Capitolo 22: No alla senape!

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La partita si rivela più lunga del previsto. 

Non capisco come Aubree possa essere attratta da uno sport tanto lento. Sono quasi certo non capisca nemmeno le azioni che i giocatori compiono. 

Lei è qui per un solo motivo: Brown. Quell'odioso Brown. 
Rabbrividisco quando mi ricordo delle sue parole. ''Toglile gli occhi di dosso, chiaro?''
Dio, cosa dovrei fare, ora che è di fronte a tutti noi a sfoggiare le sue immancabili abilità sportive? Come dovrei reagire, una volta che Aubree me lo presenterà? Perché è per questo che siamo qui, no? Per vedere una persona

Mi scopro essere piuttosto teso. O forse, più furioso che teso. 
In ogni caso, ho intenzione di prendere una boccata d'aria, poiché gli strilli di Aubree cominciano ad infastidirmi. Per non parlare di Megan, che come sua abitudine, risucchia troppo rumorosamente la Coca che Aubree si è decisa a cederle. 

  «Volete qualcosa?», cerco di farmi sentire dalle due spettatrici accanite, urlando sopra il boato scalmanato di alcuni ragazzi sulla tribuna dietro di noi. 
  «Come? Che hai detto?», grida più forte Aubree. 
Indico l'addetto agli hot-dog, che cerca di stare in equilibrio scendendo i gradini con un vassoio colmo di cibo e bibite spazzatura. 
  «Oh sì», annuisce. «Un hot dog»
  «Fanne due», si immischia Megan. 

Annuisco, e borbottando tra me e me, mi avvio verso quello che deve essere Mike Bennett, del secondo anno. 
A quanto pare gli devono offrire dei crediti extra, per stare sotto il sole cocente a riempire la pancia di questi rozzi fanatici. 
Mi guarda sorridendo, mentre una goccia di sudore gli scorre lungo la fronte. 
Immagino quanto siano freschi, questi hot dog. 
  
  «Quanti ne vuoi?», domanda gentilmente. 
 «Fammene due.»

Me li sta porgendo, mentre io mi accingo a tirare fuori il portafoglio. 
Ma, mio malgrado, succede tutto troppo in fretta. 


La salsa dei due hot-dog mi finisce dritta sulla mia t-shirt bianco splendente. 

Deve essere senape, perché dall'immonda puzza che emana, e dal nauseante colorino giallastro che ne deriva, non potrebbe che trattarsi di senape.

 «Oddio, oddio, scusa!», fa lui, e per poco non sono tentato di strozzarlo. 
Se solo non fossi Wayne Connor, probabilmente lo starei già strozzando. 

Un boato si eleva dagli spalti, ma stavolta capisco che non sono affatto per un perfetto doppio gioco, per un lancio pazzo, o per una palla foul.
No, sono per me. 
Ridono, si spintonano, indicano nella mia direzione. 

Ci mancava solo questa. 

Mike è davvero mortificato, e comincio a pentirmi di aver pensato di volerlo strangolare: in fondo deve essere un bravo ragazzo. 
Così fingo un sorriso, che si amplifica notevolmente quando da dietro di lui sbuca la mezza coda di Cara Trainor. Anche la sua espressione è mortificata, ma ancora non ne conosco il motivo. 

  «Dio, perdonami!», ruba una manciata di fazzoletti dal vassoio, tira la stoffa della mia maglietta e comincia a fregare con foga. «Ho perso l'equilibrio e... e sono sbattuta contro Mike e... e...»
Sorrido, agitato, mentre Mike si divincola a passo furtivo il più possibile lontano da noi. 
 «Non ti preoccupare, è solo... Solo una macchia in fondo», tento di rassicurarla, vergognandomi improvvisamente per essermi infuriato. 

Il capo cheerleader, che sono certo si chiami Shaylene, la chiama, agitando una mano nella sua direzione.
 «Cara, forza! Riprendiamo con le prove!», grida. 
Cara mi regala un sorriso, ancora preoccupato ma sicuramente più disteso di prima, per poi piantarmi in asso, con due hot-dog in rovina, una chiazza di senape sulla maglia, e un abbonamento alle prese in giro da chiunque per almeno un mesetto buono. 

Con la coda tra le gambe, ripercorro i gradini, sentendomi gli occhi di tutti puntati verso di me. 
Megan finge di guardare altrove, per non mettermi a disagio, ma Aubree sta per sentenziare qualcosa, con le lacrime agli occhi dalle risate

«Non dire una parola», la minaccio con gli occhi ridotti a due fessure, e in effetti obbedisce. O per lo meno ci prova. 

***

Finalmente questo supplizio è terminato. 
In confronto, le lezioni di biologia sono una passeggiata... 
Aubree si alza in piedi per stiracchiarsi, mentre Megan controlla l'orologio. 

  «Si è fatto tardi. Ho ospiti a pranzo, questa domenica», ci comunica prima di allontanarsi. 

  «Bé... Anch'io penso che andrò...», faccio per prendere le distanze il più in fretta possibile, ma Aubree mi prende per lo scollo della maglietta. 
  «Dove credi di andare, tu?», sputa fuori le parole come fossero veleno. «Avevi promesso saresti rimasto, per conoscere una persona!», strilla.
«Cosa?», gli occhi fuori dalle orbite. «Io non ti ho promesso proprio nulla!»

Aubree se la cava con un'alzata di spalle, poiché mi costringe a ripercorrere quegli stramaledetti gradini e ad attendere sul prato la persona misteriosa. Che poi tanto misteriosa non è. 
Cara Trainor è ancora lì, vicino alle panchine dei giocatori, a cercare di acchiappare la caviglia con la mano dentra. 
Senza ombra di dubbio ci riesce in un baleno, quando, se lo facessi io, mi prenderei un colpo della strega tremendo. 
Solleva il mento, mentre rimane in posizione con una tale facilità da farmi rabbrividire. Quando i suoi occhi incontrano i miei, mi rivolge un cenno amichevole con la mano, che ricambio.

  «Oh, eccolo là!», Aubree mi distrae, indicando Brown, che in divisa sembra ancora più spallato. 
Mando giù il groppo cementato che sembra essermisi bloccato in bocca, a fatica. 

Stranamente sorride, ma so per certo che nella sua testa stia frullando ben altro. 

Qualcosa come ''io ti ammazzo'', o ''te la sei cercata''. 
Aubree alza il palmo a mezz'aria, e Brown, per tutta risposta, ci sbatte contro il suo, facendolo schioccare. 
  «Siete stati grandi!», esclama lei, con una convinzione che mi dà alquanto sui nervi. 
  «Lo so», fa lui, modesto come suo solito. E' così irritante!
Aubree gli dà un colpetto sul braccio, prima di indicarmi.
  «Lui è Wayne», mi presenta, ma deve indicarmi con più insistenza prima che lui possa rendersi conto della mia presenza. 

Quando incrocio il suo sguardo, cerco di mantenerlo, anche se è davvero difficile. 

  «Ah, sì... Ci conosciamo», si limita a dire. Poi perlustra la mia figura, concentrandosi, come previsto, sulla chiazza sulla mia maglietta. 
  «Bella maglia», commenta sarcastico.  «Ne ho vista una simile al negozio di antiquariato ''Antique Alley''».

Aubree alza gli occhi al cielo.  «Eh dai, smettila!», poi lo tira per la manica della maglietta.  «Noi andiamo, a stasera, Wayne!»
Sono furioso. Prima pretende di portarmi qui a forza, poi mi pianta in asso, dal nulla?

Nonostante ciò, mando giù i miei pensieri e alzo la mano in cenno di saluto. «A stasera...»

Aspetta un attimo... A stasera? Ha intenzione di passare di nuovo la notte con me?!
Per chi mi ha preso, per un Bed&Breakfast?

***

Passo tutta la giornata a provare il discorsetto che ho intenzione di fare ad Aubree, quando rientrerà a casa. 
Anzi, nella mia casa. 
Tuttavia, non appena sento i rintocchi alla finestra, mi scopro essere davvero troppo teso. Forse rimanderò il discorso ad un altro giorno. 
No, no. Oggi... Oggi è il giorno perfetto. 

  «Oh, ehy...», si intrufola.  «Sono esausta», commenta massaggiandosi le tempie. 
 «Mi è concessa una doccia?», domanda, ma io corrugo la fronte...
 Mi siedo sulla scrivania senza degnarla di uno sguardo. Qualcosa però attira la mia attenzione: il vecchio bigliettino di zio Fitz, che diceva ''Fai il bene''. 
 «Oh, allora ne hai ricevuto un altro...», fa lei prendendolo. 
Con gli occhi fuori dalle orbite, glielo strappo di mano. «No, no... E' vecchio! E' quello del... del...», tento di ricordarmi almeno uno dei contenuti dei biglietti che ho ricevuto.
  «Quello delle Red Rock Cliff?», azzarda lei. 
Annuisco. «Proprio quello.»
Se dovesse scoprire che zio Fitz mi ha consigliato di fare il bene, probabilmente penserà che sto accettando la sua presenza in casa solo perché è stato lui, a scriverlo su un biglietto. Non per mia scelta...
Poi indico la porta. «Vai pure, in doccia. Ma fai piano, e chiudi la porta!»
 «I tuoi sono svegli?», domanda lei. E ora che fa, improvvisamente si preoccupa?
Mi mordo la lingua. « No, dormono da un pezzo. Ma sii cauta!»


Annuisce, e oltrepassa la porta sulle punte dei piedi, ormai già nudi. 
 «Oh, ma stai attenta a...», comincio ad avvertirla, quando mi accorgo che a questo punto è già troppo lontana per sentirmi.  «Roxelle...», concludo la frase consapevole del fatto che non sia indirizzata a nessuno in particolare. 

Alzo gli occhi al cielo. 
Al diavolo.



STESSO GIORNO, ALTRO CAPITOLO!
Questo per scusarmi della mia lentezza, nel lasciarvi i capitoli. 
Chiedo umilmente perdono, ahahaha
Spero vi piaccia!



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