Mother's daughter

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Instagram: storiesareaworld

Per questo capitolo lunghissimo (5773 parole) vi consiglio due canzoni e una base al piano: Feels like this (Maisie Peters), Anchor (Novo Amor) e Scene Suspended (Jon Hopkins)

We wear the mask that grins and lies,
lt hides our cheeks and shades our eyes, -
This debt we pay to human guile;
With torn and bleeding hearts we smile,
And mouth with myriad subtleties.
-da We wear the mask, di Paul Laurence Dunbar

Ester Quintana non aveva mai assistito a una gara della figlia, né quand'era una ragazzina e correva con i kart, né quando aveva iniziato a correre sulle monoposto di Formula 4, nemmeno quando aveva fatto il suo debutto in Formula Uno a bordo di una delle vetture migliori della serie. Non si era mai interessata a quell'aspetto della vita di sua figlia perché non lo apprezzava.

Non condivideva la sua passione e il suo maniacale interesse per i motori.

Non accettava che il suo più grande interesse di quattordicenne fosse correre in pista a bordo di una macchinina pericolosa.

Si arrabbiava anche per i poster che raffiguravano i volti di grandi piloti con cui la camera di Daphne a Madrid era ancora tappezzata.

Avrebbe preferito che al loro posto si trovassero i visi di attori, attrici e modelle. Che sulle mensole vi fossero coppe con premi di equitazione o di qualche competizione scolastica, non ti certo la coppa del campionato di kart under 14 nazionale. Era impossibile per lei accettare che dopo David -rapito dal calcio- anche Daphne decidesse di dedicare la sua giovane vita allo sport. E che sport poi.

Sin dall'inizio, quando aveva sei anni, Ester si era dimostrata del tutto restia a farla correre sui kart anche solo come passatempo. Era troppo poco femminile e troppo rischioso per i suoi gusti. Ma Daphne, entusiasta dopo aver provato a correre per qualche volta, aveva trovato dalla sua parte sia suo padre -al tempo perfettamente d'accordo- e soprattutto suo nonno. Armando, il padre di sua madre, si era imposto più di ogni altro in famiglia per farla continuare a correre e con il passare degli anni era stato proprio lui a scorrazzarla in giro per la Spagna per gareggiare prima a bordo di Betsy (il primo kart che proprio lui le aveva regalato) e poi per il primo team che a dodici anni aveva deciso di sostenerla.

Se n'era andato quando Daphne aveva tredici anni, dopo averle ricordato per l'ennesima volta di seguire il proprio cuore.

E dopo la morte di nonno Armando la situazione era precipitata.

Qualche mese dopo lei si era guadagnata il primo posto nel campionato nazionale di kart e Fernando Alonso, tramite il suo manager, era riuscito ad avvicinarla agli ambienti Ferrari. Non era passato molto tempo prima che le venisse proposto un posto nella nascente Ferrari Drivers Accademy con lo stupore e lo sconcerto di non poche persone.

In quel periodo David si era appena trasferito a Manchester, sua madre stava ancora soffrendo per la scomparsa del nonno e suo padre Rodrigo era forse l'unico a preoccuparsi ancora di lei. L'arrivo della proposta l'aveva entusiasmata come poche altre cose, era stato un fulmine nella sua quotidianità e aveva fatto comprendere alla sua famiglia che quella passione, a cui si era dedicata anima e corpo per così tanti anni, non era un semplice gioco. Era parte integrante e fondamentale della sua vita.

Era l'unico futuro che la sua testa da quattordicenne riusciva a figurarsi.

Ma farlo capire alla sua famiglia era stato più che difficile, in particolare perché il contratto prevedeva che lei corresse per una scuderia italiana nel campionato italiano. Ciò significava che per sette od otto mesi l'anno avrebbe dovuto viaggiare in continuazione dall'Italia alla Spagna. Era insostenibile per chiunque e l'unica soluzione che suo padre aveva potuto immaginare era trasferirsi.

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