Capitolo 12: La Valle degli Unicorni

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Il giorno della festa di Maisie Cook sono più agitato che mai

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Il giorno della festa di Maisie Cook sono più agitato che mai. 

Sono riuscito a procurarmi una bottiglia di vino bianco proveniente dall'Italia, scrutando tra le vecchie credenze top-secret di papà. Forse così sarà possibile movimentare un po' la festa. 
Tuttavia, mamma mi ha costretto ad indossare una ridicola camicia a righe bianche e grigie, il cui colletto, fin troppo aderente, mi stringe la gola nella sua morsa.
  «Sii gentile, con Maisie, chiaro?», mi dice lei spolverandomi il tessuto. «Credo abbia una cottarella per te», afferma con estrema nonchalance facendomi avvampare. 

Esco di casa con aria circospetta, nel tentativo di celare il piccolo furto appena commesso. 
In meno di un minuto raggiungo la villetta dei Cook, proprio di fronte a me: l'ingresso è ornato da un festone a forma di arcobaleno, sul quale è stampata la scritta ''Buon compleanno, Maisie''

Sgrano gli occhi e deglutisco, pronto al peggio, prima di farmi strada all'interno, nascondendo la bottiglia in vetro proprio dietro la mia schiena.

Lo scenario in cui mi abbatto è in grado di farmi raggelare il sangue: Maisie Cook indossa un rigoroso abitino in tulle bianco, simile a quello delle ballerine di danza classica; i suoi biondi capelli, invece, sono raccolti in quei classici codini che le ricadono lungo le spalle. 
Sulla fronte, infine, una luminescente mascherina a forma di corno di unicorno attira la mia attenzione. 

Strabuzzo gli occhi non appena incontro i suoi, estasiati per il mio arrivo. 
  «Wayne... Sei venuto!», grida attirando l'attenzione degli scarsi partecipanti su di me, mettendomi ulteriormente a disagio. 
Indietreggio mentre lei si avvicina irruentemente, mettendomi con le spalle al muro - o meglio - mettendomi con le spalle contro una siepe. 
Approfitto del momento per nascondere, senza destare sospetti, la bottiglia all'interno dell'ammasso di fogliame ben potato: Non credo sia questa la circostanza più adatta, dati gli innumerevoli palloncini sparsi qua e là per il cortile. 

Solo ora che si trova praticamente a pochi millimetri dalla mia faccia noto lo scintillante ombretto fucsia che le ricopre buona parte della palpebra mobile, nascosta dalla spessa montatura degli occhialetti gialli. 

Sorrido di sbieco, allontanandola leggermente, dal momento che dalla narice destra posso intravedere la sostanza verdastra che mi ha demolito l'infanzia. 
Mi prende per il polso, trascinandomi proprio al centro del cortile, mostrandomi un'enorme tavolata colma e stracolma di stuzzichini, da quelli dolci a quelli salati, tutti di forme e colori diversi. 
Decido di dare una possibilità al biscotto rosa a forma di fenicottero che Maisie mi consiglia, e mentre lo addento un nauseante sapore di fragole troppo mature mi riempie la bocca. 

Dopodiché mi fa cenno di abbassarsi alla sua altezza, e io obbedisco lievemente esitante, masticando a fatica il dolcetto che sembra essersi trasformato in un macigno di cemento sotto i miei denti. 
La ragazzina mi infila uno dei suoi corni, che scopro essere uno dei gadget consegnati a tutti gli invitati. 
  «Quanto sei carino!», continua ad urlare lei, sbattendo insistentemente le mani e saltellando su sé stessa. Indica poi i genitori, in disparte in un angolo del portico di casa, che annuiscono palesemente imbarazzati, ma decisi a contribuire all'entusiasmo della figlia. 

Maisie finalmente mi molla, poiché troppo presa ad accogliere un altro sventurato gruppo di malcapitati che si guarda attorno come se avesse fatto il suo ingresso a Disneyland... In effetti, l'allestimento lo ricorda parecchio: gonfiabili a forma di unicorno, palloncini a forma di cuore, festoni ornati da lustrini ovunque...

Trascorro buona parte del mio tempo in disparte, sorseggiando della Coca-Cola ormai praticamente bollente, scrutando i volti perplessi dei ragazzi attorno a noi. 
  «Almeno il tuo corno è dorato, a me è toccato questo...», qualcuno mi distrae dai miei pensieri. 
Mi volto e mi trovo un ragazzetto dai corti capelli corvini e dagli occhi azzurri, che si gusta un muffin decorato con praline argentate, mentre indica la sua fronte, su cui è posizionata la punta del cavallo alato di un rosa molto acceso. 
Devo ammettere che si intona molto con il suo naso a patata. 

Mi lascio sfuggire una risatina, che tento invano di reprimere. 
Nel frattempo il cielo si sta oscurando, dal momento che ormai saranno le dieci di sera. 

Nel cortile si fa strada una nauseabonda canzoncina in grado di riportarmi con la mente alla mia infazia. 


''Tanti auguri a te, 
tanti auguri a te, tanti auguri a Maisie, tanti auguri a te!''

I genitori fanno il loro ingresso nel cortile canticchiando a squarciagola, invitando con uno sguardo supplicante ai partecipanti di contribuire, mentre trasportano una mastodontica torta a più piani di un rosa cipria, decorata con zuccherini glitterati multicolore. 
Sulla sua estremità spiccano due fontane luminose, che sparano scintille sfavillanti a destra e a manca. 
Maisie è sbalordita: Si porta le mani alla bocca mentre gli occhi le si riempiono di lacrime. 
Gli ospiti osservano la scena con un sorriso tirato, battendo le mani a ritmo di musica, con l'incertezza che si legge sui loro volti. 

  «Che strazio...», commenta sussurrando il ragazzo che si è appostato di fianco a me... ''Corno Rosa'', per intenderci. «Trevon Payne organizza una f...», comincia, ma lo interrompo.
  «Una festa strepitosa... Lo so...», alzo gli occhi al cielo, rimembrando le facce di quelle anime ignobili di Aubree, Savannah e Benjo. 

A Corno Rosa si illuminano gli occhi. «Oh, lo sai? Evadiamo allora!», propone lui. 
L'idea è allettante, devo ammetterlo... Anche perché pare che questa baldoria non cesserà a breve: Maisie saltella su se stessa mentre si appresta a consegnare porzioni spropositate di torta ai ragazzi. 

Annuisco, ignorando completamente il senso di colpa che mi pervade da ormai un bel paio d'ore. 
«Ho una bottiglia di vino bianco, è nella siepe!», indico dietro di me, mentre lui si sfrega le mani compiaciuto. 
  «Grande!», esclama, mentre con passo felpato recuperiamo la bottiglia e sgattaioliamo via da quella Valle degli Unicorni improvvisata, gettando a terra i due corni fluorescenti.
  «Sono Aaron Portress», si presenta porgendomi la mano, prima di montare in sella al suo motorino lucidato. 
Ricambio la stretta rapidamente, per poi sfrecciare via, tappandomi le orecchie per l'assordante rumore che ne deriva. 

***

La casa di Trevon straripa di persone, che si affollano nel cortile, sul portico, al suo interno, come denoto dalle ampie finestre. 

Aaron mi saluta con una pacca amichevole e mi pianta in asso dopo avermi augurato una buona serata... Bene, e adesso?

Il rimorso mi gonfia le vene. Sarei dovuto rimanere all'innocua festicciola di Maisie, mi costringo a pensare mentre oltrepasso un gruppo di ragazzotti che si spintonano barcollando con delle Beck's alla mano, nel tentativo di raggiungere il cortile. 

La fragorosa musica si schianta contro i miei timpani più volte, facendomi sobbalzare, tuttavia mi ci abituo dopo pochi minuti. 
Decido di fare un salto al buffet, allestito proprio di fianco alle enormi casse acustiche... 
Al contrario di casa di Maisie, tuttavia, questa tavolata è completamente invasa da bottiglie di ogni genere, e decido così di apporvi anche il mio pregiato vino italiano. 

Dopo essermi appropriato di una birra, vago per il giardino ben curato alla ricerca di Aubree, Savannah e Benjo, divincolandomi fra ragazzi corpulenti che si scatenano, spintonandomi. 
Nel bel mezzo del prato, tuttavia, scorgo tre figure che riconosco all'istante, stravaccati sull'erba ignorando le occhiatacce sfacciate degli ospiti attorno a loro, rigorosamente in piedi. 

Gli occhi di Aubree si scontrano con i miei, mentre la scorgo puntare il dito nella mia direzione.
  «Ho vinto io!», esclama lei richiamando l'attenzione di Benjamin e Savannah, che si maledicono schiaffeggiandosi da soli. «Non è resistito nemmeno un'ora!», continua imperterrita lei...   «Sganciate, belli!», urla, mentre i due sventurati le porgono una banconota da cinque dollari a testa. 
  «Pensavo resistessi almeno due orette, Wayne!», mi rimprovera Benjo con un'insolita cantilena, prima di farmi cenno di sdraiarsi con loro. 

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