13. Parole non dette (REV)

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Oltre due mesi di lezioni di Occlumanzia, ormai era arrivato anche aprile, e con Potter non aveva cavato un ragno dal buco.

Ce l'aveva messa tutta per spiegargli l'importanza di impedire all'Oscuro Signore di penetrare nella sua mente, ma a ogni successiva lezione trovava sempre nuove immagini provenienti da Voldemort che gli dimostravano la totale inutilità dei suoi sforzi.

Aveva provato con le buone e con le cattive, l'aveva blandito e l'aveva provocato, aveva cercato di spaventarlo oppure di incoraggiarlo, gli aveva spiegato in modo preciso come fare chiedendogli e ingiungendogli di esercitarsi, ma quel ragazzino presuntuoso non ne voleva sapere di sforzarsi, nemmeno un po'.

E Voldemort lo portava sempre più vicino alla meta.

Una volta il ragazzo era anche riuscito a penetrare accidentalmente nei suoi pensieri, solo poche frazioni di secondo: in fondo era stato un progresso, giacché era infine riuscito a opporsi di sua volontà all'incantesimo.

Ma subito dopo si era reso conto che Voldemort era vicino al traguardo e Potter stava per comprendere quale fosse l'accesso alla sala delle Profezie.

Aveva subito interrotto l'incantesimo per non agevolare l'avversario, come altre volte era stato costretto a fare, ma sapeva che era questione di poco: nonostante i suoi sforzi il ragazzo si stava infilando dritto dritto nella trappola tesa da Voldemort.

Aveva avvertito Silente, ripetendogli che l'avversione provata per lui dal giovane Potter gli impediva di mettere a frutto i suoi insegnamenti. Ma la risposta del Preside era stata sempre la stessa: considerava troppo pericoloso insegnargli di persona l'Occlumanzia perché, visto il collegamento esistente tra la mente del ragazzo e quella di Voldemort, quest'ultimo avrebbe potuto usare Harry per spiare Silente stesso, che non era in grado di mentire al Signore Oscuro come Severus invece era in grado di fare.

Durante la lezione successiva erano stati interrotti e tornato nello studio l'aveva trovato con la testa dentro il Pensatoio, a divertirsi guardando uno dei tanti momenti in cui quel bastardo di suo padre e Black l'avevano umiliato davanti a tutta la scuola. In quella odiosa occasione non era riuscito a far di meglio che offendere, altrettanto in profondità, la Evans, colpevole solo di aver cercato di aiutarlo.

Non sapeva neppure cosa che gli bruciava di più, se l'ingiustizia subita o quella arrecata.

Non aveva mai odiato i figli dei Babbani, in fondo anche suo padre lo era, e nelle sue vene circolava lo stesso sangue. Ma l'intervento di Lily, non richiesto, l'aveva reso ancora più debole e avvilito.

Aveva reagito sbattendo il giovane Potter fuori dallo studio, in preda a una ira folle: aveva persino perso il controllo di sé e della magia, a stento evitando di fargli del male, deviando all'ultimo istante la traiettoria del vaso che stava per colpirlo.

Quindi si era categoricamente rifiutato di continuare a impartirgli lezioni di Occlumanzia: del resto, sapeva che erano inutili.

E adesso era arrivato Black.

Avrebbe dovuto aspettarselo, era tipico di quella testa calda correre rischi senza mai valutare gli svantaggi: se avesse usato il cervello, non avrebbe certo passato dodici anni ad Azkaban!

Così come, se non avesse avuto l'idea assurda, da grande stratega, di passare l'incarico di Custode Segreto al viscido verme di Minus, ora i Potter sarebbero ancora vivi e lui non li avrebbe sentiti pesare così orribilmente sulla coscienza.

E, chissà, forse avrebbe odiato meno anche il giovane Potter che, come colpe, aveva solo la stessa arroganza del padre e l'impressionante somiglianza.

A parte gli occhi: l'intenso verde di Lily.

L'incredibile capacità di Lily di scrutargli dentro l'anima e di comprenderlo.

Luci e ombre del Cristallo (Parte prima di Cristallo Nero)Where stories live. Discover now