Capitolo 9: Sull'orlo del precipizio

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Attorno a me il buio più totale

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Attorno a me il buio più totale.
Cammino sul precipizio. 

Un vento flebile mi smuove i capelli mentre il mio corpo minaccia di precipitare nel nulla a me sottostante.
Solo una fioca luce soffusa derivante da un minuscolo lume in lontananza rischiara la mia via.
Devo seguirla, devo seguire quel bagliore di speranza. La mia unica speranza di salvarmi la pelle.
Mi avvicino a fatica, i piedi sembrano trasformarmisi in macigni, ma sono deciso a non arrendermi.
Il lume si ingrandisce passo dopo passo, e dopo un tempo a me interminabile mi sembra quasi di riuscire a  toccarlo.
Scorgo una figura, il cui volto è illuminato solo dal caldo sfavillio dinanzi a lui: due occhi verdi che riconosco all'istante, i capelli e la barba brizzolati, il volto contratto in una smorfia di dolore. Zio Fitz.

Il cuore finalmente può concedersi una tregua, poichè il battito prende a regolarizzarsi.
Lo zio, che scopro essere adagiato su una morbida poltroncina rosso fuoco, comincia a sbattere, in maniera violenta, una bottiglia di birra dal vetro verde su un tavolino in legno di fianco a lui.
Un sorrisino provocatorio fa capolino sulle sue labbra, mentre il rumore regolare dell'urto della bottiglia inizia ad inquietarmi.

《Smettila, zio Fitz.》sibilo a fatica, mentre le labbra prendono a tremare.
Tuttavia, l'uomo di fronte a me, che ora non riconosco più, non si ferma, bensì sbatte ancora più insistentemente e con più forza l'aggeggio.
Il mio corpo indietreggia, invaso dai tremori, per poi precipitare giù, giù e ancora giù, nella profondità del buio.

Spalanco gli occhi, ritrovandomi in una pozza di sudore.
L'adrenalina, poco a poco, svanisce, lasciando spazio al terrore che si concretizza in me alla velocità della luce: dei bruschi colpi provengono dal piano di sotto, scatenando una serie di brividi che mi tempestano la colonna vertebrale, mentre il petto sembra sul punto di lacerarmisi nel giro di pochi minuti.

Altri colpi ancora più forti giungono alle mie orecchie, poi il nulla.
Nel frattempo mi accorgo che, probabilmente scosso da un incubo tanto carico di tensione, lo specchio che tenevo tra le mani prima di cadere in un sonno profondo è precipitato sul pavimento a scacchi, distruggendosi in mille pezzi.

Sono tentato di andare a controllare cosa stia succedendo là sotto, bensì il panico che mi scorre nelle vene non me lo consente.
Mi ritrovo impalato a letto, incapace di reagire come al solito, mentre la sensazione di nullità mi travolge senza pudore.

Mi riaddormento così, mentre la notte minacciosa si riappropria di me, titubante.

[...]

Il mattino seguente mi sveglio con il trillo della sveglia che mi tartassa la mente.
Mi costringo a sollevarmi sul letto, mentre il materasso ad acqua mi fa ondeggiare, facendomi travolgere da un'estenuante sensazione di nausea.

La visione dello specchio in frantumi mi porta alla mente i terrificanti eventi della sera precedente.
Tra i cocci, sbuca un riflesso spaventoso: un tumefatto volto incavato, le borse attorto agli occhi ancora più marcate, i capelli arruffati in una chioma spettinata.
Dio, sono proprio uno straccio.

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