07

3.4K 198 61
                                    

Ho deciso di non dire nulla a Rachel, e non perché non mi fido di lei, ma perché non me la sono sentita.

Certo, mi sono fatta scappare che Bill mi ha probabilmente chiesto un appuntamento, ma ho subito ritrattato, dicendo che mi ha semplicemente detto che ci rivedremo il giorno dopo a pranzo.

Ed ora ho dovuto fingere di avere un appuntamento con i miei compagni di college, così da poter uscire senza destare troppi sospetti.

Questa è una delle prime volte in assoluto in cui le dico una bugia, e fa davvero strano pensare che lo sto facendo per una persona come Bill: una che ispira di tutto, tranne che tranquillità e fiducia.

Chissà dove mi vorrà portare questa sera, o se mi ritroverò per la seconda volta con le sue mani strette al collo.

Forse non è stata poi così una buona idea.

Lui è già arrivato, lo vedo immobile davanti alla porta in vetro che da alle scale d'emergenza, e non dimostra niente di nuovo.

E' serio, col viso nascosto dagli occhiali spessi, e indossa una semplice maglietta bianca ed un paio di pantaloni neri, stretti.

Quando mi vede, non sembra nemmeno che stesse aspettando proprio me, vista la lieve accoglienza.

"Sei venuta." Dice, più come una costatazione che una felice sorpresa.

No, non sarei dovuta venire.

"Già." Mi limito a dire, mantenendo la calma.

Lui stringe appena le labbra rosse, e poi tira fuori le mani dalle tasche, porgendomene una "Dai, vieni."

Lo osservo, passando lo sguardo dal suo viso, sempre irremovibile, e la sua mano, che, al momento, sembra più un'arma che un invito galante.

"Non ti mangio, Helena." Ribatte lui, notando che continuo a non muovermi.

Decido di lasciarmi andare, stringendo la sua mano, sentendola gelida contro la mia, molto più calda.

"Usciremo dall'ospedale?" Chiedo, sempre più curiosa, sorpresa da questa aria di tranquillità: insolita, vista la compagnia che mi ritrovo.

"Tipo." Ribatte lui, semplice, continuando a guardare davanti a sé.

Wow, davvero esauriente.

Bill cammina tranquillo, e non si scompone nemmeno quando arriviamo nel corridoio del personale, e lui apre una porta, già esperto.

"Da qui si va ai piani alti." Commento, appena perplessa: che cosa ha intenzione di fare?

"Lo so."

Non dice altro, tirandomi dietro di lui mentre saliamo le numerose scale, ripide e alte, di quel genere che, una volta finita la rampa, hai il fiato corto e le gambe che bruciano.

Bill sembra soffrirne molto più di me, dato che, quando finalmente arriviamo alla seconda porta, lui stringe con una mano la maniglia, così da sorreggersi, e poi inizia a prendere dei profondi respiri, mentre una leggera linea di sudore si forma sulla sua fronte.

"Stai bene?" Chiedo, sinceramente preoccupata, ben consapevole di cosa deve significare avere una crisi cardiaca per lui.

"Sono solo...le scale." Dice, mentre cerca di riprendere il respiro, tenendosi con una mano lo stinco, forse dolorante "Il mio cuore non è un amante degli sforzi."

"Forse dovremo sederci, o magari farti bere qualcosa." Penso, cercando di trovare una soluzione, ma Bill si limita a ricambiare il mio sguardo, facendo un piccolo sorriso.

On the edge / Bill SkarsgårdDove le storie prendono vita. Scoprilo ora