5. Dicerie, supposizioni e verità (REV)

496 30 5
                                    


Nei giorni successivi, la condotta del Professor Piton nei confronti di quella che avrebbe dovuto essere la sua Pupilla fu freddamente corretto: la Signorina Storm si era presentata in classe con una regolare divisa, adatta alle sue forme, che rimanevano fin troppo attraenti, ma non poteva certo fargliene una colpa, così mantenne la promessa di occuparsi della sua istruzione magica, ma lo fece tenendosi quanto più possibile a distanza.
Predispose un piano di studi di recupero massacrante, che l'avrebbe tenuta impegnata, e quindi lontana, in ogni momento libero della giornata e della notte, ma nel quale erano assenti le lezioni di Pozioni e di Difesa contro le Arti Oscure.
Le aveva gelidamente comunicato che non le avrebbe insegnato nulla di Pozioni finché non avesse considerato sufficiente il livello di conoscenza degli incantesimi usati dai maghi nella vita di tutti i giorni e avesse recuperato il programma di Erbologia dei primi due anni.
Riguardo Difesa contro le Arti Oscure, farle dare ripetizioni dalla Umbridge era quanto di più inutile ci fosse, e glielo aveva risparmiato, con il pieno accordo anche dell'insopportabile collega. Se l'avesse ritenuta all'altezza, e aveva rimarcato con sgradevole sarcasmo che ciò non era certo, glielo avrebbe insegnato di persona, più avanti.
La Signorina Storm si era dedicata anima e corpo allo studio intensivo delle altre materie e i suoi colleghi, dopo un paio di mesi, si erano dichiarati molto soddisfatti dei suoi progressi, sottolineando la grande determinazione della maga, nonché il suo evidente potenziale magico.
Le lezioni di Pozioni, però, continuavano a essere un disastro e Piton si dimostrava inflessibile, fingendo di dimenticare che l'allieva non conosceva il programma degli anni precedenti. Così, non avendo alcuna intenzione di sottrarre preziosi punti ai Serpeverde, le affibbiava spesso sgradevoli punizioni da scontare con uno degli altri insegnanti, sempre finalizzate, però, a migliorare le sue conoscenze delle arti magiche.
Quella sera, in particolare, la Professoressa Sprite si era dilungata durante la cena sugli incredibili progressi che la Signorina Storm aveva compiuto in Erbologia, affermando che, ormai, ogni ritardo era sanato.
Il Professor Piton sollevò infine il viso, sempre tenuto con ostinazione fisso sul piatto, per scrutare gli allievi, cercando il tavolo dei Serpeverde. La Storm era in disparte e leggeva un libro posato sulla panca. Aveva l'aria stanca. Due ragazze dell'ultimo anno si avvicinarono ridendo e la maga alzò gli occhi, palesemente infastidita dall'interruzione che la costrinse a chiudere il libro. In pochi istanti il bel viso della donna mostrava solo una grande noia.
Il Professor Piton si trovò a costatare che in due mesi le aveva visto solo due espressioni sul volto: l'estremo interesse per ogni cosa inerente la magia e la sua istruzione e una noia mortale quando era insieme agli altri allievi. In effetti, per una donna adulta, trovarsi circondata da ragazzi che la trattavano da loro pari, alla lunga doveva risultare terribilmente noioso, al punto da preferire continuare lo studio anche durante la cena.
Non le aveva più rivisto sul viso il malizioso e sfacciato sorriso dei primi giorni e, in fondo, quasi gli mancava.
Manteneva un atteggiamento corretto e rispettoso cosicché non si erano più verificati "incidenti" ed era riuscito a recuperare un completo controllo dei propri istinti. I loro occhi non si erano mai più incontrati: l'aveva sempre evitato con cura. Si sorprese a ripensare alle immagini intraviste appena nella sua mente, alla bambina indifesa che aveva desiderato carezzare.
Durante i due mesi trascorsi aveva cominciato ad apprezzare la determinazione della donna che, con faticoso orgoglio, dava il massimo per recuperare quanto più velocemente possibile il suo giusto rango nel mondo dei maghi. Un posto che Voldemort le aveva sottratto uccidendole i genitori e destinandola ad un'infanzia e adolescenza difficili e prive d'ogni affetto.
Non aveva resistito e aveva indagato sul suo passato: lo squallore dei primi anni nell'orfanotrofio, l'etilico disinteresse della madre e l'insano interesse sessuale del padre adottivo. Certo, si era mostrata più forte di loro ed era riuscita a proseguire da sola, usando anche il suo corpo per arrivare dove voleva, ma era certo che dentro di lei, sepolta da qualche parte, ci fosse ancora una bambina affamata d'amore. E, incredibilmente, se ne sentiva attratto in modo irresistibile, quasi che riportare alla luce l'innocenza sopita potesse redimere le proprie colpe. Sapeva che non era così, che non sarebbe bastato, ma lei era una vittima di Voldemort per la quale non aveva alcuna colpa.
Una delle poche.
Era un elemento basilare per lui.
Era stanco, quella sera come troppe altre ormai: opporsi a Voldemort era sempre più difficile, una lotta mentale dura e pericolosa che spesso sfociava in crudeli Cruciatus in cui l'Oscuro sfogava la stizza per un'informazione ritenuta insufficiente o per un insuccesso subito nel recupero della profezia che aveva mutato in sconfitta il suo trionfo.
Le Cruciatus di Voldemort lasciavano il segno dolorosamente a lungo, ogni volta di più: vendetta insana e crudele di un pazzo che voleva dominare il mondo alla ricerca della propria immortalità.
Da troppo tempo ormai il suo sguardo indugiava sulla maga e, irrimediabilmente, lei volse all'improvviso il volto, come richiamata da un impulso irresistibile.

Luci e ombre del Cristallo (Parte prima di Cristallo Nero)Where stories live. Discover now