Credo in Te

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"Everybody needs somebody.
I need you."

Ero dentro l'ospedale, di nuovo, ma stavolta dovevo andare da lei. Prima però mi stavano controllando la gamba ingessata, dovevano tenerla sempre sotto controllo e assicurarsi che tutto andasse bene.

"Perfetto Dominic, guarisci in fretta sai?!" Mi disse un dottore, iniziando a togliere il gesso.

Io ghignai alle sue parole e osservai con calma il lavoro che stava facendo.

Mi mise una semplice garza attorno al piede, dicendomi di tenerla un'altra settimana. Ma almeno ora non avevo più quello schifo sulla gamba.

"Posso andare?" Chiesi impaziente di andare da Rachel.

Mi fece cenno di sì con la testa e mi catapultai all'ultimo piano, dove fortunatamente non vi era nessuno della sua famiglia.

"Piccolina..." - dissi sedendomi accanto a lei e osservandola - "il tempo passa e tu sei ancora qua a lottare... sei bellissima sai? Proprio come il primo giorno che ti vidi, nell'aula d'arte e senza neanche sapere chi fossi, volevo già infastidirti e tormentarti. Caleb mi aveva già parlato di te "la nuova coinquilina di Camille" e mi avvisò fin da subito di starti lontano ma... più mi proibiscono qualcosa, più io voglio farla!" Mi fermai un attimo, prendendo fiato e chiudendo gli occhi.

La cosa che mi faceva stare più male, era il fatto di vederla sempre immobile... non si era ancora mossa di una virgola in tutte queste settimane e questa cosa mi metteva una paura fottuta.

"...Ma quando ti conobbi, sì il mio intento era principalmente quello di tormentarti per un po' e poi smetterla, e invece la situazione mi è sfuggita di mano. Il tormento è passato ad una piacevole conoscenza, volevo evitare di conoscerti meglio perchè mi incasinavi già la testa senza sapere nulla di te e poi... poi mi hai incasinato il cuore Ginger. Queste saranno cose che non avrò mai il coraggio di dirti, perchè non voglio far vedere la mia parte umana e debole, e lo sai benissimo... ma sono sicuro che tu mi stia sentendo in questo momento." Altra pausa.

Era faticoso esprimere una parte dei miei sentimenti a parole, soprattutto ad una persona che in questo momento non poteva nè rispondere nè anche solo guardarmi.

Le presi con delicatezza la mano, era fredda e liscia, piccola, ben curata... era perfetta proprio come tutto il suo corpo.

Poterla toccare era l'unica cosa che mi dava la forza per pensare che fosse ancora qui con me, che non ero pazzo e che lei c'era e ci sarebbe stata sempre... poterla toccare davvero era l'unico motivo per non dare di matto e finire in manicomio.

"Devi svegliarti Ginger... qui manchi a tutti." Conclusi alzandomi e ritrovandomi davanti Jared.

"Non voglio più vederti qua!" Disse deciso, e io rimasi a fissarlo, uscendo dalla stanza di Rachel.

"Sei così vigliacco da non rispondere?! Non voglio più vederti accanto a mia sorella!" Urlò, rosso in viso.

Deglutii velocemente, cercando di stare calmo. Fortunatamente spuntò Penny che mi sorrise, volendo tranquillizzarmi.

"Guardami cazzo, sei un'egoista! Come puoi venire ancora qua dopo ciò che è successo, come?! È lì per colpa tua e hai pure il coraggio di dirle che ti manca!" Urlò ancora, spintonandomi.

Più guardavo Jared, più pensavo a quanto fosse diverso rispetto a Rachel. Fisicamente non si assomigliavano per niente... Jared aveva i capelli castani e gli occhi azzurri, non vi era la minima traccia di lentiggini, a differenza di Rachel, ed era quasi la mia stessa altezza.
Aveva un tatuaggio sul collo e, per finire, un piercing al labbro.

Se Rachel poteva definirsi la purezza e l'innocenza, suo fratello poteva definirsi... forse un po' come me.

"Non sai come sono andate realmente le cose." Dissi, mantenendo un tono di voce basso.

"Non mi interessa Dominic, so solo che era in macchina con te, di notte, e guidavi tu! Probabilmente non eri neanche tanto lucido... non so per quale motivo non ti abbiano tolto la patente ancora, ma so per certo che dovresti esserci tu al posto di mia sorella." Concluse, entrando poi nella stanza di Rachel.

Io rimasi a fissare il vetro della stanza, ma in realtà ero perso nel vuoto, come sempre ultimamente.

"Dominic... andiamo?" Propose Penny, prendendomi un braccio.

Io, però, mi sedetti per terra e appoggiai la schiena alla parete. Ero distrutto e tutta questa situazione mi avrebbe divorato pian piano. Avevo bisogno di Rachel, di sentire la sua voce per stare tranquillo.

"Dom andrà tutto bene..." provò a dirmi Penny, sedendosi vicino a me.

"Sei un medico Penny, non dovresti dire cazzate." Risposi freddo.

Non sarebbe andato niente bene.

"Non sono cavolate Dom, lo penso davvero. Non conosco Rachel, ma per sopportare uno come te sicuramente sarà una tipa tosta e sono certa che non le manchi la forza per lottare e vincere contro la morte." Disse un po' ironicamente, ma comunque sicura di ciò che pensava.

"Suo fratello ha ragione, Penny. Dovrei esserci io lì al posto suo, e rimpiango questa cosa da quando mi sono svegliato. Non faccio altro che darmi la colpa, e se potessi prenderei subito il suo posto e non la farei soffrire così tanto. Non lo merita... io invece sì." Parlai, fissando il muro di fronte a noi.

"Mi è capitato spesso di parlare con dei miei pazienti, di provare ad aiutarli ma con te è diverso... non vuoi sentirti dire due parole che ti consolino per farti felice, no. Non ti interessano le frasi fatte e un "andrà tutto bene", e ti ammiro per questo. Ti ammiro perchè qualsiasi cosa sia successa con quella ragazza, la ami così tanto da voler prendere il suo posto... vorresti finire in coma al posto suo, sicuro di sapere quello che dici?" Mi chiese, un po' incredula.

"Se dico qualcosa è perchè ne sono fermamente convinto, credimi quando ti dico che non ci penserei due volte. Farei di tutto pur di vederla stare bene..." mi morsi il labbro, sentendo ancora quel senso di colpa a bloccarmi le parole.

"Io ti ammiro Dominic, per quanto poco possa valere, io ti ammiro e, leggendoti negli occhi, non è stato colpa tua quell'incidente perciò smettila di addossarti la colpa... devi solo attendere il suo risveglio." Disse, dandomi una pacca sulla spalla e sorridendomi.

"Sei ancora qua, di nuovo!" Mi girai e vidi suo padre stavolta.

Non avevo voglia di sentire le sue parole, ne avevo già abbastanza sentendo suo figlio. Erano proprio uguali, gli stessi modi di fare, lo stesso carattere... tale padre, tale figlio.

Salutai Penny e mi diressi all'ascensore, passando di fianco alla Signora Miller.

"Da quella dottoressa ti farò dare gli orari in cui potrai venire, in modo da non incontrare più mio marito e mio figlio... ok?" Propose, facendomi spalancare gli occhi.

Voleva aiutarmi...
Non mi era mai andata contro, non mi aveva mai urlato di andarmene, non mi aveva mai detto che era colpa mia. Mi aveva sempre guardato e osservato in silenzio, senza proferire una parola, ma non credevo avesse intenzione di aiutarmi.

Annuii con la testa e quasi sussurrando, per la prima volta, uscii un "grazie" dalla mia bocca.

Come Back To MeWhere stories live. Discover now