezzo alla folla, gli occhi gelati, la mente bloccata su ciò che aveva appena visto.
Il cuore che sembrava aver interrotto il proprio battito come tutto il resto del corpo, preso dalla immobilità.
E, allo stesso modo, proprio come la ragazza si era per caso guardata attorno, anche Daniele lo aveva fatto.
Ad attenderlo però aveva trovato gli occhi sgranati e scioccati della propria migliore amica che lo fissavano increduli, senza saper esattamente cosa succedeva.
Ma mentre Amelia era ancora presa dallo shock e non sapeva come comportarsi, per il ragazzo fu quasi automatico correre da lei mentre anche Stefano si rendeva conto della situazione.
«Amelia...»
Il giovane pronunciò solo il suo nome mentre arrivava di fronte a lei, la fronte aggrottata e l'indecisione negli occhi.
Amelia, però, non diceva ancora nulla. Non disse nulla nemmeno quando anche Stefano si avvicinò e la chiamò come aveva fatto l'altro.
«Ame...» altro richiamo, questa volta accompagnato da un tentativo di contatto del riccio, che protese una mano sempre con indecisione.
Il contatto fu come fuoco e Amelia si spostò scottata – una scena che si ripeteva, solo con il co-protagonista differente.
«Non toccarmi.» sibilò la mora gelida.
Quella frase fu sufficiente per rompere gli argini e colmarle gli occhi di lacrime. Un attimo tutto il mondo divenne umido e sfocato, ma la ragazza era concentrata solo sui due ragazzi che la fissavano incerti su cosa dire.
A lei però non importava, sentiva soltanto il dolore all'interno di sé.
Dolore per cosa?
«Avevo capito che mi nascondevi qualcosa...» iniziò con la voce rotta la ragazza.
«Amelia, senti...»
«Zitto.» sibilò, per poi lanciare uno sguardo a entrambi – uno sguardo ferito «Ma questo...» continuò, poi scoppiò a ridere in maniera acida.
«Dio santo, Dani, proprio con lui? Con la mia cotta di anni?» continuò presa dal momento – non gliene fregava nulla di ammettere i sentimenti, non quando il ragazzo che le era sempre piaciuto era ormai gay.
«Posso spiegare...»
«Ormai è tardi.» lo frenò Amelia, guardandolo gelida. Poi però la sua espressione si trasmutò in un sorriso amaro «Sai, avrei almeno voluto saperlo da te. Dalla tua bocca, non vedendolo per caso come avrebbe potuto fare qualsiasi altra persona.»
Non diede il tempo ai due di dire qualsiasi altra cosa: si girò e se ne andò. Non si mise a correre, camminò sì spedita, ma con un finto passo sicuro che però non era vero.
Andò dalle proprie amiche, lasciandosi fissare sconvolta alla vista di quelle lacrime.
Dentro di sé, però, si sentiva tradita.
Perché per un amore impossibile poteva biasimare se stessa, ma per un'amicizia tradita non poteva che odiare l'altro. Poi, odiare se stessa.

La fisica dell'attrazioneWhere stories live. Discover now